#Lourdes Quando una notizia fa scalpore…
Ogni uomo è colpevole di tutto il bene che non ha fatto.
Voltaire
Riceviamo e pubblichiamo
Quando una notizia fa scalpore la si insegue, ma qualunque essa sia, nel bene e nel male, rischia di investire, coinvolgere e stravolgere le menti e le morali. Per cui ho deciso di scrivere questo pezzo per chi si sente coinvolto, e per chi invece dal di fuori segue i media, e dei fatti ne è semplice spettatore oltre che ipotetico giudice pensante. Ho sempre cercato di raccontare le storie che ascoltavo, ho provato a raccontarle scrivendo, ma spesso ho dimenticato pezzi importanti della narrazione. Allora poi ho deciso di farlo inserendo immagini di attimi che si susseguivano, e nonostante ciò, ho capito che quello che avevo tralasciato nei racconti, non erano dimenticanze, ma erano solo quelle parti che volevano rimanere nel mio cuore. Documentare gli eventi, in alcuni casi, va oltre quello che ti eri prefissato di fare, va oltre la divulgazione, e oltre la spettacolarità. Vi sono volti, lacrime, sorrisi, emozioni che sono parte di te che ami fare questo lavoro, che vorresti stare in mezzo alla gente, e capire la loro lingua, fatta di gesti, di sguardi, e soprattutto di amore per la vita, ma anche di tanta riflessione sugli eventuali errori che si compiono.
Anni fa ho iniziato il mio percorso con l’UNITALSI, non è stato facile e scontato come potrebbe sembrare, in quanto è accaduto si per caso, ma in modo ragionato e consapevole, e l’ho sempre raccontato tantissime volte a chi me lo ha chiesto per pubblicare la mia testimonianza. Oggi però per quel grave episodio che ha coinvolto l’associazione (TUTTA), e che sta rimbalzando come una palla da tennis sulla rete, ritengo che sia giusto raccontare nuovamente questo pezzetto di storia della mia strada. Se non altro perchè credo che le notizie della stampa e a seguire, date in pasto ai social, sono potenzialmente armi da maneggiare con cura e attenzione. Ma certamente senza nulla togliere al corso, seppur lento, degli accertamenti di verità sulla gravità della vicenda, e alla giustizia preposta a punire eventuali e colpevoli, i titoloni poi sono quelli che spingono ancora di più a lavare le menti, spesso senza neppure diritto di replica. Comincio quindi facendo un passo indietro nel tempo…
C’era una festa per strada, una ricorrenza, apparentemente come tante, ma mi accorsi che tra le auto parcheggiate, e la folla, vi erano delle “quattro ruote” particolari. Ognuna diversa dall’altra, ma con un qualcosa di speciale…trasportavano SORRISI, per tanti e per condizione, una stranezza, ma per altri una normalità. Domandai a chi era accanto, se potessi fotografare, e al consenso, in silenzio, con scatto silenzioso, cominciai a muovermi tra loro con timore di non essere accettato o guardato strano. Puntavo l’obiettivo, e poi cercavo una reazione, o cercavo forse di nascondermi dietro la mia, e scopersi una forte emozione, che non avevo mai provato prima. Chi poteva parlare, e chi lo faceva solo con gli occhi, allora volli avvicinarmi sempre di più a loro, e nel tempo a seguire, m’incamminai verso quella strada che molti genericamente conoscono col nome di volontariato. Quando chiesi di poter entrare in UNITALSI, mi dissero: Non vuoi aspettare un pò ancora, magari ad osservare ? Io non mi aspettavo quella domanda, ma poi capii che aveva un senso, e allora decisi di trascorre quel periodo di prova, chiamiamolo così, realizzando un reportage di un viaggio a Lourdes di cui avevo sempre sentito parlare. Fu così che da lì, da quel posto, divulgai tutti quei sorrisi, e fu sempre lì che io capii che ero il loro strumento per comunicare, quasi una loro voce di esistenza. Entrai così in punta di piedi a far parte di quella grande associazione e ancora oggi, continuo a raccontare per parole e immagini il mio taccuino di viaggio, fatto di felicità altrui, dove i sorrisi di AMICI SPECIALI che incontro, senza distinzione di età, di sesso, e neppure di cromosomi, ti riempiono il cuore e le schede di memoria. La stessa memoria che un domani potrò conservare e tramandare affinché gli altri capiscano che la gioia è contagiosa nonostante tutto, e la diversità sta solo nelle menti.
Quell’orgoglio che senti dentro quando sai di aver potuto fare qualcosa, magari solo una piccola cosa per gli altri, quella che non ti fa sentire inutile davanti a persone che con seri motivi fisici e mentali, ti trovi casualmente davanti senza neppure sapere chi siano. Sei li a smontarti per un sorriso, o una smorfia che gli somiglia, un abbraccio, o per un racconto frastagliato di un pezzetto della loro vita. Ascolti e spesso non riesci decifrare, ma è comunque importante che tu sia li, in quel momento, per loro. In quegli istanti penso sempre di non fare abbastanza, mi tormento per questa mia sensazione, e mi accade sempre, e allora poso nello zaino la fotocamera per spingere carrozzine o stare soltanto di più accanto a chi ha solo voglia di essere ascoltato. Ma poi quando capisco che i loro sguardi ti cercano perché sei tu il loro mezzo di comunicazione, allora quella fotocamera la riprendo e mi sento felice di farli parlare attraverso la fotografia e il documentare la loro “diversa normalità”. Vi sono infatti storie che si ascoltano osservando quei sorrisi, si vivono abbracciando la loro gioia, si raccontano attraverso i fotogrammi che stai raccogliendo, ma perchè sono loro a chiedertelo. E con enorme discrezione, opero senza necessariamente apparire, al punto che qualcuno si spinge a chiedersi dove io sia. Io ho sempre risposto, che al mio “ECCOMI” corrisponde anche il semplice ascolto di vuole qualcuno al proprio fianco con un pò di allegria, che gli faccia mettere da parte temporaneamente i brutti pensieri.
Questa è la mia esperienza ed è uno spaccato di un’Associazione che da ben oltre 100 anni si occupa di soggetti fragili. Ognuno di noi fa la sua parte, piccola o grande non è rilevante, ma la fa, non solo a Lourdes, ma spesso anche sui territori di appartenenza, con molteplici attività che solo la pandemia ha violentemente fermato, mostrandoci forse deboli alle circostanze. Io sono tra questi, e a modo mio, nel mio piccolo, cerco di dare un ulteriore senso alla mia vita, preferendo insistere ed essere noioso nello scrivere e mostrare agli altri, la possibilità di intraprendere strade che spesso poi diventano sentieri di rovi, ma altre che diventano larghe autostrade per la felicità. Tutti gli uomini di questa terra hanno una missione da svolgere, parecchi deboli possono inciampare e trascinarsi nel fango durante le tempeste che si susseguono, ma vi sono sempre altri che sono pronti a continuare e portare sempre in alto quello che è il vessillo del fine e del valore. Appunto per questo, il “Non abbandonarci alla tentazione” del Padre Nostro, dovrebbe riscoprire il senso in ognuno di noi. Dovremmo guardare sempre il lato bello delle cose, andando avanti pensando soprattutto a chi ha ancora bisogno di noi, e a cui dobbiamo dire di fidarsi nonostante tutto, e convincendo loro che in una cesta, non deve scoraggiare una macchia sicuramente resistente o magari indelebile, ma il bianco pulito del resto dei vestiti. Per tutti noi, quei vestiti sono le divise dei barellieri, delle dame, delle sorelline di assistenza e di tutti coloro che credono in quello che fanno, in virtù di una volontà propria e convinta e in costante contatto con la preghiera.
Pino Curtale
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