Una “Cittadella di Padre Pio” a Drapia

In queste ultime settimane, in una zona della Calabria, nel comune di Drapia, lontano dall’abitato, c’è un notevole fermento edilizio. Camion, ruspe, cingolati, cemento, gabbie di ferro, operai con il casco protettivo: si stanno gettando le fondamenta di un grosso complesso edilizio che si chiamerà “La Cittadella di Padre Pio”.

Il progetto, porta la firma di importanti professionisti: la dottoressa Marcella Marletta, direttore generale del Ministero della Salute, ha studiato e redatto il progetto tecnico- scientifico; l’architetto Luciano Messina ha firmato il progetto architettonico.

Si tratta di un lavoro portentoso. Per ora il complesso che sta sorgendo prevede un “Santuario”, un “Ospedale pediatrico”, un “Centro di ricerca medico-pediatrica”, un “Villaggio per sofferenti”; una struttura per “Anziani”, una per “Disabili”, una per “Ex carcerati”: il tutto dedicato a San Pio di Pietrelcina, perché tutto è stato richiesto proprio da Padre Pio. Ma, attorno a questo progetto, si svilupperanno poi abitazioni, servizi, centri residenziali, strade, giardini, scuole. La zona, ora deserta, diventerà una bellissima cittadina moderna. Appunto: “La cittadella di Padre Pio”.

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Il pensiero corre subito ai soldi. Una struttura del genere richiede l’investimento di una montagna di euro. Ma all’origine del progetto non ci sono miliardari americani, e neppure cinesi o indiani. C’è una donna, anziana, 81 anni, nullatenente, che vive di povertà francescana. Si chiama Irene Gaeta, e agisce per conto del grande santo di Pietrelcina.

<<Tutto è cominciato nel 2006>>, racconta con estrema semplicità la signora Irene. <<E’ stato proprio Padre Pio a precisare nei dettagli la struttura. Mi apparve e mi disse: “In Calabria devi fare un santuario, un ospedale pediatrico, un centro di ricerca, un villaggio per i sofferenti”. Gli risposi che non era possibile, sarebbero stati necessari degli ingenti capitali che non avevo e che ritenevo impossibile trovare. Ma Padre Pio ripetè con forza: “Lo devi fare!” e mi indicò il luogo. Andai a vedere, e trovai il posto esatto indicato dal padre: un terreno di circa 17 mila ettari, in vendita.

<<L’impresa mi pareva impossibile. Ma, poco a poco, altre persone si aggiunsero a me. Ebbi il sostegno di monsignor Dominico Cortese, un sant’uomo che era vescovo di Mileto, cittadina non lontana da Drupia. Fui sostenuta dall’Associazione “ I Discepoli di Padre Pio”, da me fondata sempre per ordine di Padre Pio. E con l’aiuto di altri benefattori, grandi e piccoli, abbiamo acquistato il terreno. E subito dopo, i coniugi Antonio e Maria Vallone hanno donato a Padre Pio un loro terreno adiacente a quello acquistato, e il territorio a disposizione si è ingrandito. Il luogo è splendido. Proprio adatto per un importante centro di spiritualità e di carità. Le autorità politiche sono state pronte ad aiutarci. Nei mesi scorsi è stata posta la prima pietra e ora sono iniziati i lavori>>.

Sembra il racconto di un sogno, una storia di fantasia. Un progetto campato in aria, impossibile da realizzare. Ma c’è un particolare che contrasta tutti i giusti ragionamenti. Ed è costituito da quella misteriosa donna che sta all’origine della storia: Irene Gaeta. Non è una diva del cinema, non è un magnate dell’industria, e neppure un potente personaggio politico. E’ una vecchietta umile e riservata. Conosciuta solo da una schiera di ammiratori e seguaci, che, come lei, credono all’impossibile. Ma tutti gli scettici che le si avvicinano e vengono a conoscenza della sua storia, restano perplessi e sconcertati, ma conquistati, perché Irene, lungo il corso degli anni, partendo sempre dal nulla, senza patrimoni alle spalle, ha già realizzato decine di altre straordinarie iniziative.

<<Tutte suggerite da Padre Pio e realizzate dalla Divina Provvidenza>>, dice la signora con impareggiabile semplicità, sfoggiando un sorriso celestiale che le illumina gli occhi di una luce sfavillante.

3L’elenco delle opere che Irene Gaeta ha realizzato per ordine di Padre Pio è sorprendente. Ha fondato “Case di accoglienza” per poveri, per ammalati, per ragazze madri. Ha aperto una “Cappella rifugio” sul monte Fraiteve, a Sestriere, nella vallata dove si sono svolte le Olimpiadi 2006. Ha fatto erigere statue di padre Pio in varie piazze d’Italia.

Sempre su suggerimento di Padre Pio, ha contribuito a trasformare la zona di Vitinia, grande frazione alla periferia di Roma, in una specie di “San Giovanni Rotondo numero 2”. <<Fu lui, Padre Pio>>, afferma Irene << a scegliere quel luogo. Mi apparve il 18 giugno 1988, alle due del mattino mentre pregavo e mi disse: “Dio mi ha dato da scegliere un luogo nel Comune di Roma, ed io ho scelto la Parrocchia di Vitinia perché è dedicata al Sacro Cuore di Gesù Agonizzante, quel cuore nel quale io dimoro e ho sempre dimorato. Io sarò sempre qui presente, come lo sono a San Giovanni Rotondo sulla mia tomba e nel mio ospedale, la “Casa Sollievo della Sofferenza”. Desidero che questo luogo diventi centro di irradiazione di fede”>>.

Parole profetiche. Sono trascorsi trent’anni esatti, e oggi a Vitinia ci sono numerose e straordinarie iniziative che si richiamano a Padre Pio. E tutte sono state realizzate da Irene su richiesta e indicazione precisa del Santo. Nel 1989, ci fu l’inaugurazione di una statua di Padre Pio, sul sagrato della chiesa parrocchiale: una statua messa lì, quasi a proteggere ciò che sarebbe sorto in seguito.

<<Nel 1990>>, racconta Irene << Padre Pio chiese che la cripta di quella chiesa, che era un magazzino abbandonato, fosse trasformata in una cappella per l’adorazione perpetua del Santissimo Sacramento. E questo è avvenuto. Da allora, in quella cripta si svolgono incontri di preghiera, corsi di formazione religiosa, convegni di giovani, dei gruppi di preghiera, ed è stata visitata anche da Papa Giovanni Paolo II>>

Nel 1994, Irene ha fondato a Vitinia, sempre su richiesta di Padre Pio, la “Casa Accoglienza di Padre Pio per l’Uomo Solo”, associazione O.N.L.U.S”, aperta a ragazze madri in difficoltà, dove in pochi anni sono nati 38 bambini.

Nel 1998, ha fondato la “Casa degli Angeli” per il discernimento vocazionale.

4Nel 1999, ha fondato l’Associazione “I discepoli di Padre Pio”, che è stata riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa, con un decreto del cardinale Camillo Ruini. A supporto di quella associazione, Irene ha dato vita anche a una Fondazione con lo stesso nome, per la promozione e diffusione di attività che si ispirano alla figura di Padre Pio.

Nel 2000 con un decreto emanato dal cardinale Ruini, che era vicario della diocesi di Roma, quindi rappresentante del Papa, è stata istituita a Vitinia una nuova parrocchia, accanto a quella già esistente, dedicata a Padre Pio da Pietrelcina. Nuova parrocchia e una nuova chiesa che è stata portata a termine nel 2010. La predizione di Padre Pio, fatta a Irene nel 1988, si è quindi realizzata in pieno.

Varie opere chieste da Padre Pio a Irene Gaeta sono state realizzate anche all’estero. In Argentina, è sorta la “Casa del nido Padre Pio”, mensa e rifugio notturno per bambini bisognosi figli di “cartoneros”; case simili sono state fondate in Eritrea, nel Sri Lanka, in Siria.

E sono queste realizzazioni, stupefacenti, nate dal nulla, che sconcertano anche i più scettici. Le opere sono lì, alcune da anni ormai, crescono ed evolvono. Il tutto guidato da misteriosi suggerimenti di Padre Pio.

Opere umanitarie che hanno richiesto capitali ingenti per essere erette e che richiedono capitali per continuare a vivere e properare. Capitali che Irene non ha mai avuto, ma che arrivano misteriosamente all’occorrenza. <<E’ sempre stata la Provvidenza a realizzare le opere di Padre Pio>>, afferma Irene.

Chi è veramente Irena Gaeta? Un alieno? Un angelo?

Apparentemente, la lunga esistenza di Irene si è svolta in modo normale: è stata bambina, giovane, innamorata, si è sposata ha avuto quattro figli, ed è nonna. E’ stata anche una celebre sarta di alta moda, con un atelier in Roma che creava modelli per le signore più ricche. Ma, per noi poveri mortali, è stata e continua ad essere soprattutto un mistero.

5<<Avevo nove anni>>, racconta. <<La sera del 18 giugno 1946, entrando nella mia cameretta per andare a dormire vidi un sacerdote vestito con i paramenti sacri che stava celebrando la Messa. La stanza era invasa da una luce soprannaturale. Quel sacerdote teneva tra le mani l’Ostia e stava pronunciando le parole della consacrazione. Assistetti a quella parte del rito e subito dopo, il misterioso personaggio mi disse: “Brutta birbante, stai attenta a questo momento!”, e mi tirò l’orecchio destro. Mi fece vedere che l’Ostia era diventata carne e il vino sangue. Per farmi capire la realtà concreta di quel cambiamento mi fece vedere che lui aveva le mani imbrattate di sangue.

<<Io gli domandai: “Chi sei?”. Lui rispose: “Sono Padre Pio da Pietrelcina”. Glielo domandai per tre volte, seguendo il consiglio della mia nonna contro le illusioni diaboliche, e la terza volta egli aggiunse: “Sono un frate che prega. Un giorno mi conoscerai.”>>.
Irene ricorda quella sua lontana esperienza con semplicità. Ma si nota, nella voce e nel viso, un certo disagio, come se non volesse soffermarsi su simili eventi, ma fosse costretta a raccontare.

Con il procedere della conversazione, la signora prende confidenza, e gli episodi inspiegabili che ricorda diventano un fiume.

I contatti con le entità del mondo soprannaturale che si sono verificati nel corso dei suoi anni sono innumerevoli. Quasi continui. Gesù, la Madonna, San Giuseppe, San Michele, l’Angelo custode, San Gabriele dell’Addolorata le anime del Purgatorio eccetera. E’ vissuta e vive quasi non ci fossero barriere tra lei e il mondo soprannaturale. La sua esistenza si è svolta sotto la guida di queste entità. E su tutte ha predominato sempre padre Pio, che l’ha guidata nella formazione e nella crescita spirituale, e quando ha ritenuto fosse pronta alla “grande missione” è diventato, in un certo senso, il suo “impresario”: le ha comandato di realizzare opere, che si sono concretizzate e che continuano a realizzarsi, tra lo stupore e la meraviglia di tutti coloro che conoscono e frequentano la signora.
Quando Irene parla della sua vita, è come un fiume in piena. Le vicissitudini misteriose che ha vissuto sono impresse a fuoco nella sua memoria. Ricorda dettagli, parole, circostanze anche di eventi molto lontani.

Ascoltandola, si resta incantati. Ma nascono anche diffidenze, dubbi. Controllando però oggettivamente quei racconti, ci si imbatte nella realtà fisica delle numerose opere che Irene ha realizzato su richiesta di Padre Pio, opere che hanno comportato spese ingenti, una montagna di soldi, che lei non ha mai avuto. E investigando ci si imbatte in una rete granitica di riscontri precisi, concreti, testimoniati da persone al di sopra di ogni sospetto come professionisti famosi, medici, architetti, ingegneri che hanno collaborato con lei, ma anche ecclesiastici, vescovi e cardinali, che le hanno dato riconoscimenti ed hanno apprezzato in modo ufficiale le sue opere. E ci si convince che questa donna è guidata da presenze soprannaturali.

6<<All’inizio, anch’io non riuscivo a credere a ciò che mi accadeva>>, racconta Irene. <<Nel 1946, al primo misterioso incontro con Padre Pio, ero una ragazzina. La mia famiglia era credente, ma non avevo mai sentito nominare Padre Pio. Pensavo fosse un fantasma, o un santo del paradiso, come quelli delle storie che avevo sentito raccontare dalla mamma o in chiesa. Padre Pio probabilmente percepì quelle mie sensazioni e si affrettò a dissiparle. “Io so tutto di te”, mi disse un giorno. “Quando sei nata, Dio ti ha affidata a me. Guarda, figlia mia, che questo non è un sogno, è una realtà. E per convincerti ti dico due cose che potrai verificare”. Mi rivelò una vicenda privatissima che riguardava mia madre della quale lei non ne aveva mai parlato, e aggiunse che il giorno successivo a quel nostro incontro mio padre avrebbe ricevuto una lettera molto importante per i problemi che la nostra famiglia stava vivendo in quel periodo. E tutto si verificò alla lettera.

<<Da allora non ho più dubitato. Ma solo nella primavera del ’57, scoprii che Padre Pio non era un santo del Paradiso ma un religioso ancora vivo. Vidi sul quotidiano “Il Giornale d’Italia” una piccola fotografia di quel religioso ed esclamai in presenza di mia madre: “Questo è il frate che vedo sempre!”

<<Avevo allora 21 anni. Le misteriose esperienze che mi accadevano avevano cominciato a suscitare interrogativi. Sentivo il desiderio di capire. Mi confidavo con i sacerdoti, ma non ricevevo mai risposte soddisfacenti. Così, ora che avevo scoperto che Padre Pio era vivo, decisi di andare a parlare con lui.

<<Riuscii a realizzare il viaggio nel 1960. Ma a San Giovanni Rotondo trovai una atmosfera strana. Mi dissero che Padre Pio era sotto inchiesta da parte delle autorità ecclesiastiche ed era proibito avvicinarlo. Non capivo. Andai a confessarmi in un normale confessionale ma, ad un certo momento, al sacerdote che era seduto oltre la grata, si sovrappose Padre Pio. Me ne accorsi sentendo le voce che da anni conoscevo bene.

<<Tornata in albergo ero confusa. Non riuscivo a credere che il frate con il quale parlavo spesso e che ritenevo un santo del paradiso, fosse invece ancora vivo. E mi chiedevo come fosse stato possibile che durante la confessione avesse preso il posto del confessore con il quale stavo già parlando. <<All’improvviso il Padre mi apparve, lì nella camera dell’albergo, e mi disse: “Non hai capito proprio niente”. E si fermò a lungo a parlare con me e a dissipare i dubbi che avevo dentro.
<<Il mio rapporto con Padre Pio divenne più intenso. Sapere che era vivo me lo rendeva più concreto. Mi abbandonai completamente a lui. Divenne la mia guida, il mio confidente, il mio direttore spirituale. Andavo spesso a trovarlo. E la nostra consuetudine di incontri e di colloqui non è mai cambiata, neppure dopo la sua morte>>.

Renzo Allegri

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