#Lourdes Se non ti immergi non puoi capire…
Nel comune sentire Lourdes è luogo di sofferenze consegnate alla Madre. Questo balza evidente anche nelle conversazioni fra gli amici che compongono la nostra carovana. Ma si consegnano anche dolori dell’anima e ferite del cuore. Eppure, paradossalmente, a Lourdes respiri un’atmosfera di gioia. Colpisce l’internazionalità fatta di relazioni semplici, spontanee, senza barriere.
Abbiamo dedicato un bel po’ di tempo ad incontrare il presidente del “Bureau des Constatations Médicales”, dott. Alessandro De Franciscis, il primo italiano incaricato a presiedere l’équipe che verifica le presunte guarigioni. Si definisce, sorridendo, “il più inutile dei medici”: deve, infatti, constatare che non c’è la malattia. E lo fa con tutto il rigore.
Qui la scienza è superata, ma non sottovalutata. Al contrario. Alla scienza la responsabilità di dichiarare che l’eventuale guarigione non ha spiegazioni. Dal 1848 sono settanta i miracoli riconosciuti come tali.
Il dott. De Franciscis ci tiene a bocca aperta per oltre un’ora. Ci ricorda i criteri per la verifica: diagnosi certa, prognosi grave, assenza di segni premonitori, guarigione istantanea, completa, durevole, certezza non vi siano spiegazioni.
Ci racconta varie esperienze e imparte una vera e propria catechesi sul miracolo, ridimensionando le attese miracolistiche, riportandoci ai miracoli di Gesù e raccomandando di prendere il miracolo come un segno. Così è nei Vangeli: Gesù testimonia la vicinanza ai sofferenti e la sua cura per i fratelli.
A Lourdes avvengono i miracoli, e sono tantissimi: conversioni, riconciliazioni, recupero di senso, svolte per la vita…
Restiamo affascinati dalla vita di Bernardette Soubirous: una ragazzina povera, analfabeta, figlia di un mugnaio che chiude per fallimento…
Bernardette, nella grotta di Massabielle (grotta-rifugio per gli animali), vede la Bella Signora. Più avanti dirà che suo compito non è far credere all’apparizione, ma raccontare quanto accaduto. Affidabilità della veggente e frutti spirituali sono i criteri che inducono il vescovo di Tarbes a riconoscere le apparizioni. Ci piace constatare come Bernardette consegni alla Chiesa la sua esperienza. Bernardette chiede alla Signora il suo nome. Lo riferirà al parroco che resta sbalordito: come fa una ragazzina analfabeta in uno sperduto villaggio tra i Pirenei ad “inventarsi” un nome così teologicamente preciso e nuovo?
La proclamazione del dogma dell’Immacolata è appena di qualche anno prima. La Madonna parla a Bernardette nel suo dialetto. Altre due esperienze fortissime hanno caratterizzato la giornata: le due processioni. Siamo appena rientrati dalla seconda, al seguito dell’immagine della Madonna di Lourdes. Una folla immensa, ed è di martedì, un giorno del tutto comune.
Siamo stati in processione con i flambeaux: canti, preghiere, silenzi… Quello che mi ha commosso di più non è tanto la coreografia, ma la fede semplice della gente. C’è chi si inginocchia, chi congiunge le mani come fosse da solo, chi si asciuga una lacrima. Se non ti immergi non puoi capire… Resto ben vigile. Non voglio cedere alla suggestione. Vedo in me e negli altri la prova che siamo con i piedi per terra: sono i gesti concreti di attenzione agli altri e gli atti di amore, la fatica senza lamenti.
Oggi un’amica ha verificato col suo orologio elettronico che abbiamo percorso quasi 12 chilometri. Tanta strada: dall’albergo alla Grotta, dalla casa di Bernardette al Centre Médicales, da una processione (al seguito dell’Eucaristia) alla processione serale…
Ma il percorso più significativo è quello interiore, che tanti di noi hanno cercato dopo due giorni così intensi di spiritualità. Si cerca la “sosta” per un colloquio personale: ci siamo proposti di fare spazio e silenzio per quello che la bella Signora di Lourdes vuole dirci.
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