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Posando il piede sul Treno Bianco

Nel 2011 mi è stata chiesta una “testimonianza” sul mio servizio a Lourdes. Non credendo d’essere all’altezza, fui restio ad accettare ma, alla fine, dissi di sì. Non sono un bravo “scrittore” e credendo di non trovare le parole adatte non volevo correre il rischio di apparire presuntuoso e banale. Oggi, a 25 anni di distanza da quel “posando il piede sul Treno Bianco”, senza sapere il perché, decido di condividerla con tutti voi.

gambino

Anno 1991, avevo deciso. Ai divertimenti estivi avrei concesso una pausa. Il meritato riposo dello studente avrebbe avuto un’eccezione: Lourdes. Non avrei mai immaginato, posando il piede sul Treno Bianco che quell’eccezione sarebbe diventata la regola per gli anni futuri. E sì, perché da allora, ogni programma annuale non può prescindere da “quella settimana”, ormai intoccabile.

Il treno cominciava a muoversi ed io immaginavo Lourdes, la Grotta e il mondo intorno ad essa. Era troppo per me? Sarei stato in grado d’affrontare il servizio? Ero un ragazzo a cui non mancava niente, a cui la vita aveva dato tanto. Una bella famiglia, la salute, gli amici. In poche parole uno dei tanti “ragazzi fortunati”. Uno di quei ragazzi che di fronte ad un rifiuto era in grado di tenere il broncio.

Allora facevo parte del Gruppo Scout, era il primo anno in R/S e come culmine dell’esperienza del Servizio avevamo deciso d’andare a Lourdes. Avremmo fatto i Barellieri. Già durante il viaggio, iniziai a “conoscere” la malattia sotto le più svariate forme. La malattia, come sofferenza fisica, psichica e morale. Imparai subito una cosa per me importante: il dolore, per quanto grande, può essere alleviato dall’amore, uno strumento potentissimo capace di distruggere ogni forma di morte. L’amore lo vedevo nei volti e nelle azioni degli altri volontari più anziani. Ero un po’ stordito nel vedere tanta sofferenza in quei vagoni, vedere gente con un fardello così grande che forse io non avrei sopportato. Mi dissi: “Se ti trovi su questo treno, il motivo è chiaro. Rimboccati le maniche e comincia.” E cominciai. Dopo un piccolissimo imbarazzo iniziale, ruppi il ghiaccio e, felice di donarmi, iniziai ad essere naturale nel servire. Arrivati a Lourdes, mi resi subito conto che i fratelli ammalati in treno, erano una piccolissima parte di quanti ne avrei incontrati nei giorni di permanenza.

Ma, che effetto faceva andare sotto la Grotta? Lo scoprì appena iniziai a percorrere l’Esplanade antistante la Basilica. Il caos che poco prima m’aveva persino infastidito, cessava di colpo, e mi sentivo avvolgere da un silenzio quasi irreale. Arrivato sotto la Grotta, m’inginocchiai tra la gente. Ero circondato da pellegrini, da miei colleghi di servizio, da tanti fratelli ammalati. Dopo aver pregato, con curiosità, cercai di catturare qualche espressione disegnata sui volti delle persone a me vicine. Notai sorrisi discreti, lacrime, compostezza.

Molte volte le persone la cui vita è segnata dalla sofferenza decidono di partire verso i santuari mariani perché sono spinti dalla speranza di ottenere una guarigione fisica dalle loro infermità. Quasi sempre, però, queste persone tornano a casa senza essere miracolate nella carne, ma avendo ottenuto un miracolo assai più grande nel cuore. In questi pellegrinaggi infatti, grazie all’amore, alla condivisione fraterna e anche all’incontro con la Vergine Maria, si trova la vera pace nel cuore e la forza per affrontare le nostre croci, nella certezza di non essere mai soli con il proprio dolore. Era questo, per me, il Grande Miracolo.

Dissi a Nostra Signora: “ Dammi la possibilità di venire qui da Te ogni anno, dammi la forza di essere utile e sempre disponibile verso il prossimo, e, quando non sarò in grado di aiutare gli altri, fammi ritornare ancora per ringraziarTi del bel dono che mi hai dato.”

Cominciò così il mio legame con Lourdes.

Ma, cari ragazzi, Lourdes non deve finire in quella settimana di soggiorno ai piedi dei Pirenei, ma deve continuare soprattutto nella nostra quotidianità. Sarebbe inutile essere disponibili verso gli altri a 2000 km da casa, e poi, di ritorno alla nostra vita, essere distanti da tutto e da tutti. Lourdes può essere e deve essere il nostro vivere quotidiano.

Ricordiamoci sempre che, anche un semplice gesto, un semplice sorriso, purchè donati con amore, possono alleviare le sofferenze di persone che ricercano negli altri la forza per affrontare la vita.

Vorrei salutarvi, citando le parole di quel simpatico signore coi baffi che poco più di un secolo fa, diceva ai suoi ragazzi, “lasciate il mondo un po’ migliore di come l’avete trovato”. Buona Strada!!!

Antonio

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