La storia delle stimmate di padre Pio

Il 20 e il 23 settembre ricorrono due anniversari riguardanti San Pio da Pietrelcina: il centenario dell’impressione delle stimmate visibili sul suo corpo e i 50 anni dalla sua morte.

San Pio da Pietrelcina (1887-1968), religioso dei francescani cappuccini, è uno dei santi più conosciuti e amati. Ricerche di mercato dimostrano che è ai vertici dell’interesse di moltissimi credenti e che la sua popolarità è in continuo aumento, in Italia e all’estero.

Di questo santo, il pubblico dei devoti esalta soprattutto l’aspetto miracolistico. Sembra che nessuno di coloro che ricorrono a Padre Pio con vera fede, resti inascoltato. Sui giornali si leggono con frequenza racconti di persone, anche molto note, che testimoniano di aver ottenuto grazie e spesso autentici miracoli.

Padre Pio con la mano senza mezziguantiMa l’aspetto più sconcertante e significativo dell’esistenza terrena di padre Pio è costituito dalle stimmate. Cioè, dalle ferite che apparvero sul suo corpo la mattina del 20 settembre 1918, mentre pregava in chiesa, davanti a un grande crocifisso. Ferite che richiamavano quelle di Cristo crocifisso: i fori dei chiodi sulle mani e sui piedi e lo squarcio provocato dalla lancia del centurione al costato. Ferite vive e sanguinanti che rimasero tali fino alla morte di Padre Pio, cioè per 50 anni, suscitando stupore e ammirazione ma anche discussioni, diatribe, dubbi e gravissimi interventi disciplinari da parte delle autorità ecclesiastiche. Padre Pio aveva 31 anni. Appena si diffuse la notizia dell’evento, al conventino di San Giovanni Rotondo cominciarono ad arrivare folle di persone. Il conventino allora era in una zona impervia sul Gargano, lontana dal centro abitato un paio di chilometri e collegata al paese solo da un sentiero. Raggiungerlo era un’impresa, ma nessuna difficoltà fermava la gente che vedeva in quel “mistero” la presenza del soprannaturale.

E fin dall’inizio si verificarono fatti prodigiosi, guarigioni e conversioni. “Il Mattino” di Napoli, che era allora un quotidiano di grande prestigio nazionale, mandò a San Giovanni Rotondo uno dei suoi migliori inviati, Renato Trevisani, un giornalista famoso abituato a intervistare i protagonisti della politica, della letteratura e a interessarsi dei grandi avvenimenti di cronaca. Freddo, scettico, curioso e non certo sensibile alla religione. Rimase a San Giovanni Rotondo un paio di giorni, e fece un reportage ampio, pubblicato del “Mattino” su due pagine con il titolo : Padre Pio il “santo” di San Giovanni Rotondo, opera un miracolo sulla persona del cancelliere del paese presente un inviato speciale del Mattino.

Titolo estremamente significativo che dimostra come quella guarigione era avvenuta in pubblico, davanti a molte persone, tra le quali il giornalista Trevisani, e si verificò su un funzionario pubblico, sicuramente non suggestionabile. Quell’articolo fu ripreso da molti altri giornali, anche all’estero e i pellegrini aumentarono in modo impressionante, tanto da preoccupare anche l’amministrazione comunale.

Padre Pio durante la messa

Ma cominciarono anche a serpeggiare accuse. Qualcuno diceva che fosse lo stesso Padre Pio a procurarsi le stimmate con l’acido fenico. Che i confratelli del religioso fossero suoi complici, allo scopo di incamerare soldi.

Le chiacchiere circolavano soprattutto tra il clero locale, invidioso della popolarità del religioso e delle offerte generose che i pellegrini donavano al convento.

Questi “delatori” trovarono un alleato nel vescovo di Manfredonia, da cui dipendeva San Giovanni Rotondo. E nacque una specie di complotto clericale contro Padre Pio.

Il vescovo di Manfredonia aveva amici potenti in Vaticano, ai quali inviava lettere negative. Le massime autorità ecclesiastiche erano perplesse. Un paio di cardinali, che erano stati a San Giovanni Rotondo, parlavano molto bene di Padre Pio. Ma altri cardinali, amici del vescovo di Manfredonia, sciorinavano informazioni negative. Il Papa, Benedetto XV, tenne una linea di condotta molto prudente e saggia. Per avere idee chiare su una questione che tanto interessava la gente, inviò, segretamente, senza che nessuno sapesse degli altri, vari suoi osservatori molto qualificati: tre arcivescovi, monsignor Anselmo Edoardo Kenealy, monsignor Bonaventura Cerretti e monsignor Antonio Zucchetti; poi, degli specialisti in teologia mistica: Padre Antonio da Tisson, Padre Luisi Besi al quale affiancò il proprio medico personale professor Giuseppe Bastianelli. Tutti tornarono entusiasti. E il Papa si era convinto che le stimmate di Padre Pio fossero veramente un segno del cielo. E non perdeva occasione per esprimere la propria convinzione. “Oh sì, il Padre Pio è veramente un uomo di Dio”, disse nel corso di un incontro con varie personalità. A un consulente del Sant’Ufficio che esprimere riserve, rispose: “A me consta che Padre Pio conduca anime al Signore. Fino a tanto che questa è la sua missione, la mia deve essere quella di rimanere al suo fianco”.

Benedetto XV morì il 22 gennaio 1922. E subito i nemici di Padre Pio si scatenarono. Erano convinti che quel religioso fosse guidato da Satana e temevano che potesse creare un grande danno ai fedeli. Bisognava intervenire. Nacque così il “caso Padre Pio”. Una divisione tra credenti in Padre Pio e non credenti. Una autentica trappola diabolica che, per decenni turbò il popolo cristiano, il clero e i vertici della Chiesa. Ci furono varie condanne ecclesiastiche ufficiali e ripetute nel corso degli anni, ma che non riuscirono mai a fermare le folle dei devoti che continuarono ad accorrere a San Giovanni Rotondo.

Padre Pio legge una letteraIl primo documento ufficiale di condanna da parte del Sant’Ufficio porta la data del 2 giugno 1922. Si tratta di una lunga lettera inviata al Superiore generale dei Frati Cappuccini con una serie di disposizioni disciplinari severissime: il Sant’Ufficio proibiva a Padre Pio di dare la benedizione alla gente, di mostrare le stimmate, di permettere ai devoti di baciare la sua mano. Gli vietava inoltre di avere rapporti scritti con il proprio direttore spirituale, di rispondere alla lettere che riceveva, e inoltre di prepararsi per il trasferimento in un altro convento, lontano da San Giovanni Rotondo. Questo trasferimento, tentato in varie occasioni, non avvenne mai perché la gente di San Giovanni Rotondo interveniva impedendolo anche con l’uso della armi.

Un anno dopo la prima lettera del Sant’Ufficio, il Supremo Tribunale della Chiesa emanava, in data 31 maggio 1923, una “sentenza ufficiale e definitiva”, che era una precisa condanna. Nel testo si legge tra l’altro: “Dopo un’inchiesta sui fatti attribuiti a Padre Pio, la Suprema Sacra Congregazione del Santo Uffizio preposta alla tutela della fede e dei costumi, dichiara non constare della soprannaturalità di quei fatti ed esorta i fedeli a conformarsi nel loro modo di agire a questa dichiarazione”. Quindi, guarigioni, conversioni, stimmate, non avevano niente a che vedere con il soprannaturale. Il che significava che era tutto falso. Quella sentenza venne pubblicata in tutti gli organi di stampa legati al Vaticano e ripresa dalla stampa laica di mezzo mondo. E venne inoltre ripetuta alla lettera in vari altri successivi documenti ufficiali del Sant’Ufficio: in data 24 luglio 1924, poi in data 23 aprile 1926, 11 luglio 1926, 22 maggio 1931 e in tante altre disposizioni inviate dal Vaticano ai superiori generali e provinciali del religioso.

Nel 1931 Padre Pio venne addirittura “incarcerato” all’interno del convento. Arresti domiciliari. Il decreto diceva: “A Padre Pio siano tolte tutte le facoltà del Ministero Sacerdotale, eccettuata soltanto la facoltà di celebrare la messa ma non nella chiesa, solo in privato, all’interno del convento”. Per 750 giorni, il religioso stimmatizzato non potè confessare, nè svolgere alcuna di quelle attività proprie del suo stato di sacerdote.

Nel 1939, con l’elezione a Papa di Eugenio Pacelli, la situazione mutò radicalmente. Una sorella del Papa, Elisabetta, sposata Rossignani, aveva avuto un figlia, Elena, che all’età di cinque anni, per un attacco di scarlattina era diventata completamente sorda. Pacelli adorava quella nipotina. Fece di tutto per cercare di guarirla. La portò dai medici più celebri, tra essi il professor Wanner, tedesco, che era un luminare di quelle malattie, ma inutilmente. La portò anche a Lourdes, e infine non impedì a sua sorella di portarla da Padre Pio. Elisabetta Pacelli e sua figlia Elena diventarono “figlie spirituali” di padre padre Pio e spesso andavano a trovarlo. Per questo Pacelli era al corrente di tutta la storia del religioso e, appena diventato Papa, ordinò: “Lasciate in pace Padre Pio”, che per 19 anni visse finalmente tranquillo.

Padre Pio durante la messaMa nessuna delle condanne già emesse venne ritrattata. E dopo la morte di Pio XII, i nemici del religioso tornarono all’attacco. Arrivano perfino a nascondere dei microfoni nella camera e nel confessionale del religioso, sperando di trovare prove contro di lui. Ma inutilmente. Inventarono allora dei documenti che spaventarono perfino Papa Giovanni XXIII che, nel 1960, ordinò una nuova umiliante inchiesta, seguita da nuove condanne. In seguito quei documenti risultarono falsi, ma Padre Pio ormai era alla fine della vita e del suo calvario.

Negli ultimi giorni della sua esistenza su questa terra, le stimmate cominciarono a scomparire. Le immagini scattate nel corso della sua ultima messa, celebrata il giorno prima della morte, mostrano che le sue mani erano completamente prive dei segni di quelle ferite. Le stimmate erano scomparse. Il fatto fece molta impressione. I nemici di Padre Pio dicevano: “Questa è la prova scientifica che era tutto un imbroglio”. I confratelli amici del religioso provvidero a fotografare, a far visitare e valutare da medici quanto era accaduto. E si presentò un nuovo grande problema. Quelle piaghe erano scomparse senza lasciare alcun segno di cicatrizzazione. <<Questo>>, affermarono i medici <<è un nuovo grande mistero scientificamente inspiegabile. Ancor più eclatante, perché dove per 50 anni c’erano delle ferite sanguinanti, si è verificata la ricostruzione di tessuti, una ricostruzione altrettanto inspiegabile perché non ha lasciato nessun segno di cicatrizzazione”.

Le stimmate di Padre Pio hanno continuato ad essere oggetto di discussioni anche dopo la morte del religioso. Anche dopo che la Chiesa lo ha proclamato Santo. Biografi di grande fama, dichiaratamente atei, continuano a rispolverare le vecchie accuse, e cioè che le stimmate se le faceva padre Pio con l’acido fenico. E i giornali, anche quelli che si ritengono seri e documentati, danno ampio spazio ad assurdità del genere, con articoli a piena pagina.

Prof. Ezio Fulcheri celebre patologo, autore di uno studio scientifico sulle stimmte di Padre PioOggi, la scienza, pur mantenendo un atteggiamento distaccato e laico, non si lascia incantare da ipotesi e chiacchiere. Nel settembre 2009, i Frati di San Giovanni Rotondo hanno organizzato un importante convegno di tre giorni sulla stimmate di Padre Pio, al quale hanno partecipato medici, teologi, storici di grande valore. La parte scientifica è stata affidata saprattutto al professor Ezio Fulcheri, un luminare di fama internazionale, docente di anatomia patologica all’università di Genova e di paleopatologia all’università di Torino. Fulcheri ha redatto un lungo studio. <<Ho esaminato tutti i documenti possibili>>, ha dichiarato. <<Materiale fotografico, radiografie, relazioni di colleghi che hanno visitato padre Pio nel corso degli anni. E la mia conclusione è precisa: le stimmate di Padre Pio sono scientificamente inspiegabili.

<<Qualcuno ha scritto che se le faceva padre Pio ricorrendo ad acidi e altri trucchi… Ma quali acidi, quali trucchi! .Ripeto: le stimmate di Padre Pio sono scientificamente inspiegabili. E anche se, per ipotesi, quelle ferite se le fosse prodotte volontariamente, martellandosi un chiodo sulla mano trapassandola, la scienza attuale non sarebbe in grado di spiegare come quelle ferite profonde siano rimaste aperte e sanguinanti per 50 anni.

«Ogni ferita, ogni lacerazione cutanea, sia superficiale che profonda va necessariamente incontro a processi evolutivi. Non può rimanere così come si presenta al momento del fatto traumatico. O guarisce subito, o guarisce con difficoltà e con conseguenze tanto più gravi quanto più lungo è il decorso. E, se si arriva a una guarigione, essa è comunque sempre caratterizzata da evidenti fenomeni di cicatrizzazione. Non può sparire senza lasciare alcuna traccia. E noi sappiamo, perché ci sono le fotografie e le testimonianze mediche, che sulle mani, sui piedi e sul costato di Padre Pio morto non c’erano né cicatrici, ne cheloidi, cioè quelle neoformazioni connettivali della cute tipiche di una ferita guarita, né altri segni del genere. E anche questo è un fatto scientificamente inspiegabile>>.

Renzo Allegri

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