Romano Gandolfi “IL Toscanini dei cori”

Quattordici anni fa, come oggi, moriva Romano Gandolfi. Aveva 72 anni. E’ passato alla storia come il “Toscanini dei cori”. E del mitico direttore d’orchestra di Parma aveva il carattere e la passione. Quando era sul podio si trasformava, si illuminava, diventava un miracolo energetico. E sotto i suoi gesti, la musica corale acquistava bellezza e perfezione impareggiabili.

<<Sono parmigiano come Toscanini>>, mi disse un giorno il Maestro per spiegare quella sua passione. <<Da ragazzo sognavo veramente di diventare un direttore d’orchestra come lui. La vita poi mi ha segnato altri compiti. Sono diventato direttore di cori. Ma Toscanini è rimasto il mio ideale. E, lavorando con il coro, pensavo sempre a lui, a come lui avrebbe fatto musica con un complesso di voci e non di strumenti. Non so che cosa dirà la storia di me. Ma io ho cercato di dare tutto me stesso alla mia professione>>.

Romano Gandolfi con il nostro Renzo Allegri

Romano Gandolfi con il nostro Renzo Allegri

E la storia ha emesso il suo verdetto da tempo. Critici, musicologi, compositori, direttori d’orchestra, esperti di tutto il mondo erano concordi, anche quando Gandolfi era ancora in vita, nel ritenere che fosse uno dei più straordinari direttori di complessi corali di tutti i tempi. Proprio un autentico “Toscanini dei cori”.

E quella convinzione non è mai venuta meno. In tutti i teatri dove Gandolfi ha lavorato, il suo ricordo è rimasto indelebile. In particolare al Colon di Buenos Aires, al Liceo di Barcellona e alla Scala di Milano, teatri nei quali ha trascorso gran parte della sua carriera.

Nei tredici anni della sua permanenza alla Scala, il coro di quel teatro era diventato una autentica leggenda. “Meraviglioso”, “impeccabile”, “rigoroso”, “splendido”, “perfetto”, “ineguagliabile”: questi erano gli aggettivi abitualmente adoperati dai critici nelle loro recensioni. E spesso i critici erano costretti a scrivere prima del coro e dopo degli altri interpreti proprio perchè il coro di Gandolfi era stato il mattatore della serata e aveva stupito ed entusiasmato tutti.

Nell’estate del 1998 , la più prestigiosa rivista di musica classica giapponese, “Ongaku No Tomo” (che tradotto significa “Gli amici della musica”) e che è anche una delle più importanti riviste musicali del mondo, ha dedicato un articolo di ben otto pagine, con 15 fotografie a Romano Gandolfi, definendolo “il più grande esperto di cori”. Nel lungo articolo-intervista, Gandolfi raccontava la storia della sua vita. Dagli esordi come suonatore di fisarmonica nelle balere quando aveva sei-sette anni, ai trionfi alla Scala, al Colon di Buenos Aires, al Liceo di Barcellona. <<La professione di direttore di cori è poco conosciuta>>, scrisse “Ongaku No Tomo” <<ma è importantissima, e Romano Gandolfi passerà alla storia come uno dei maggiori esponenti di questa attività nel nostro secolo>>.

Una delle foto pubblicate riportava la prima pagina della “Gazzetta di Parma” del giorno 8 gennaio 1970 con la notizia del successo del “Rigoletto” diretto al “Regio” da Gandolfi. La foto faceva un suggestivo effetto. Le parole “Gazzetta di Parma”, scritte con quei caratteri inconfondibili che siamo abituati a vedere, campeggiavano in mezzo alla selva dei ideogrammi giapponesi. <<Nel 1970 il maestro Gandolfi era già famoso come direttore di cori ed era osannato da tutti i critici>>, scriveva la rivista giapponese <<ma voleva misurarsi anche come direttore d’orchestra e con quel “Rigoletto”, nel teatro della sua città, che è anche la patria di Verdi, Gandolfi fece un debutto trionfale che lo portò a iniziare anche la carriera di direttore d’orchestra, nella quale continua a ottenere successi>>.

Quando gli portai una copia di quella rivista, Gandolfi si soffermò a osservare la foto della “Gazzatta di Parma” che ondeggiava sui misteriosi ideogrammi nipponici e si commosse. Non tanto, come ci tenne a precisare, perché in quelle pagine si parlava di lui, ma perché “si parlava di Parma e di Toscanini”. Questo era Romano Gandolfi.

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