Comunicazioni

Resoconto e Foto da Lourdes

Questo è un breve racconto del viaggio di pellegrinaggio a Lourdes.

di Riccardo ParacchiniFoto GalleryVideo

Quando giungemmo iniziò a piovere.
Pareva una giornata autunnale. Forse febbraio.
Pioveva, ma l’acqua pareva polverizzata, non di goccioline. Non saprei come spiegarla. Era una pioggia di nuvola.

Il fiume da lontano mi parve un fiume fatto d’acqua. Ma quando alle prime fontanelle ci aspergemmo e bevemmo, e quando poi oltrepassammo il ponte giungendo sotto la grotta, voltandomi lo vidi, e capii che quello non era un fiume d’acqua: era il fluire della vita, fatto delle preghiere delle persone che ivi giungevano per lavarsi l’anima. E poi lo vidi sempre così quel fiume ai piedi di Maria: scorreva sempre, non si fermava mai, fluire ininterrotto fluire di speranza.

Nel pomeriggio sarebbe uscito il sole. Era arrivata la primavera.

Ci recammo verso le piscine; ed ecco, con ardire mi buttai dentro nell’attesa.
Non sapevo che sarebbero trascorse due ore, e debbo confessare: all’inizio non ero molto convinto, giacché ritenevo avrei dovuto lasciare il posto a chi ne avesse più bisogno.

Mi sedetti; avevo al mio fianco delle persone che aspettavano; davanti a me delle persone che aspettavano; altre malate ne giungevano ad ogni istante, ognuna con il proprio essere che solo Dio conosce.

Noi tutti, malati in fila, eravamo davanti alla corona di spine di Cristo. Ognuno di noi era una spina, unica e irripetibile; ma questa corona di uomini una volta entrata nella carne viva, subito si purificava e veniva lavata dall’Amore di Gesù. Per cui la corona di spine restava bianca, immacolata.

Ognuno riceveva il suo piccolo miracolo.

Stavamo dunque in attesa sulle panche, come una corona di spine, come una via crucis.

I malati venivano portati dai volontari sulle loro carrozzelle, sollevati e posti sui lettini, sempre con molto amore e devozione.
Mi colpirono gli anziani, i bambini calvi, una donna che era uno scheletro; tutte le malattie del mondo erano lì, un fiume che scorre. Ma compresi che io, noi seduti, loro malati, non eravamo diversi, ma che eravamo lì tutti malati allo stesso modo. Tutti eravamo malati, e tutti partecipavamo con le preghiere alla passione dell’altro, che appunto non era più l’altro ma noi stessi. Non vi è differenza nella malattia. Non so se mi spiego: era una preghiera per il mondo.

Ci si domanda il perché di tanto dolore, il perché di quella parata di malati. Noi siamo sempre pronti a sentire la malattia fisica perché la possiamo vedere e toccare, mentre le nostre malattie spirituali, i nostri dolori spirituali, i nostri peccati, non li vediamo, non li tocchiamo. Quindi: quel fiume che non era di acqua e quel fiume di malati che cosa erano? Che cosa sono?

Le malattie da cui molti cercano guarigione, non sono tanto quelle del corpo, importanti anch’esse, bensì il sollievo dello spirito; per questo malati e anziani vi ritornano. Perché i miracoli più grandi che ogni giorno si compiono sono quelli: il dono dell’Amore e della Speranza. Il dono della Conversione. Che sono il dono della Vita.

Ecco perché milioni di malati ritornano a Lourdes: per il dono miracoloso dell’Amore e della Fede e della Speranza che li aiuta a sostenere le loro infermità, fisiche e spirituali. Maria è quella via, quel fiume che porta a Cristo.

Quindi venne ancora più sole. Era arrivata l’estate.
Vi furono diverse processioni e fiaccolate.
Le rondini volteggiavano in cielo, udendo il canto delle preghiere a Maria.
Stavano proprio sopra di noi, parevano ricamare il cielo.

Lentamente venne la sera.
Si doveva partire.
Lasciammo lì il cuore che ancora ci attirava verso di Lei.

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