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Al servizio dei “signori malati”. Parla fra Giacomo Dalla Torre

Un organismo quasi millenario che ha avuto come obiettivo primario quello di offrire aiuto, sostegno, vicinanza ai malati, ai poveri, agli esclusi. Oggi in tutto il mondo, senza distinzioni di nazionalità, lingua, religione. Con i suoi tredicimila membri e i centomila volontari e dipendenti, il Sovrano militare ordine di Malta è una realtà che è sempre stata al servizio della Chiesa e del bene integrale dell’uomo. Ne parla in questa intervista all’Osservatore Romano, il luogotenente di Gran maestro appena eletto, fra Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, che, come primo impegno pubblico, accompagnerà i “signori malati” a Lourdes nel pellegrinaggio internazionale al quale parteciperà l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato e delegato speciale del Papa per l’ordine.

Che significato assume questa coincidenza tra l’elezione e il pellegrinaggio?

Il pellegrinaggio internazionale dell’ordine di Malta a Lourdes organizzato ogni primo fine settimana di maggio da 59 anni, rappresenta un momento molto importante e ricco di significati per i membri dell’ordine e per i suoi volontari. Sono per questo particolarmente lieto di dare inizio al mio mandato di luogotenente di Gran maestro con questo evento che riunirà circa settemila persone da tutto il mondo. Non importa quante volte si è partecipato al pellegrinaggio: è sempre una nuova esperienza che arricchisce l’anima e ci avvicina al Signore. Sono certo che questo pellegrinaggio con i “signori malati” — come chiamiamo i nostri assistiti — mi darà una nuova forza per affrontare le sfide che dovrò affrontare in questo nuovo incarico.

Cos’è oggi l’ordine e come si concretizza il servizio a poveri e malati, che è all’origine della sua storia e della sua specificità?

L’ordine di Malta ha una storia di quasi mille anni. Nasce in Terra santa come ordine ospedaliero e nel corso del tempo, anche in momenti di grande difficoltà, non ha mai dimenticato la sua missione: aiutare i poveri, i malati, gli esclusi, insomma chiunque viva nel bisogno, senza distinzione di origine o religione. Lo stabilisce la nostra carta costituzionale. I nostri centomila volontari e dipendenti e i 13.500 membri mettono in pratica questo principio ogni giorno, nei 120 paesi dove operiamo. Le nostre opere rispondono ai bisogni di chi assistiamo: gestiamo mense sociali e centri medici, sosteniamo programmi di accompagnamento di disabili e anziani, prestiamo soccorso sanitario alle persone che fuggono dalla guerra e dalla povertà, sia in terraferma sia nel Mediterraneo sulle imbarcazioni della Marina militare italiana, interveniamo in caso di disastri naturali.

Questa presenza capillare pone l’ordine in prima linea a contatto con culture, lingue, tradizioni e religioni diverse. Quale significato assume questo ruolo così particolare?

Tempo fa con una battuta un giornalista ha definito l’ordine di Malta un’antica espressione delle Nazioni Unite. In effetti l’ordine raggruppa associazioni, corpi di volontariato e di soccorso, ambasciate, in tutto il mondo. E tutte queste entità hanno tutte il medesimo obiettivo: alleviare la sofferenza dei nostri fratelli. A questo scopo l’ordine è per costituzione neutrale e apolitico. Non agisce in base ad agende politiche o economica, ed è questo il nostro vero punto di forza, che ci permette di operare e di essere accolti da comunità diverse, anche in zone critiche. Per esempio, in Turchia al confine con la Siria operiamo in un ospedale da campo e le nostre cliniche mobili portano assistenza medica nei campi rifugiati nel nord Iraq. In Libano alcuni progetti medico-sociali vengono gestiti in stretta collaborazione con le comunità sciite e sunnite: un bellissimo esempio di collaborazione tra confessioni diverse. A Betlemme il nostro ospedale della Sacra Famiglia fa nascere ogni anno oltre tremila bambini. In Germania abbiamo circa 150 centri di assistenza per i migranti. Per noi lingue, culture e tradizioni diverse sono un arricchimento e non una minaccia.

Suo nonno Giuseppe è stato direttore dell’Osservatore Romano dal 1920 al 1960. Che ricordi ha?

Mio nonno era una persona molto diretta e affettuosa. Come gran parte dei veneti aveva uno spiccato senso dell’umorismo e amava fare battute. Venne chiamato a dirigere «L’Osservatore Romano» in decenni difficilissimi. Durante il fascismo, il nonno si schierò apertamente contro la persecuzione degli ebrei e degli antifascisti e ospitò a casa sua, in Vaticano, diversi oppositori del regime, tra cui Alcide De Gasperi. Per le sue posizioni la nostra famiglia ha vissuto dei momenti difficili. Era davvero un cattolico molto impegnato.

Nicola Gori per L’Osservatore Romano

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