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Da Sarezzo a Lourdes

lourdes_2013_cuginiDa Sarezzo a Lourdes per un lungo servizio ‘famigliare’

di Andrea Alesci

Il racconto di un’esperienza che le famiglie Pedrali e Bettera di Sarezzo da trent’anni vivono con il Centro volontari della sofferenza, trascorrendo una settimana (solitamente quella di Pasqua) a Lourdes per prestare servizio agli ammalati

Pasqua è trascorsa ormai da un mese, ma il ricordo dell’esperienza vissuto dalle famiglie Pedrali e Bettera a Lourdes è forte di un ripetersi che prosegue da un trentennio.
 
“Era il 1983 quando i miei genitori ci sono andati per la prima volta da sposati – racconta Giulia Pedrali -, anche se papà Edoardo ci era già stato nel 1979. Poi, da quando proprio il papà ebbe un brutto incidente in auto nel 1996, a partire dall’anno successivo siamo andati quasi tutti gli anni per una settimana di servizio con il Cvs (Centro volontari della sofferenza) di Brescia, piccola parte di un’associazione internazionale”.
 
Una storia lunga trent’anni nella quale i genitori hanno coinvolto sin da piccole le tre figlie (Valentina, Veronica e Giulia), che ora hanno 29, 24 e 23 anni ma continuano a prendere parte con grande spirito di altruismo a quest’esperienza con la quale per sette giorni si mettono a completa disposizione dei malati.
 
“Siamo sempre andate volentieri per quest’esperienza con papà Edoardo e mamma Annamaria – continua la più piccola delle tre, Giulia -, insieme anche ai miei zii Graziella e Giuliano (Bettera) e ai nostri cugini, Francesca (29), Elisabetta (27), Giovanni (24) e Lorenzo (14).
 
Là a Lourdes c’è l’obbligo della divisa e noi ragazze siamo vestite da crocerossine e anche sul treno portiamo camicia azzurra e un foulard che ci rendono subito riconoscibili come volontarie in servizio. Gli uomini invece indossano delle bretelle, che poi possono tornare utili per far passare in sicurezza le carrozzine.
 
Una volta a Lourdes, la giornata comincia molto presto, con la sveglia alle 6 del mattino e le divisioni delle mansioni, che si svolgono a rotazione: assistenza ai malati, pulizia delle camere, servizio in sala e al refettorio, trasporti per le varie attività (bagno alle vasche, grotta della Madonna, Ss. Messe, lavori di gruppo attorno a diverse problematiche in base all’età)”.
 
Un’esperienza vissuta all’insegna della continua disponibilità alle persone malate o disabili all’interno di un gruppo bresciano del Cvs (quasi 700 tra malati e volontari), parte di un’organizzazione internazionale che venne fondata da mons. Luigi Novarese, sacerdote che la Chiesa proclamerà beato il prossimo 11 maggio nella basilica di San Paolo Fuori le Mura e che papa Giovanni Paolo II definì come “l’apostolo degli ammalati”.
 
“Siamo davvero contente – chiude Giulia Pedrali – che i nostri genitori ci abbiano fatto conoscere questa esperienza di servizio a Lourdes, che ogni anno attendiamo di vivere con quello spirito di carità che può illuminare il tempo di chi soffre”. Fonte servizio

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