D’Annunzio, tra inferno e paradiso

01-dannunzionella-piena-maturitaIl 12 marzo di 150 anni fa, nasceva a Pescara l’ultimo dei grandi poeti italiani

Nell’immaginario collettivo, il celebre scrittore fu soprattutto un impenitente libertino. Ma intorno a lui si verificarono anche fatti e vicende di sconcertante valore spirituale, trascurati dai biografi,  e che in questo articolo vengono affrontati  con dettagli storici inediti

Di Renzo Allegri

Scrittore, giornalista, poeta, librettista, soldato, aviatore, avventuriero: Gabriele D’Annunzio è stato un personaggio discusso , controverso, ambiguo, estroso.  Il grande pubblico ricorda  soprattutto le sue imprese militari, che sono entrate nella leggenda, come l’occupazione di Fiume,  il volo su Vienna, la beffa di Buccari,  e le sue storie d’amore con nobildonne e  celeberrime attrici, che riempirono le gazzette del tempo e scandalizzarono mezza Europa.

Su di lui è stato scritto moltissimo. Gli esperti hanno analizzato tutto.  Ma un aspetto della sua vita che  resta oscuro,  enigmatico, è quello religioso. E’ difficile trovare negli scritti del poeta qualche cosa che faccia pensare a un sentimento vero e schietto verso il soprannaturale.  Si conoscono le sue infatuazioni per San Francesco, per il francescanesimo, per Padre Pio, al quale nel 1924 scrisse una lettera.  Ma tanto enfatico entusiasmo ha il sapore di una rappresentazione e non convince.

Nell’immaginario collettivo,  D’Annunzio era e continua ad essere soprattutto un  impenitente libertino, uno che sfidava con sfacciataggine tutte le regole della morale del suo tempo. Si sposò giovanissimo, per interessi economici, ma poi visse collezionando amanti.   I romanzi, nei quali raccontava le sue storie d’amore autobiografiche, finivano all’indice dei libri proibiti.

Però, approfondendo l’esame di delle storie complete di  alcune persone che gli vissero accanto,  ci si imbatte in una serie di fatti  che sconcertano.  Fatti ed episodi di notevole rilievo spirituale, non provocati da lui direttamente, ma che da lui, in un certo senso, scaturivano, prendevano l’avvio, come se egli trasmettesse, sia pure inconsciamente, messaggi positivi, che alla fine generavano comportamenti totalmente contrari al suo modo di vivere.

02-eleonora-duse-in-un-ritratto-del-pittore-italiano-vittorio-matteo-cocos-1859-1933Di quei fatti non si parla nelle biografie del poeta, e anche lui non ne  fa cenno nei suoi scritti. Ma sono dati oggettivi, concreti, che egli certamente  conosceva bene. Ignorandoli, come se non fossero esistiti,  potrebbe indicare due cose: che non gli interessavano; oppure che aveva per essi un rispetto profondo, al punto da tenerli fuori e lontani dalla sua vita  tanto chiacchierata.

Nel corso della mia attività di giornalista,  mi sono interessato varie volte di questo aspetto sconosciuto dell’esistenza di D’Annunzio, raccogliendo testimonianze  molto significative.

Nel 1967 conobbi, a Bologna,   un sacerdote, Padre Domenico Acerbi, che fu una importante personalità nell’Ordine dei Frati Domenicani. Nato in Veneto all’inizio del secolo scorso, fu, da giovane, un valoroso pilota militare. Durante la prima guerra mondiale, faceva parte della mitica squadriglia “Serenissima” di Gabriele D’Annunzio, e fu  protagonista di leggendarie imprese per le quali venne più volte decorato. Dopo la guerra, partecipò con i legionari di D’Annunzio all’occupazione di Fiume e nel 1926, improvvisamente, cambiò vita, si fece frate domenicano e spese il resto della sua esistenza a predicare il Vangelo in Italia e in Brasile, come  missionario.

Quando lo incontrai,  era ormai anziano, ma non aveva dimenticato il suo capitano-poeta.  Parlava di D’Annunzio con venerazione. Raccontava che durante l’invasione di Fiume, 1919-1920,  il comandante era sempre con i suoi legionari, viveva  come loro, dormiva tra loro, mangiava con loro, non voleva alcun segno di distinzione. Tutti si sentivano amati da lui come da un vero fratello maggiore ed erano pronti a dare la vita per lui. Fu proprio quel senso di autentica  “fratellanza”, vissuto con grande intensità e  straordinaria naturalezza, che indusse Acerbi ad entrare, dopo la conversione, in una comunità religiosa, l’Ordine di San Domenico.

Nel 1980 conobbi, a Venezia, Luisa Baccara, che fu l’ultima amante di D’Annunzio. Lo aveva conosciuto nel 1919. Lui aveva 56 anni e lei 27. Era una pianista già affermata.  Rimase affascinata dal poeta, lo seguì a Fiume e poi nella residenza di Gardone che D’Annunzio aveva ribattezzato il “Vittoriale degli italiani”. Gli fu vicina fino alla morte.

Quando la incontrai, era vecchia, malata e anche povera. Viveva sola e non usciva quasi mai di casa. Un mio amico farmacista, il dottor Eliseo Buratti, che aveva una farmacia vicino all’abitazione della Baccara,  la aiutava e le passava le medicine gratis. Attraverso questo amico, riuscii ad avvicinarla. Il mio giornale  era interessato ai suoi ricordi dannunziani, e offriva una bella somma. Ma lei era ancora così imbevuta del fascino del grande poeta, che rifiutò sdegnosamente.  Quando le feci la proposta di una intervista sui suoi ricordi  dannunziani, precisando che il giornale avrebbe pagato  una bella somma,  mi guardò con  disprezzo e non volle più vedermi. Era come se le avessi proposto di tradire il suo dio.

03-eleonora-duse-in-una-foto-del-1896-negli-stati-uniti-dove-tenne-una-tournee-teatrale-tionfaleNel novembre del 1998 conobbi Suor  Mary of Saint Mark Bullough, una religiosa dell’ordine di San Domenico. La incontrai nel cimitero di Asolo, in provincia di Treviso. Aveva 85 anni, viveva in Inghilterra, vicino a Cambridge, ma  una volta all’anno, e precisamente ai primi di novembre, veniva in Italia, ad Asolo, per far  visita, in occasione della commemorazione dei defunti, alla tomba della nonna. E la sua nonna si chiamava Eleonora Duse. Era, cioè,  la famosa attrice drammatica, una delle più grandi che il teatro italiano abbia mai avuto, donna bellissima, cantata da poeti, ammirata da Verdi e da Ibsen, e che, tra a fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, nel periodo del suo massimo fulgore fisico e artistico, fu l’amante di Gabriele D’Annunzio. Una delle più celebri amanti del poeta. E le loro avventure erotiche, per una decina d’anni, suscitarono scandali epocali, non solo in Italia.

La Duse aveva già alle spalle una vita sentimentale piuttosto movimentata.  Nel 1881 si era sposata con l’ attore, Tebaldo Checchi, e aveva avuto da lui una figlia, Enrichetta. Il matrimonio era naufragato un paio di anni dopo. Nel 1884 l’attrice si era legata ad Arrigo Boito e la relazione finì solo nel 1894, quando si innamorò di D’Annunzio.

Presa dalla sua passione per  il teatro e per i suoi vari amanti,  Eleonora Duse  non si interessò mai dell’educazione della figlia. Tanto meno della sua educazione religiosa.  Per cui Enrichetta crebbe praticamente atea, ma poi, ad un certo momento, accaddero delle vicende che la portarono alla fede. Si sposò e mise al mondo due figli, una bambina e un maschietto che, cresciuti, abbracciarono tutte e due la vita religiosa. E anche Eleonora Duse, negli ultimi anni della sua vita, ritrovò la fede. Quindi, la celeberrima attrice, amante di Arrigo Boito e soprattutto di D’Annunzio,  dopo una vita di trasgressioni morali e di scandali, morì riconciliata con Dio. Sua figlia, Enrichetta, cresciuta senza alcuna  educazione religiosa, divenne  una fervente cattolica. I due figli di Enrichetta, unici nipoti di Eleonora Duse,   si fecero religiosi nell’Ordine di San Domenico.

<<Io sono l’unica discendente ancora in vita di Eleonora Duse>>, mi raccontò Suor Mary al cimitero di Asolo, mentre puliva la tomba della nona e sistemava dei fiori.  <<Mio fratello, che era anche lui un domenicano, è morto nel 1967, e io sono l’ultima della famiglia. Per questo ritengo sia un mio  dovere recarmi, tutti gli anni, in occasione della commemorazione dei defunti, sulla tomba della nonna.

<<Di mia nonna>>, continuò a raccontarmi suor Mary <<si conosce soprattutto l’immagine mondana e ciò che di lei scrisse D’Annunzio. Ma pochi sono entrati nel suo cuore. Era una donna di una grandissima sensibilità e di una sorprendente generosità. Ebbe un’esistenza estremamente drammatica e difficile. Lavorò con una dedizione e un senso del dovere come pochi. Cercò sempre la verità e alla fine raggiunse quella fede religiosa che diede tanta pace al suo spirito.

<<E’ stata la nonna a volere essere sepolta qui, di fronte al Monte Grappa. Quando morì, nel 1924, questo non era il cimitero ufficiale di Asolo, ma quello riservato alla povera gente. Ma mia nonna volle essere sepolta qui, per stare con i poveri. Ha lasciato scritto di volere essere inumata nella terra, con il volto verso il Monte Grappa, per amore dell’Italia e dei soldati che, durante la Prima Guerra Mondiale, aveva assistito.>>

Suor Mary parlava della propria nonna con  commovente entusiasmo. Si chinava sulla tomba, costituita da una grande lastra di marmo sulla quale c’era solo il nome dell’attrice, e con il fazzoletto e un gesto pieno di affetto, toglieva le foglie secche e la polvere portata dal vento.

04-ritratto-di-eleonora-duse-eseguito-da-pittore-russo-ilya-repin-nel-1891Era curioso e sorprendente osservare la scena, nel silenzio assoluto di quel cimitero solitario, ai piedi del Monte Grappa. Soprattutto proprio per la presenza della suora, che con il suo candido saio richiamava i valori della religione e dello spirito, tanto lontani  dal ricordo delle avventure erotiche vissute dalla celebre attrice con Gabriele D’Annunzio.   Feci notare alla suora questo stridente contrasto.

<<Sì, è curioso>>, disse sorridendo. <<Ma non troppo, perchè le vie del Signore sono sempre imperscrutabili>>. E cominciò a raccontare dettagli della vita della grande attrice che non avevo mai sentito e neppure mai letto.

<<Quando mia madre, Enrichetta,  era ancora molto piccola, la nonna si divise dal marito e, dovendo andare in giro per il mondo per la sua professione di attrice, la affidava ai collegi. Mia madre crebbe così passando da un collegio all’altro, in Svizzera, in Francia, in Germania. Collegi ricchi, borghesi, dove non si dava alcun peso ai valori religiosi. Per cui mia madre crebbe praticamente senza un’educazione religiosa.

<<Nel 1908, a Dresda, mia madre conobbe un giovane inglese, Edward Bullough, che era professore di lingue all’Università di Cambridge, e se ne innamorò. Si sposarono, andando vivere in Inghilterra, dove nel 1910 nacque mio fratello, Harry Edward, e nel 1912 io, che ricevetti il nome della nonna, Eleonora Ilaria.

<<Anche mio padre non era credente. Apparteneva alla Chiesa Anglicana, ma non seguiva nessuna pratica religiosa e aveva una mentalità completamente laica, come era di moda negli ambienti intellettuali del tempo.

<<Però, mamma e papà, come del resto la nonna, erano persone profondamente sincere, e il Signore vegliava su di loro. Ed ecco il grande cambiamento. Sposando mia madre, il professor Bullough, che insegnava soprattutto francese e tedesco a Cambridge, cominciò a interessarsi anche di letteratura italiana. Si innamorò di Dante. Iniziò a leggere e meditare la “Divina Commedia”. Mia madre lo aiutava a capire  quel capolavoro, spiegandogli il significato delle parole più difficili e il pensiero di Dante. E poichè il racconto della “Divina Commedia” è tutto incentrato sulla visione religiosa e teologica della vita e dell’aldilà, ecco che mia madre e mio padre, senza volerlo, si trovarono a studiare quei temi religiosi. Per approfondirli, si misero a leggere anche la “Summa teologica” di San Tommaso, cui Dante spesso si ispirava e così,  poco a poco, furono conquistati da quegli argomenti e ritrovarono la fede.  Mio padre si convertì al Cattolicesimo e ricevette il battesimo nel 1920. E anche mia madre divenne una fervente cattolica.

<<Io e mio fratello crescevamo respirando questo entusiasmo spirituale e, senza che nessuno in casa ci dicesse niente, maturammo la nostra vocazione. Nel 1929, lo stesso giorno, partimmo tutti e due per il convento: io mi feci monaca domenicana, diventando suor Mary of St. Marc,  e lui entrò nel seminario, sempre dell’Ordine Domenicano, prendendo il nome di Padre Sebastiano. Venne ordinato sacerdote nel 1938, studiò poi lingue orientali a Cambridge perchè desiderava andare a fare ricerche archeologiche in Palestina, ma poi, a causa della guerra, non gli fu possibile realizzare il suo sogno. Rimase in Inghilterra dedicandosi alla predicazione, scrisse alcuni libri e altri gli tradusse dall’italiano. Morì nel 1967, a soli 57 anni

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<<Mia madre, rimasta vedova nel 1934, dedicò il resto della sua vita ad opere di bene. Regalò la sua grande casa di Cambridge ai Frati domenicani che la trasformarono in convento, e quella della nonna ad Asolo alla parrocchia. Durante la seconda guerra mondiale si prese cura dei prigionieri italiani, tanto che la chiamavano “la mamma dei soldati italiani”. Morì nel 1961>>.

D’Annunzio aveva immortalato le propria tempestosa relazione  con Eleonora Duse, nel romanzo “Il fuoco”, che ebbe una grande diffusione. Il ricordo del poeta era, quindi, ben presente nei discendenti della Duse. Ma non ebbe alcun peso sulle loro scelte, che furono del tutto opposte alla condotta del  poeta.

Dopo dieci anni di amore e scandali con Eleonora Duse, Gabriele D’Annunzio perse la testa per Alessandra marchesa di Rudinì, che egli subito cominciò a chiamare “Nike” per la sua bellezza statuaria. Si  racconta che la marchesa Alessandra,  alta un metro e  ottantadue centimetri, robusta, vigorosa, slanciata, profilo greco, una folta capigliatura bionda, fosse di una bellezza irresistibile. Inoltre, era sportiva, anticonformista, elegantissima, vestiva spesso da amazzone ed era l’attrazione dei migliori salotti d’Europa.

Alessandra era figlia di un importante uomo politico siciliano,  Antonio Starabbia, marchese di Rudinì,  che fu ministro degli Interni, vice-presidente della Camera, presidente del Consiglio alla caduta di Crispi, e poi ministro degli Esteri.

A 18 anni, Alessandra  aveva sposato il  marchese Marcello Carlotti, appartenente a una delle più illustri famiglie veronesi. I Carlotti  risalgono al dodicesimo secolo, ai tempi di Federico I, il Barbarossa, imperatore del Sacro Romano impero. Al tempo del matrimonio di Alessandra, i Carlotti erano una famiglia ricchissima,  con terre e ville ovunque. Una di quelle ville, forse la più bella, sorge in una piccola insenatura, tra Garda e Punta San Vigilio, e in quel luogo di sogno, dove il lago, sovrastato da alture coperte di lecci, si tinge di un cobalto accecante , Marcello Carlotti portò a vivere la sua giovane e bellissima moglie.

A vent’anni, Alessandra aveva due figli e si dedicava  alla famiglia con un amore straordinario.  A 24 anni rimase vedova. Cercò di affogare  la tristezza e il dolore immergendosi nelle feste.  Nel 1903, a  27 anni, incontrò,  a una festa a Firenze, Gabriele D’Annunzio, che  restò affascinato dalla bellezza di Alessandra e per lei lasciò la grande attrice Eleonora Duse,  sua compagna da un decennio.

Seguirono cinque anni di un amore sfrenato, turbolento. E fu uno scandalo che coinvolse l’Italia, perché il padre di Alessandra, il marchese Antonio Starabbia, era allora primo ministro. Alessandra si adeguò a tutti i vizi del poeta. Imparò a drogarsi. Divenne  schiava della morfina. Per amore di D’Annunzio trascurava perfino i due figli, che erano ammalati di tisi. Le famiglie nobili, condannavano la condotta di Alessandra, ma a lei non importava niente.

06-suor-mary-nipote-di-eleonora-duse-sulla-tomba-della-nonna-eleonora-dusa-ad-asolo-nel-1997La sua storia con D’Annunzio è nota fino a quando i due vissero insieme.  Ma pochi conoscono ciò che avvenne dopo. D’Annunzio e Alessandra si lasciarono nel 1908. La loro storia finì anche a causa di una gravissima malattia che Alessandra aveva contratto, forse in seguito a un aborto. Nel periodo della malattia, si accorse che il poeta la tradiva e cominciò a riflettere. Ebbe una crisi religiosa. Si rese conto di aver buttato via cinque anni della sua esistenza.

Andò in pellegrinaggio a Lourdes e tornò decisa a cambiare vita. Per espiare le colpe e gli scandali che aveva dato, entrò nel Carmelo di Paray Le Monial, in Francia, dove nel Seicento era vissuta anche  Santa Margherita Maria Alacoque. Divenne monaca di clausura con il nome di Suor Maria di Gesù. La sua vita spirituale era talmente esemplare che, alcuni anni dopo,  fu eletta maestra delle novizie, poi superiora del monastero. Sacerdoti, vescovi, intellettuali e anche il cardinale di Parigi ritenevano un privilegio e un onore poterla incontrare e parlare con lei. Fondò tre nuovi Monasteri: Valennienne fu la prima di queste fondazioni che le costò otto anni di fatiche; il secondo fu il Carmelo di Montmartre, voluto e benedetto dallo stesso cardinal  Arcivescovo di Parigi; seguì la fondazione del Carmelo del Reposoir,  in Alta Savoia, dove Alessandra morì nel 1931.

Anche questa donna bellissima,  che D’Annunzio aveva corrotto e portato nell’inferno del vizio, non rimase prigioniera del male, ma, come era accaduto a Eleonora Duse, ritrovò la strada della luce. Oggi è considerata una delle grandi mistiche del Novecento ed in corso il processo per la sua beatificazione.

Renzo Allegri

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