Così Gesù è morto in Croce

Difficilmente “rubo” spazio agli autori di questi spazi scrivendo qualcosa di personale, ma permettetemi di dare il bentornato al “nostro” inimitabile Renzo Allegri. Dopo un piccolo problema fisico ci regala questo nuovo scritto. Lo rigraziamo di cuore e gli auguriamo una pronta e completa guarigione.

So già che si arrabbierà per queste due righe ma conosco anche il suo grande cuore e sono sicuro che mi perdonerà.

Colgo l’occasione per augurare Buona Pasqua a tutti voi che ci seguite cosi numerosi

TONY ASSANTE – Direttore de IL FAUSTINO e de IL SITO DEI VOLONTARI DI LOURDES

2COSI’ GESU’ E’ MORTO IN CROCE

Sconvolgente racconto, aggiornato alle ultimissime ricerche, fatto da una scienziata che da trent’anni si dedica allo studio della Sindone – <<Il grido finale di Gesù sulla croce, e l’uscita di sangue e siero dal fianco trafitto, sono spiegabili con un infarto seguito dalla rottura del cuore>> – <<Resta misterioso come un cadavere abbia potuto lasciare sul lenzuolo l’immagine fotografica di se stesso>> – <<Quell’immagine potrebbe essere stata causata da un effetto fotoradiante provocato dall’energia sprigionatasi dal corpo di Cristo al momento della resurrezione>> .

DI Renzo Allegri

Nel corso della Settimana Santa, la Chiesa commemora i misteri principali della Fede Cristiana che sono la Passione, la morte e la Risurrezione di Gesù.

Questi eventi sono ampiamente descritti nel Vangeli, che sono dei racconti storici, fatti da persone che videro e furono testimoni diretti dei fatti.

Si trovano accenni  anche  in vari testi di storici famosi, che riferiscono piccoli dettagli riguardante Gesù, a dimostrazione che questo personaggio è realmente esistito e la sua vicenda era così importante da essere conosciuta anche a Roma. Tra questi scrittori,  Giuseppe Flavio, Plinio il giovane, Svetonio, Tacito, Tertulliano e anche lo stesso Imperatore Marco  Aurelio.

Per quanto riguarda specificatamente la sua “passione e morte in croce”, esiste anche una strepitosa e misteriosa documentazione fisica costituita dalla Sindone. Cioè da un lenzuolo di lino,  attualmente conservato nel Duomo di Torino, in Italia,  sul quale si vede impressa una misteriosa immagine che raffigura  un uomo morto con i segni della crocifissione. E, secondo un’antica tradizione cristiana,  si tratterebbe dell’immagine dal corpo di Cristo morto che, prima della Risurrezione, rimase nel sepolcro avvolto in quel grande lenzuolo di lino.

In quell’immagine  sono contenuti tutti i dettagli di ciò che i Vangeli raccontano riguardo la passione e morte di Gesù. I Vangeli raccontano con parole, la Sindone mostra con immagini come se fosse una fotografia.

La storia della  Sindone è lunga e complessa.

Quel lenzuolo prezioso, fu comperato da Giuseppe da Arimatea, ricco signore, simpatizzante per la dottrina di Gesù, e regalato agli apostoli per la sepoltura di Gesù. Il corpo del Signore venne avvolto in quel lenzuolo al tramonto del venerdì. Venne avvolto frettolosamente perché stava arrivando la vigilia del sabato, giorno nel quale nessun ebreo poteva lavorare. I discepoli avevano l’intenzione di compiere tutti i riti della sepoltura il giorno dopo il sabato. E al mattino di quel giorno, le donne del gruppo degli apostoli si recarono al sepolcro per iniziare il rito, ma il corpo di Gesù non c’era più. Le bende in cui era stato avvolto erano piegate in un angolo del sepolcro e tra esse anche il prezioso lenzuolo di Giuseppe d’Arimatea.

Le donne, piangendo, corsero ad avvertire i discepoli. “Hanno rubato il corpo del Signore”. Giovanni e Pietro si recarono subito al sepolcro e constatarono che era vuoto. Videro i panni piegati.

3Quei panni furono prelevati e portati via. Su di essi  vi erano le macchie del sangue di Gesù, il ricordo fisico del suo corpo. E divennero subito oggetti preziosissimi.  Furono conservati con amore e venerazione. Soprattutto il lenzuolo che aveva contenuto l’intero corpo del Signore.

Certamente, i discepoli di Gesù si accorsero  subito che il sangue, le ferite, avevano lasciato un’impronta sottilissima, ma inconfondibile del corpo del Signore. Per questo ebbero una cura speciale per quel lenzuolo, tenendolo nascosto, e spostandolo da un luogo all’altro quando si presentavano pericoli.

La Sindone lungo il corso dei secoli ebbe vicissitudini incredibili. Fu amata e odiata. Rischiò di essere distrutta da guerre, rapimenti, incendi, congiure, ma riuscì sempre a sopravvivere.

La comunità cristiana non ebbe mai dubbi sulla sua autenticità. Gli atei più radicali la ritenevano una “pia illusione” dei credenti e al più un prodotto pittorico del medioevo. Alcuni affermavano che era stata  creata da Leonardo da Vinci.

Da un punto di vista scientifico moderno, la situazione cominciò a cambiare alla fine dell’Ottocento. Nel 1898, il Sacro Lenzuolo venne fotografato la prima volta. Fu l’avvocato torinese Secondo Pia, che era anche un professionista della fotografia, a realizzare l’incarico. Egli stesso narrò che per poco non sveniva quando, durante lo sviluppo, vide formarsi sulla lastra non una figura “in negativo”, come doveva essere,  ma “in positivo”.  Quel soggetto aveva capovolto tutte le leggi che governano un procedimento fotografico. Si scoprì così che le impronte della Sindone hanno tutti i caratteri di una immagine negativa, e che il negativo fotografico diventa perciò  un’immagine positiva. Una caratteristica unica ed inspiegabile.

Da allora la Sindone è diventata un oggetto di grandissimo interesse per gli scienziati. L’hanno sottoposta e continuano a sottoporla a ricerche e prove approfondite e sofisticatissime.  Molti con la speranza di trovare il dato definitivo che la dichiari autentica, risalente cioè al tempo di Gesù. Altri, invece, forse spinti da una forte paura che sia vera, continuano a sofisticare, girare intorno alle prove, addirittura falsificandole con l’intento di dimostrare che è un falso.

Ma le certezze finora raggiunte sono a favore dell’autenticità. La scienza ha dimostrato senza ombra di dubbi che l’immagine presente sulla Sindone non è pittura, non è un disegno, non è neppure un’immagine ottenuta con l’impressione a fuoco. Se guardata da vicino, quasi non si vede. Da lontano, invece, si vede benissimo. Un pittore, quindi, non può aver dipinto ciò che lui stesso non poteva vedere mentre lavorava. Inoltre, su quell’immagine non ci sono tracce di pigmenti coloranti di nessun genere. Invece sono state trovate tracce di sangue umano. L’elaborazione al computer ha mostrato delle proprietà tridimensionali, che non appartengono né ai dipinti, né alle normali fotografie.

4Scoperte che  hanno esaltato i “credenti”  ma che hanno fortemente irritato i “non credenti”. Lo scontro tra le due fazioni, lungo il corso del Novecento, è diventato sempre più vivo ed aspro.  Molti scienziati invocavano l’esame  del Carbonio14,  ritenuto scientificamente infallibile nell’indicare la data di origine di un oggetto. Le autorità ecclesiastiche erano timorose. Ma, ad un certo momento, tante erano le prove dell’autenticità, proclamate da vari settori della scienza, che anche la Chiesa ha accettato quel rischio. L’esame al Carbonio 14 venne eseguito nel 1988, in tre Laboratori internazionali, e il risultato fu negativo. Secondo quell’esame, la Sindone  aveva un’origine medievale, risaliva a un periodo compreso tra il 1260 e il 1390.

La notizia ebbe l’effetto di una bomba. Cancellava di colpo una tradizione cristiana di quasi 2000 anni. La  sua storia di reliquia preziosissima era finita. Gli stessi credenti si arresero. I pochi che continuarono a sostenere l’antica tradizione, erano derisi.

Ma ciò che sembrava distrutto per sempre, lo è stato invece per poco. Le cose sono cambiate di nuovo.  E non per merito dei “credenti ad oltranza”, ma per il lavoro della Scienza, di quei ricercatori scientifici che compiono il loro lavoro con distacco, con obiettività, senza seguire ideologie o programmi prestabiliti, ma desiderosi solo di conoscere la verità.

Dopo il 1988 sono stati compiuti molti altri esami, sempre più sofisticati,  e oggi, per la Scienza, la Sindone è autentica. La sua origine risale all’inizio del primo secolo. E le informazioni che in essa  sono racchiuse confermano in pieno che avvolse un uomo morto crocifisso, il quale aveva sul suo corpo tutte le ferite che gli evangelisti nei loro libri  attribuiscono a Gesù.

La Sindone quindi è la più preziosa reliquia dell’umanità, perché su di essa ci sono tracce fisiche del corpo dell’Uomo-Dio, ci sono le prove delle sofferenze fisiche da Lui subite nel corso della Passione, sofferenze immani, che nessun essere umano avrebbe potuto sopportare,  e ci sono anche le prove fisiche della sua Risurrezione.

Per farci descrivere in modo preciso tutto questo, siamo ricorsi all’aiuto di una della maggiori esperte   in argomento, la dottoressa Emanuela Marinelli,  che  allo studio della Sindone  si dedica da oltre 30 anni. Romana, due lauree, numerosi corsi di perfezionamento post laurea,  autrice di una ventina di libri e di decine di articoli, ha partecipato a 24 congressi sindonici internazionali, ha tenuto conferenze in molte città italiane e in città di 22 nazioni estere. Per questa sua totale dedizione allo studio della Sindone, nel 2015 è stata insignita della “Medaglia d’Oro al merito della Cultura Cattolica”, e nel 2017 dell’onorificenza di “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana”.

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Dottoressa Marinelli, gli evangelisti nei loro scritti ci hanno raccontato le fasi principali della Passione di Gesù; cosa vedono gli scienziati sulla Sindone?

<<Esattamente tutto quello che gli evangelisti hanno raccontato. La Sindone è stata giustamente definita “quinto Vangelo” perché la Passione di Cristo si può ricostruire perfettamente dall’immagine insanguinata che vi è stata impressa. Il vaticanista Orazio Petrosillo definiva la reliquia come “la fotonotizia dal Calvario”.

<< Anzi, gli scienziati, con l’aiuto dei più sofisticati strumenti moderni, vedono  nella Sindone dettagli fisiologici e medici che gli evangelisti allora non potevano neppure supporre. Gli evangelisti hanno sparso segni, descritto sintomi, che permettono agli scienziati di oggi, a distanza di duemila anni, di formulare spiegazioni precise, ricostruendo in modo scientifico la verità delle sofferenze patite da Gesù>>

L’evangelista Luca, al capitolo 22 racconta che Gesù, dopo l’ultima cena, si recò assieme agli apostoli nell’Orto del Getsemani, dove, per il grande dolore che sentiva di fronte a ciò che stava per accadere, cominciò a sudare sangue. Sulla Sindone ci sono tracce di questo enorme dolore?

<<Luca era medico. Egli riferisce l’episodio come possono averlo visto i discepoli che erano con Gesù.  Scrive: “In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra”. Usa il termine “angoscia”, cioè uno stato di paura tremenda, terribile, che può provocare appunto sudore di sangue. Il fenomeno, noto in medicina come ematoidrosi, è raro e avviene in condizioni di grande emozione e, appunto, come dice Luca, in uno stato di “angoscia”. I capillari sottocutanei si rompono per una brusca vasodilatazione e dai pori della pelle fuoriesce sangue misto a sudore. E questo fatto è documentato dalla Sindone. Dalle elaborazioni tridimensionali al computer del volto sindonico, compiute dall’ingegner Giovanni Tamburelli, si ricava che, sul volto di Gesù,  oltre alle numerose ferite e abrasioni, è evidente una diffusa presenza di sangue, proprio come sarebbe avvenuto per una ematoidrosi. E in quel momento è verosimile che Gesù abbia avuto anche un’ischemia cardiaca>>.

L’altro momento drammatico della Passione di Gesù è costituito dalla flagellazione

<< Gli evangelisti raccontano che Gesù fu flagellato e dallo studio della Sindone si ricava che fu flagellato su tutto il corpo. Ricevette circa 120 colpi.  Lo strumento utilizzato era un flagrum romano, cioè una frusta corta, a tre corde, ciascuna con due piccoli pezzi d’osso acuminati.  Arma micidiale. Ogni colpo lacerava la pelle e strappava pezzettini di carne, La violenza della flagellazione dei romani dipendeva dalla forza dell’esecutore. Poteva giungere a mettere a nudo e lesionare anche i muscoli.  Ogni colpo provocava sei ferite; 120 colpi hanno lasciato sul corpo di Gesù 720 ferite. La sofferenza era inimmaginabile e la perdita di sangue, enorme. Gesù  aveva trascorso la notte in continui spostamenti dalla casa di Anania, al sinedrio, al pretorio, al palazzo di Erode. E in ognuna di queste tappe era sottoposto a interrogatori e a tormenti da parte delle guardie. Nel Getsemani, al momento dell’arresto, aveva ricevuto uno schiaffo violento da Malco, una delle guardie, che aveva provocato una lesione al setto nasale, al labbro e allo zigomo, ben visibili sulla Sindone. La flagellazione venne comminata da Pilato il mattino successivo  all’arresto nel Getsemani. Gesù era già sfinito, privo ormai di ogni forza. Pilano aveva ordinato la flagellazione come punizione, e doveva concludersi con la liberazione. Come riferisce Luca al capitolo 23, Pilato aveva detto: “Lo punirò e lo rimetterò in libertà” . Ma poi era stato ricattato dalla folla sobillata dalle autorità giudaiche, e aveva cambiato idea condannando Gesù alla morte di croce>>.

5Alla flagellazione seguì poi l’imposizione di una corona di spine sul capo.

<<La corona di spine  messa sul capo dell’Uomo della Sindone era costituita da un intreccio di rami spinosi, che giravano intorno al capo, una specie di casco. Vari studiosi della Sindone hanno cercato di stabilire quanti fossero quelle spine e si arriva ad almeno una cinquantina che torturarono il capo del Cristo. Sono evidenti numerosi rivoli su tutta la calotta cranica e sulla fronte. Lamberto Coppini, direttore dell’Istituto di Anatomia dell’Università di Bologna ha scritto: “Se si tiene presente che nel cuoio capelluto si trovano oltre 140 punti per cm2 sensibili al dolore, ci si può rendere conto  di quale tremendo dolore abbia subito Gesù con la con la tragica incoronazione».

Gesù condannato viene preparato per il viaggio al calvario

<< Sulla schiena insanguinata dell’Uomo della Sindone si possono vedere le ferite dovute al successivo trasporto del patibulum, il palo orizzontale della croce. I condannati alla morte in croce dovevano portare il  patibulum sulle loro spalle. Camminavano legati insieme, mani e piedi, in modo da non poter fuggire. Il cartello, chiamato titulus, appeso al collo del condannato o portato da un banditore, aveva la funzione di informare i passanti sulle sue generalità, sul delitto, sulla sentenza. Lungo il cammino, il  condannato veniva oltraggiato e maltrattato.

<<Gesù, sfinito dalla precedenti sofferenze e soprattutto dalla flagellazione, cadeva facilmente e non poteva attutire la caduta con le mani, perché erano legate alla trave; così ogni volta il suo volto batteva a terra. Evidenti sulla Sindone sono la ferita al ginocchio sinistro, la tumefazione ed escoriazione del naso, i gonfiori sul viso. Sulla Sindone sono state trovate tracce di terriccio misto a sangue al naso, alle ginocchia ed ai talloni>>.

E infine la crocifissione

<< Prima della crocifissione a Gesù furono tolte le vesti. Anche questo causò una enorme sofferenza, perché gli abiti si erano attaccati alle ferite della flagellazione, che in questo modo vennero riaperte.

<<L’Uomo della Sindone è stato inchiodato al patibulum mentre giaceva a terra, poi è stato sollevato ed il patibulum è stato incastrato al palo verticale per formare l’intera croce. I chiodi per la crocifissione sono stati messi nel polso, non nella palma della mano, perché dovevano sostenere il peso del corpo. Sono penetrati nello spazio fra gli otto ossicini del carpo. I piedi sono stati inchiodati assieme direttamente contro la croce, senza un suppedaneo, il sinistro sopra il destro. Durante il I secolo d. C. il metodo di crocifissione fu modificato per essere applicato nei circhi: i piedi allora erano posti su uno sgabello. Il poggiapiedi è stato dunque introdotto nelle crocifissioni nella seconda metà del I secolo d. C., perciò questa è un crocifissione romana eseguita prima di quell’epoca. Nella rigidità della morte i piedi sono rimasti nella stessa posizione, con le punte convergenti: ciò, oltre al sangue post-mortale uscito dal costato, dimostra una vera morte, non uno stato comatoso come alcuni dichiarano. Quando è stato sepolto, l’Uomo della Sindone era certamente morto>>

6Che genere di morte?

<<I romani volevano, con la crocifissione, provocare una morte lenta, dolorosa, terrificante per chi vi assisteva. Per questo adottavano una serie di accorgimenti ritardanti la morte che permettevano al condannato di vivere in croce fino a circa due giorni: per esempio, un sedile o un corno, posto nel centro del palo verticale, dava la possibilità al condannato di “riposarsi”. Raramente la morte veniva accelerata; se ciò capitava era per motivi di ordine pubblico o per usanze locali. Si conoscono due metodi per accelerare la morte: il colpo di lancia al cuore e il crurifragium, cioè la rottura delle gambe.

<<È inconsueta la trafittura al fianco prodotta dopo la morte del condannato, anziché prima per provocarla: questo fatto può interpretarsi come una prova di morte avvenuta. La lancia, che ha colpito fra la quinta e la sesta costola del lato destro, ha provocato l’immediata fuoruscita di sangue e siero. L’evangelista Giovanni dice: “e subito ne uscì sangue e acqua”.

<<È sorprendente l’aspetto di “getto” e non di “colata” che ha la ferita del costato. Un’emissione così abbondante di sangue e siero in un cadavere è possibile soltanto con una morte causata dalla rottura del cuore. Dalla ferita viene fuori un fiotto sotto pressione. Molti medici ritengono che l’Uomo della Sindone sia morto per “emopericardio”, cioè per una raccolta patologica di sangue nel sacco pericardico, che in genere si verifica in seguito a rottura o lesione traumatica del miocardio. Nella grande maggioranza dei casi, l’emopericardio è il momento terminale di un infarto miocardico. La migliore spiegazione per l’abbondante fuoruscita di sangue raggrumato e siero dalla ferita del costato si accorda dunque con l’ipotesi di un emopericardio post-infartuale come causa della morte dell’Uomo della Sindone.

<<Quando c’è la rottura del cuore, il sangue fuoriesce fra i due foglietti del pericardio, che si riempie di sangue dilatandosi. La formazione dell’emopericardio è dovuta ad una lacerazione della parete propria del cuore (miocardio), attraverso la quale il sangue contenuto nelle cavità cardiache passa nell’interno del sacco pericardico. L’allagamento di questo avviene nel giro di pochi secondi e provoca la rapidissima morte del paziente per “tamponamento di cuore”. La violenta dilatazione del foglietto pericardico provoca un lacerante dolore retrosternale, cui corrisponde sempre un grido, emesso il quale l’individuo immediatamente spira.

<<Questa rapida morte, avvenuta in piena lucidità, nel corso di un violento sforzo fisico ed in stato di grave affaticamento, di norma provoca quella immediata rigidità cadaverica che gli anatomo-patologi chiamano “rigidità statuaria”, con la quale si spiega facilmente l’atteggiamento del corpo che si osserva sulla Sindone. Si spiegherebbe così anche il grande grido di Gesù sulla croce, la morte immediata, l’uscita subitanea e abbondante di “sangue e acqua” dal costato di Cristo, altrimenti incomprensibili, e la macchia di sangue e siero localizzata sulla Sindone all’altezza della ferita del costato>>.

Sulla Sindone ci sono prove scientifiche che riguardano la Risurrezione.

<<La Sindone è piena di misteri. E’ un pozzo di informazioni sconcertanti  e ancora inspiegabili. Gli scienziati continuano a studiarla, e trovano continuamente aspetti nuovi. Al microscopio si vede una quantità di dettagli, che non si possono riprodurre in laboratorio.

<<La Sindone documenta  che il corpo di Gesù  venne consegnato per la sepoltura poco tempo dopo la  morte. L’Uomo della Sindone non è stato lavato: così prescrivevano le norme giudaiche in caso di morte violenta. Il cadavere è stato avvolto nel lenzuolo circa due ore e mezza dopo la morte, ed era già rigido. “Avvolto”, quindi “aderiva” al lenzuolo, che “legava”, “fasciava” il corpo. Il sangue si era coagulato sulla pelle ferita. Questo sangue, a contatto con la stoffa umida del lenzuolo imbevuto di aromi, si è ridisciolto per  il processo di “fibrinolisi”, e dal grado di ridiscioglimento dei coaguli si deduce che il cadavere è stato a contatto con il lenzuolo per circa 36-40 ore.

<<Lo hanno dimostrato gli studi sperimentali del medico Sebastiano Rodante e quelli del professor  Carlo Brillante, libero docente in chimica e microscopia clinica all’Università di Bologna.

<<Il fenomeno fibrinolitico segue precise leggi in base ai tempi di contatto. Se non passa un certo numero di ore, il decalco (cioè  il processo di riportare su una superficie  il calco di un disegno, di una figura),  non avviene, o avviene in maniera rudimentale;  mentre, se si va al di là di quel certo numero di ore, il sangue impiastriccia il tessuto (quindi non forma il decalco), per l’aumentata friabilità del coagulo. La Sindone mostra che la fibrinolisi ebbe inizio e si arrestò a un tempo X, verosimilmente non superiore alle 36-40 ore).

<<Resta inspiegabile come il contatto tra corpo e lenzuolo si sia interrotto (con la Risurrezione) senza alterare i decalchi che si erano formati. Un minimo movimento avrebbe alterato i bordi delle tracce di sangue. E questo non è avvenuto.

<<È inoltre sorprendente che non sia iniziato il fenomeno putrefattivo, che viene accelerato da vari fattori, fra i quali la presenza di grandi ferite e di grossi focolai contusivi.

<<Normalmente dopo una trentina di ore, avviene l’emissione di gas ammoniacali dalla cavità orale; se ciò si fosse verificato, si vedrebbe un alone attorno all’impronta delle labbra. Sulla Sindone invece si può osservare la rima labiale lineare e non deformata da aloni.

<< Sulla Sindone c’è l’immagine del corpo che vi fu avvolto. È un’immagine superficiale, dettagliata, termicamente e chimicamente stabile. È stabile anche all’acqua. Non è composta da pigmenti, è priva di direzionalità e non è stata provocata dal semplice contatto del corpo con il lenzuolo: con il contatto il telo o tocca o non tocca, non c’è via di mezzo. Invece sulla Sindone c’è immagine anche dove sicuramente non c’era contatto. I suoi chiaroscuri sono proporzionali alle diverse distanze esistenti fra corpo e telo nei vari punti di drappeggio. Sotto le macchie ematiche non esiste immagine del corpo: il sangue, depositatosi per primo sulla tela, ha schermato la zona sottostante mentre, successivamente, si formava l’immagine.

<< Il chiaroscuro dell’immagine può essere letto e ricostruito al computer con un effetto tridimensionale. Una normale immagine piatta dovrebbe fornire un rilievo distorto; al contrario, in questo caso si ottiene un corpo tridimensionale ben proporzionato. Resta ancora  inspiegabile come un cadavere abbia potuto lasciare sul lenzuolo l’immagine fotografica di se stesso.

<< Nella zona dell’impronta umana è ingiallita solo la pellicola superficiale delle fibrille più esterne. Le fibrille sono i filamenti di tessuto che costituiscono il filo ed hanno un diametro di circa dieci millesimi di millimetro. Sono invisibili ad occhio nudo.  L’immagine della Sindone è data dalla diversa colorazione di queste fibrille. Al microscopio, si vedono fibrille colorate  tutto attorno alla loro superficie, e accanto ad esse altre fibrille non colorate. L’immagine si vede soltanto dal lato del lenzuolo che era verso il corpo; sul rovescio della stoffa non è presente. Sul retro si vedono invece le macchie di sangue, che sono passate da parte a parte

<< Il colore giallo traslucido della zona dell’immagine non è dovuto ad alcuna sostanza posta sui fili: sono i fili stessi a essersi inscuriti. Non c’è traccia di cementazione, ma non ci sono nemmeno strinature dovute al contatto con un oggetto rovente o al trattamento con pigmenti acidi, come qualcuno aveva ipotizzato. Si tratta di un ingiallimento identico a quello che la luce provoca sulla cellulosa del legno, della carta e delle stoffe con il trascorrere degli anni; solo che in questo caso il fenomeno all’origine dell’impronta ha fatto scurire al massimo le fibrille, mentre il resto del lenzuolo ha il normale colore avorio dovuto al passare del tempo.

<<Chimicamente, l’immagine fu causata dall’ossidazione e dalla disidratazione della cellulosa delle fibrille, dello stesso grado per tutte. Il chiaroscuro non è provocato da differenti livelli di ingiallimento dei fili: la tonalità è sempre la stessa ed è solo il diverso numero di fibre gialle per unità di area a dare l’effetto più o meno scuro. In altre parole, le singole fibrille ingiallite hanno una distribuzione non uniforme: nelle zone più scure dell’immagine ci sono fibrille ingiallite in quantità maggiore.

<< Un’altra caratteristica dell’immagine sindonica  consiste nel fatto che non manifesta fluorescenza se viene esposta alla luce ultravioletta, come farebbe una bruciatura. Per lo stesso motivo si deve anche escludere che sia composta di sostanze organiche. Inoltre ha resistito a ventuno diversi reagenti e solventi.

<< L’unica spiegazione per l’origine di questa immagine sarebbe dunque l’ipotesi di un effetto a distanza di tipo radiante, un meccanismo come un fiotto di radiazione non penetrante che si attenua con il passaggio nell’aria e diminuisce con la distanza.

<<In vari laboratori sono state condotte molte prove sperimentali su tessuti di lino per cercare di riprodurre le caratteristiche dell’immagine della Sindone. Nonostante gli sforzi compiuti, non si sono ottenuti risultati capaci di possedere contemporaneamente tutte le caratteristiche riscontrate nell’impronta sindonica. Quindi, qualsiasi tentativo di riproduzione deve tener conto anche di questa caratteristica.

<<Come un cadavere abbia potuto imprimere sul lenzuolo l’immagine fotografica di se stesso è un fenomeno unico ed ancora inspiegabile. Secondo molti fisici, l’immagine presente sulla Sindone potrebbe essere stata causata da un effetto fotoradiante provocato dall’energia sprigionatasi dal corpo di Cristo al momento della resurrezione.

<< L’esperimento che è riuscito di più ad avvicinarsi alle caratteristiche dell’immagine sindonica è stato realizzato negli ultimi anni da un gruppo di fisici dell’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Alcune stoffe di lino sono state irradiate con un laser a eccimeri, che emette una radiazione ultravioletta ad alta intensità. I risultati, confrontati con l’immagine sindonica, mostrano interessanti analogie.

<< Ideatore e coordinatore di questi esperimenti è stato il fisico Giuseppe Baldacchini, che a questo riguardo ha dichiarato: “Sono necessari impulsi di luce ultravioletta molto dura, di durata inferiore a cento miliardesimi di secondo e con potenze di almeno qualche centinaio di megawatt, ma non troppo di più. Quindi, siamo in presenza di processi a soglia e a finestra di tipo foto-chimico e non fototermico, che invece inducono bruciature. Con una serie di ragionamenti logici e di fatti sperimentali e storici è possibile dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la Sindone è stata realmente il lenzuolo funebre utilizzato per coprire il cadavere di Gesù Cristo circa 2000 anni fa, dopo essere stato flagellato e crocifisso in Gerusalemme, come è stato descritto nei Vangeli. Rimane però da scoprire come sia stata creata l’immagine corporea sul lenzuolo funebre e come abbia fatto il corpo di Gesù a uscire dalla tomba e in particolare dalla Sindone, che al mattino dopo la risurrezione era semplicemente distesa (afflosciata) sulla pietra del sepolcro. Le nostre misure ci dicono che una esplosione di energia radiante è compatibile con la formazione dell’immagine corporea”.

<< Questo esperimento arriva davvero sin sulla soglia del mistero di quell’impronta, che richiama il mistero centrale della fede cristiana>>.

Renzo Allegri

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1 Commento

  1. Ravecca Massimo

    Il più grande artista è Gesù di Nazaret, se la Sindone di Torino è un suo autoritratto di natura miracolosa. Al suo interno contiene la perduta o forse solo nascosta Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci. Tramite la somiglianza del volto contenuto nell’immagine della ferita al costato della Sindone, con il volto urlante del guerriero centrale, Niccolò Piccinino della Tavola Doria che della Battaglia di Anghiari di Leonardo realizzata a Firenze a Palazzo Vecchio nel Salone dei Cinquecento, riproduce La lotta per lo stendardo. I geni hanno un intelligenza simile nel metodo, producono opere analoghe, e hanno un volto somigliante nella maturità. L’autoritratto di Leonardo ricorda il volto sindonico. Cfr. ebook/kindle. “La Sindone di Torino e le opere di Leonardo da Vinci: analisi iconografica comparata”.

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