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Testimonianze dall’aldilà e ritorno

Il medico Patrick Theiller e le esperienze pre-morte

Siamo al confine tra la scienza e la fede, in quella zona d’ombra in cui non vi sono certezze, ma solo ipotesi e, al limite, qualche esperienza soggettiva da raccontare. Parliamo delle «esperienze di pre-morte», le cosiddette NDE (Near Death Experiences), al centro di un libro da poco pubblicato dalle Edizioni San Paolo: “Quando la mia anima uscì dal corpo. Un medico di Lourdes racconta le esperienze di pre-morte” (pp. 192, euro 14,50). Autore del volume è Patrick Theiller, che per un decennio, dal 1998 fino alla pensione, è stato medico permanente del Bureau Médical des Sanctuaires de Lourdes, l’ufficio medico-scientifico che si occupa dei casi di guarigione nel famoso santuario mariano francese.

Il fenomeno delle NDE è stato divulgato per la prima volta nel 1975 dal medico statunitense Raymond Moody, autore di un libro significativamente intitolato Life after Life (La vita dopo la vita), tradotto in ventisei lingue. Ora il dottor Theiller approfondisce questa realtà, attraverso il racconto di alcuni casi che ha potuto seguire nei suoi dieci anni presso l’Ufficio Constatazioni Mediche del santuario di Lourdes.

Ma chi sono le persone che raccontano di aver messo un piede nell’aldilà e di esserne poi tornate indietro?

«Si tratta di persone ordinarie – spiega l’autore – come me e come voi, che si sono trovate in uno stato di morte clinica e che, una volta ripresesi da questa situazione, hanno raccontato di essersi ritrovate in un altro mondo, un mondo magnifico, e di aver dovuto abbandonarlo per tornare in questa vita. Esse dicono che tale esperienza è stata come una seconda nascita. Non vedono più l’esistenza nello stesso modo di prima, la loro spiritualità si è approfondita, mettono l’amore degli altri al primo posto, considerano la vita come una cosa sacra e la morte come un suo momento costitutivo, e non ne hanno più paura».

Di fronte a racconti come questi, lo scetticismo è comprensibile, e lo stesso Theillier ne è consapevole: «Chi non ha avuto una tale esperienza è portato a pensare che questi fenomeni siano immaginari, che si producano in persone stravaganti, psichicamente fragili o che ambiscano a farsi notare. Tutto il problema sta nel sapere se possiamo fidarci di queste sorprendenti esperienze, che rimettono in questione la certezza che abbiamo che nessuno torna indietro dalla morte».

In realtà, queste manifestazioni ai confini della morte sono sempre esistite, e sono state raccontate in tutte le civiltà. Tuttavia, da una quarantina d’anni a questa parte, grazie ai progressi nel campo della rianimazione e ai moderni mezzi di comunicazione di massa, esse sembrano essere diventate più frequenti e più conosciute. Al punto che, secondo Theillier, la moltitudine di NDE certe perché recensite e analizzate in tutto il mondo in diversi modi, i numerosi studi, le pubblicazioni e gli incontri scientifici sull’argomento portano a non poter più dubitare della loro esistenza. Anche se poi è lo stesso autore ad ammettere che la maggioranza degli scienziati rifiuta le NDE perché le considera, in un modo o nell’altro, come frutto di un processo cerebrale.

Il punto di vista di Theillier è quello di un medico cattolico (il suo libro, del resto, presenta una prefazione di monsignor Marc Aillet, vescovo di Bayonne, Lescar e Oloron), che cerca di affrontare il tema partendo dalle testimonianze raccolte e poi di integrarlo all’interno degli insegnamenti della Chiesa. Ma la fede – viene da chiedersi – non è di per sé refrattaria alle “prove scientifiche”? Risponde Theillier: «Se, credenti e non credenti, trovassimo un piccolo indizio del fatto che la vita è più forte della morte e che la nostra esistenza non cessa con la morte terrena, ma che la vita continua e che noi ritroveremo coloro che abbiamo amato sulla terra, non sarebbe una bella notizia? Forse in un mondo secolarizzato come il
nostro, in cui la realtà delle cose invisibili pone problemi e in cui molti non hanno più la certezza che ci sia una vita dopo la morte, le NDE potrebbero essere viste come una luce di speranza». Insomma, se non una prova, quanto meno un “aiuto” alla fede.

ROBERTO CARNERO per IL PICCOLO

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