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#Lourdes su Rivista Intimità di questo mese

Recarsi nei santuari, magari a piedi, macinando chilometri su chilometri, è un rituale antico che ancora oggi ripetono milioni di persone di tutte età.
Perché cercare il senso della vita e se stessi è sempre la sfida più grande

Sono milioni nel mondo i pellegrini che si mettono in cammino (sempre più proprio a piedi) verso i santuari mariani (a cominciare da Lourdes, Fatima, Medjugorje e Loreto) o i luoghi consacrati ai percorsi religiosi come la Basilica di San Pietro a Roma, la Terra Santa, Santiago de Compostela, Assisi di San Francesco, Padova di Sant’Antonio e San Giovanni Rotondo di San Pio da Pietrelcina. Viaggi che, nonostante la crisi economica o la paura del terrorismo che negli ultimi anni hanno frenato mete come Lourdes, hanno dato vita a quello che viene chiamato il boom del turismo religioso. Sono infatti oltre 300 milioni i turisti religiosi nel mondo, con un giro d’affari stimato dal Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, in oltre 18 miliardi di dollari e che vede l’Italia ai primi
posti con oltre 5,6 milioni di presenze annue secondo l’Isnart, l’Istituto nazionale ricerche turistiche.
Così sono sempre di più i viaggi, spesso organizzati da agenzie turistiche, o quelli fai da te (da soli, in famiglia, con gli amici, scegliendo, se giovani, soluzioni di trasporto low cost) che hanno assunto aspetti in alcuni casi più turistici che religiosi.

L’AVVERTIMENTO DI PAPA FRANCESCO

Di fronte a quello che in molti casi è diventato un vero e proprio business e che non poteva non risentire delle innovazioni che riguardano in generale il mondo del turismo – dalle App del pellegrino a quelli che erano stati definiti gli “smart box dello spirito”, i cofanetti Scrinium lanciati qualche anno fa dall’Opera Romana Pellegrinaggi (www.operaromanapellegrinaggi.org) – Papa Francesco ha voluto richiamare in questi mesi il vero valore del pellegrinaggio. Ricevendo in udienza i rettori e gli operatori dei santuari, il Pontefice ha messo in evidenza l’importanza dell’accoglienza da riservare ai pellegrini. «Non può accadere, – ha ammonito Papa Francesco, – che si ponga dopo. Sempre più spesso i nostri santuari, – ha aggiunto il Papa, – sono meta non di gruppi organizzati ma di pellegrini singoli o a gruppetti autonomi che si mettono in cammino per raggiungere questi luoghi santi. È triste quando succede che, al loro arrivo, non ci sia nessuno che dia a essi una parola di benvenuto e li accolga come pellegrini che hanno compiuto un viaggio, spesso lungo, per raggiungere il santuario».

DA LOURDES A MEDJUGORJE

Così la Chiesa è impegnata nel recupero del reale valore di Fede del pellegrinaggio verso i santuari che sono, secondo monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontifi cio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, proprio «il luogo privilegiato per l’evangelizzazione. Se si è capaci di valorizzare i tesori di pietà popolare che ogni santuario custodisce si vedrà che il vero pellegrinaggio diventerà quello “del ritorno a casa”, perché l’esperienza di grazia vissuta andrà a incidere nella vita di tutti i giorni delle persone».
Proprio nel segno di far diventare sempre di più un luogo di preghiera e di testimonianza cristiana corrispondenti alle esigenze del popolo di Dio i centri di devozione mariana, nei mesi scorsi Papa Francesco ha deciso di inviare un suo delegato “per la cura dei pellegrini” al santuario di Lourdes affidando l’incarico a monsignor Antoine Hérouard, vescovo ausiliare di Lille. Ufficialmente non si parla certo di “commissariamento” del celebre santuario che ricorda le 18 apparizioni nel 1858 della “Bella signora vestita di bianco” nella grotta di Massabielle a Bernadette Soubirous, ma la decisione del Papa gli assomiglia molto.
Così come significativo è stato qualche settimana fa il via libera del Pontefice ai pellegrinaggi a Medjugorje.
L’annuncio è stato dato dal nunzio apostolico in Bosnia Erzegovina monsignor Luigi Pezzuto e dall’arcivescovo emerito di Varsavia-Praga, il polacco monsignor Henryk Hoser, da oltre due anni inviato speciale prima e poi visitatore apostolico della Santa Sede per gli aspetti pastorali nel luogo meta di milioni di fedeli. L’autorizzazione concessa dal Papa fa sì che adesso i pellegrinaggi a Medjugorje possono essere regolarmente organizzati dalle diocesi e dalle parrocchie e non avverranno più soltanto in forma privata come accaduto finora.
La decisione del Papa non deve però essere interpretata come un’autenticazione delle apparizioni mariane che nella piccola località bosniaca si ripeterebbero da quasi 40 anni, a partire dal giugno 1981, a sei veggenti. Una vicenda non ancora conclusa e anche per questo mai giudicata in modo definitivo dalla Chiesa cattolica per quanto riguarda la sua veridicità. Papa Francesco del resto non ha mai nascosto il suo scetticismo sulle visioni mariane “a scadenza fissa” perché, come ha detto più volte, «la Madonna non è un postino». La stessa commissione d’inchiesta guidata dal cardinale Camillo Ruini (2010-2014) espresse un parere positivo sulle prime fasi delle presunte apparizioni, meno sulle successive. In ogni caso, il via libera ai pellegrinaggi non entra nelle questioni dottrinali sull’autenticità del racconto dei sei veggenti.
Di essi, all’epoca bambini o ragazzi, tre assicurano di avere ancora oggi l’apparizione quotidiana della Regina della Pace, sempre alla stessa ora del pomeriggio e in qualunque luogo essi si trovino: sono Vicka (che abita a Medjugorje), Marija (che vive a Monza) e Ivan (che risiede negli Stati Uniti ma torna spesso in patria). Una quarta veggente, Mirjana, racconta di ricevere un’apparizione ogni mese, il giorno 2, mentre per gli ultimi due ex ragazzi di Medjugorje, Ivanka e Jakov, questo accade una volta all’anno.

DEVOZIONE A MARIA

La grande Fede nella Beata Vergine non si manifesta solo a Lourdes, Fatima o Medjugorje, ma anche nei tanti santuari mariani in Italia a partire da quelli di Pompei e Loreto dove nel dicembre del 1294 sarebbe stata trasportata dagli angeli la Casa dove, secondo la tradizione, la Vergine Maria nacque, visse e ricevette l’annuncio della nascita di Gesù.
E non bastano le parole per raccontare la Fede e la speranza con cui oltre centomila pellegrini hanno marciato anche quest’anno nella notte della vigilia di Pentecoste attraverso le colline marchigiane per gli oltre 28 chilometri che separano lo stadio di Macerata a Loreto. Un grande evento del popolo di Dio, giunto alla 41esima edizione, che ha affrontato il dramma nascosto del nostro tempo, la solitudine: “Non sarai mai solo”.
E così il cammino diventa un modo silenzioso e forte di ribadire i valori cristiani della solidarietà e della fratellanza. Facendo del pellegrinaggio un viaggio che si intraprende perché «si desidera cambiare qualcosa», come ha ricordato alla Fiera dei cammini che aveva preparato l’anno sinodale 2018 Paolo Giulietti, allora vescovo ausiliare di Perugia-Città della Pieve e da gennaio di quest’anno arcivescovo di Lucca. Un cambiamento che diventa vero solo seguendo le sette dinamiche del pellegrinaggio: il distacco dalla solita vita quotidiana, la fatica che mette dinanzi alla verità di se stessi, la solitudine, indispensabile terreno del cammino interiore, gli altri, perché sul cammino si scopre la possibilità di scorgere in ogni volto una presenza amica. E poi la meraviglia che nasce dalla possibilità di fermarsi a guardare, la tradizione, perché il pellegrino comprende di non essere né il primo né l’ultimo a compiere quel cammino, e infine la preghiera. Perché nel pellegrinaggio, come successe a Emmaus, il Signore viene incontro alla ricerca dell’uomo e così il cammino ci aiuta a riscoprire Dio nella nostra vita.

La testimonianza STRADA FACENDO… (Sabrina Sacripanti)

Camminando nel buio. Per tutta la notte. Sino al mattino.
Tra centomila persone diverse e centomila pensieri diversi, il primo dei quali, spiazzante, è: “Ma chi me l’ha fatto fare?”. Eh, sì, nonostante il kit del pellegrino distribuito allo stadio di Macerata (con tanto di corona che mi metto subito al collo), quando il percorso è iniziato da due ore soltanto, un’onda anomala di stanchezza fa presto traballare l’intenzione di arrivare al Santuario di Loreto. Praticando jogging tutti i giorni, la preoccupazione, semmai, è di dover lottare contro gli sbadigli. Invece no. Qui non conta se sei allenato o meno. Se sei giovane o vecchio. Se sei sano come un pesce o ammaccato dalla vita. Conta solo la forza che hai dentro. E io mi scopro fragile, in questa strana e specialissima notte, durante la quale lacrime e sorrisi, dolori e vittorie, morti e vivi si mescolano nella mia testa come in un frullatore azionato alla massima velocità. Infatti… boom, il cielo nero sopra di me diventa un peso insopportabile.

A un certo punto, però, mi ritorna in mente il brano di Baglioni citato da monsignor Marconi durante la Messa allo stadio maceratese,

Strada facendo, vedrai che non sei più da solo…

Strada facendo troverai un gancio in mezzo al cielo…

Alzo allora gli occhi e un puntino luminosissimo attira la mia attenzione. Che sia il mio “gancio”? No, dai, è una stella, concludo, scettica almeno quanto San Tommaso.

Ma è innegabile che poi, minuto dopo minuto, mi avvolge un’incredibile euforia. Effetto endorfi ne, razionalizzo ancora. Il tempo comunque ora passa in fretta. L’una, le due, le tre, le quattro, le cinque. La luna ormai ha lasciato il posto al sole. Arrivano i saliscendi. Su e giù, giù e su. Ultimi 5 chilometri di 28. Davanti a me un’ottantenne fresca come una rosa con ai piedi un paio di ballerine, un’altra signora con il cane nel passeggino, due neogenitori con il bebè nel porta enfant, alcune suore di non so quale ordine con addosso tonache pesantissime, un uomo scalzo. E, anche, mia cugina Luana col suo zaino pieno di cetrioli, mele essiccate, mandorle e entusiasmo, Romana, l’altra cugina, sempre sorridente nonostante il ginocchio gridi vendetta, Paola che, forse, prima o poi, farà questo tragitto in abito da sposa, condizione che «scherzando mi pone sempre il mio Luigi per prendermi in moglie», Teo che canta ogni canzone “di chiesa” perché ha «preso ripetizioni dalla nonna». Sono le sei quando vedo arrivare una barella. Com’è nel mio stile, mi impressiono. Il cuore inizia a battere forte. Troppo forte. Allora guardo quel fi ume di persone in cammino e penso: “Se ce la fanno loro, ce la farò anch’io ad arrivare alla Basilica”. E così è. Giungo  alla meta dopo quasi 9 ore dalla partenza, fi era della mia piccola grande impresa. Un frate, sul piazzale della Santa Casa, sta benedicendo tutti con l’acqua santa. Passo davanti a lui due volte, anzi tre. Meglio abbondare: le gocce che mi arrivano in testa mi sembrano meglio di un integratore di magnesio e potassio. Rifi orisco. Scendo dalla nuvoletta mistica solo quando scopro che il nostro pullman è parcheggiato a oltre un chilometro e mezzo da lì. “Ca… caspiterina!”, urlo, per non urlare altro. E ancora non so che il treno che dovrà riportarmi a Milano è in ritardo di mezz’ora…
La prossima edizione della Macerata Loreto? Il 13 giugno 2020. Non so se ripeterò l’esperienza, però qualcosa di strano mi è successo, qualcosa che non so descrivere a parole, qualcosa che ancora mi emoziona. «La fatica si dimentica come si dimenticano i dolori del parto», mi hanno detto in tanti, salutandomi. Sarà. Ma loro non possono sapere che io ho fatto il cesareo.

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