Emozioni d’Assisi: Springsteen racconta
Migliaia di persone, ogni giorno, varcano la soglia della Basilica di San Francesco ad Assisi. In questo luogo unico al mondo, l’intensa spiritualità e le meraviglie dell’arte permeano il cammino del visitatore, suscitando emozioni profonde.
La Basilica e il Sacro Convento hanno ospitato visite ufficiali e incontri riservati, messaggi pubblici e testimonianze private. Nel libro di padre Enzo Fortunato (nella foto)Vado da Francesco, in uscita martedì 18 febbraio da Mondadori (pagine 172, euro 16,50) sono descritti alcuni di questi incontri, vissuti da personaggi famosi, da Madre Teresa a Gorbaciov, da Giovanni XXIII a papa Francesco, da Roberto Benigni ad Andrea Bocelli, da Ingrid Betancourt a Lech Walesa. Qui pubblichiamo i racconti della visita di Bruce Springsteen e di Patti Smith, oltre a una testimonianza dello scrittore Erri De Luca, anch’essa contenuta nel volume, che reca una prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi. L’autore, Enzo Fortunato, francescano conventuale, è direttore della sala stampa del Sacro Convento e della rivista «San Francesco».
Bruce Sprinsteen: «Questi sono i colori della Resurrezione»
Aprire di notte la Basilica superiore di San Francesco è un evento rarissimo: da quando sono al Sacro Convento sarà capitato un paio di volte, non di più. Eppure molti ce lo chiedono per visite private, riservate: è sicuramente suggestivo aggirarsi di notte nella Basilica, nel silenzio più profondo, fra gli affreschi di Giotto e Cimabue. Ma noi preferiamo far riposare quei colori e quelle creature, che durante il giorno sono «bombardati» dagli occhi spalancati per lo stupore di migliaia di pellegrini e visitatori.
Bruce Springsteen è stato uno dei pochi a visitare la Basilica di notte. È andata così. Mi chiamano degli amici di Assisi e Sergio Piazzoli, l’organizzatore del concerto che il musicista americano avrebbe tenuto il giorno dopo a Perugia. Mi dicono che “il Boss” vorrebbe visitare la Basilica.
Rispondo che non ci sono problemi e che siamo pronti ad accoglierlo come facciamo con tutti. Mi fanno, però, notare: «Se la visita avvenisse durante l’orario normale di apertura della chiesa potrebbero esserci problemi per la quiete del luogo, perché Springsteen trascina con sé decine di giornalisti: sarebbe un problema per il raccoglimento dei pellegrini. È meglio una visita a porte chiuse, di notte ». Convinto, acconsento.
Così, verso le dieci e mezzo del 6 ottobre 2006, arrivò Springsteen. Non era solo: con lui c’erano i musicisti del gruppo con cui era in tour, la Seeger Sessions Band, un’interprete, Susan Duncan Smith, e altri dell’organizzazione. In tutto una ventina di persone. C’era anche Sergio Fusetti, il capo dei restauratori della Basilica, al quale avevo chiesto di guidare la visita artistica. Entrammo tutti nella Basilica superiore, accesi le luci. Il colpo d’occhio era formidabile, unico. Guardai Springsteen: aveva uno sguardo carico di meraviglia e di stupore. Passammo in rassegna le scene della vita di san Francesco affrescate da Giotto, mentre Fusetti spiegava le origini e le tecniche di quegli affreschi. Springsteen si fermò qualche minuto in più davanti ad alcune scene, in particolare quelle della spoliazione di Francesco e della predica agli uccelli.
Alla fine, incuriosito di sapere come lui avesse vissuto quella esperienza, gli chiesi un commento. Lui lo scrisse, in inglese, su una copia della nostra rivista San Francesco Patrono d’Italia: «Questa Basilica ha i colori della Resurrezione». Una sintesi quasi teologica, magistrale, pronunciata da una star del rock. Ed è così veramente: la Basilica superiore – a differenza di quella inferiore, legata più a un momento penitenziale, di raccoglimento – nasce per celebrare la gioia del Risorto, la vita nuova di Francesco.
Terminata la visita alla Basilica superiore scendemmo verso il porticato – dal quale si apre una vista splendida della valle umbra –, attraversammo il grande refettorio e ci avviammo verso l’uscita. Gli dissi allora che, a qualche metro di distanza, c’era la tomba di san Francesco, ma non entrammo nella cripta, perché era già tardi, quasi mezzanotte. Quando gli vennero tradotte le mie parole, Springsteen si fermò, chinò il capo, in forma di rispetto. Non so se Bruce Springsteen – figlio di una italiana e di un irlandese – sia uomo di fede, cattolico. Quella sera d’ottobre, nella notte di Assisi, le sue parole, il suo comportamento erano quelli di un fratello. «La musica e la fede, di loro natura» sottolinea il cardinale Gianfranco Ravasi «tendono a essere prima di tutto un linguaggio universale, che parla a tutta l’umanità, prescindendo dalla molteplicità delle culture e delle lingue. Dall’altra parte, entrambe, fede e musica, non sono soltanto orizzontali, ma verticali: tendono verso l’infinito e l’eterno».
Il rock? No, non è una musica del diavolo.
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