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Parla il medico dei miracoli di #Lourdes

Alessandro De Franciscis, parla il medico (italiano) che giudica i miracoli di Lourdes

Ha lasciato la politica per diventare il medico più strambo che c’è: “I pazienti vengono da me per dirmi che sono guariti”. E lui indaga per verificare “l’inspiegato”

Nessuno al mondo ha un privilegio simile al suo: è il clinico di fiducia della Madonna. Alessandro De Franciscis, napoletano, ha 67 anni e da 15 è il medico di Lourdes, cioè dell’unico santuario al mondo in cui, indipendentemente dalla religione, vi sia in servizio permanente una figura di questo tipo. De Franciscis è il presidente del Bureau des constatations médicales che opera nella cittadina francese ai piedi dei Pirenei. Il primo di origine italiana in 140 anni. Il suo ambulatorio si trova a 200 metri dalla Grotta di Massabielle in cui, secondo il racconto di Bernadette Soubirous, dall’11 febbraio al 16 luglio 1858 la Vergine apparve per 18 volte a questa quattordicenne analfabeta, oggi santa.

7MILA GUARIGIONI MISTERIOSE – Da allora, sono state oltre 7 mila le guarigioni avvenute a Lourdes e ritenute misteriose dalla scienza, compresa quella che fece convertire Alexis Carrel, chirurgo agnostico di Lione, premio Nobel per la medicina nel 1912, che la descrisse così: «Non dimenticherò mai l’esperienza sconvolgente, di quando vidi come una grossa formazione cancerogena sulla mano di un lavoratore si riduceva davanti ai miei occhi a una piccola cicatrice. Non posso capirlo, ma non posso dubitare di ciò che ho osservato».

PATOLOGIE RARE, IRREVERSIBILI: SCOMPARSE – Patologie rare, spesso giudicate irreversibili: morbo di Addison, morbo di Budd-Chiari, morbo di Bouillaud, cecità, adenite fistolizzata alla base del collo, sclerosi a placche, aracnoidite della fossa posteriore, sarcoma dell’anca, ulcera della gamba con cancrena estesa, tubercolosi polmonare cavitaria, neoplasia addominale. Solo in 70 casi la Chiesa ha dichiarato miracoli queste guarigioni. Gli ultimi tre hanno riguardato due italiane e una francese. È stato De Franciscis a seguirli.

Sono istruttorie che possono durare decenni. «È così. L’Ufficio delle constatazioni mediche istituito nel 1883 dal dottor George Dunot de Saint-Maclou studia le cartelle cliniche dei pazienti, esamina lastre e vetrini. Il Bureau è composto da tutti i medici presenti a Lourdes nel momento in cui lo convoco. Ciò avviene quando ricevo la segnalazione di un caso prodigioso. Lì decidiamo se sottoporlo al vaglio del Comité médical international, formato da 34 luminari. Solo tre italiani ne fanno parte».

Lei è fra costoro? «Di diritto, in quanto segretario generale. Il medico più strambo del pianeta: i pazienti vengono da me non per essere curati, ma per dirmi che sono guariti. L’ultima parola spetta ai vescovi delle loro diocesi, in base alle evidenze scientifiche».

Il primo miracolo quando avvenne? «Il 1° marzo 1858, ma fu decretato dal vescovo di Tarbes, la diocesi in cui si trova Lourdes, solo quattro anni dopo. Catherine Latapie, 38 anni, una scontrosa paesana di Loubajac, per nulla devota, fu risanata all’istante da una paralisi di tipo cubitale provocata dallo stiramento traumatico del plesso brachiale. Nella notte ebbe un’intuizione: “Se corro alla Grotta, sarò guarita”. Era vicina al parto. Prese con sé i due più piccoli dei suoi quattro figli, camminò per quasi 7 chilometri e tuffò nella sorgente la mano destra, rattrappita da 18mesi in seguito alla caduta da una quercia su cui si era arrampicata per bacchiare le ghiande».

Un evento inspiegabile? «Non uso mai questo aggettivo, sarei presuntuoso se lo facessi. Una guarigione inspiegata. Recuperò all’istante l’uso dell’arto».

Lei è un ortopedico? «No, un pediatra, specializzato in epidemiologia ad Harvard. Mi dimisi dall’Università Federico II di Napoli, dov’ero docente e ricercatore, per traslocare a Lourdes. Ho seguito la tradizione di famiglia. Mio padre Pietro fu ordinario di fisiologia umana all’Università di Napoli. Si stava perfezionando alla Yale University quando conobbe a West Hartford, nel Connecticut, Rosemary, mia madre».

Oltre che medico e docente universitario, però è stato anche deputato dell’Ulivo e presidente della provincia di Caserta. «Quel De Franciscis non c’è più dal giorno del 2009 in cui lasciai la politica per trasferirmi qui».

Quando vide per la prima volta Lourdes? «Giusto 50 anni fa. Stavo per finire la seconda liceo classico. Vennero in classe a reclutare barellieri per i pellegrinaggi in treno. Giunto alla spianata del santuario, sentii di essere a casa mia. Ci tornai a settembre. Pensavo di fare l’agronomo. Invece scelsi la pediatria».

Perché proprio questa specialità? «Perché nel 1978 fui adibito alle piscine, alla vasca dei bambini. Mi chiesi: se il Padreterno esiste e ci ama, come può permettere tanto dolore? All’epoca non sapevo che questo è il dilemma della teodicea, cioè della giustizia di Dio in rapporto all’esistenza del male. Venuta la sera, scoppiai a piangere nell’aiutare un adolescente cieco dalla nascita».

Dopo la vicenda della presunta veggente di Trevignano, Papa Francesco ha definito l’apparizione «uno strumento della devozione mariana che non sempre è vero». «Che la Madonna si sia mostrata a Massabielle lo ha stabilito la Chiesa. Non sono un fanatico delle visioni. Non ho mai fatto un pellegrinaggio a Fatima, per dire. Quando dissi al Santo Padre che sono il medico di Lourdes, capii dal suo sguardo che è molto devoto a Bernadette».

La salma della santa non dovrebbe stare qui? «Sono andato due volte sulla sua tomba. Partendo nel 1866 per il convento di Nevers dove oggi riposano le sue spoglie mortali incorrotte, lei stessa predisse che non sarebbe più tornata a Lourdes».

In 165 anni, un miracolo ogni 850 giorni circa. «È sbagliato applicare le statistiche alla storia di questo luogo. Il cuore di Lourdes non sono le guarigioni. Il miracolo di Lourdes è Lourdes».

E quale sarebbe questo miracolo? «Quello del mondo all’incontrario. Qui i malati e i disabili stanno al posto d’onore. L’acqua miracolosa non c’entra. Bernadette si arrabbiava quando sentiva raccontare che la sorgente era magica. L’acqua è acqua. È solo la fede a fare la differenza».

Le risulta che alle analisi spettrografiche le acque dei santuari mariani rivelino una frequenza sempre uguale, però diversa da tutte le altre? «Quella di Lourdes è una buona acqua di montagna, che presenta particolari iridescenze. Luc Montagnier, il premio Nobel che ha scoperto il virus dell’Aids, voleva studiarla assieme a me. L’attore americano Zac Efron è venuto qui e ha dedicato alla sorgente una puntata della sua serie Con i piedi per terra su Netflix».

Chi sono i miracolati sui quali ha indagato? «Tre donne. Luigina Traverso è una suora di Alessandria, guarita dopo molti interventi chirurgici alla spina dorsale che l’avevano costretta a vivere sdraiata nel letto in posizione fetale. Danila Castelli di Bereguardo, moglie di un ginecologo e madre di quattro figli, stava morendo per una forma tumorale del tipo feocromocitoma, con punte ipertensive fino a 300 di minima. Suor Bernadette Moriau di Beauvais, a nord di Parigi, era paralizzata da 42 anni per la sindrome della cauda equina».

Quanti casi le vengono segnalati in un anno? «In media 110. Da gennaio 2023 già una trentina».

E come fate ad accertare che si tratti di guarigioni prive di spiegazioni razionali? «Ci atteniamo ai sette criteri di buonsenso fissati dal cardinale Prospero Lambertini, dal 1740 Papa Benedetto XIV, che diede l’imprimatur alle opere di Galileo Galilei. Primo: diagnosi certa. Secondo: prognosi grave. Terzo: guarigione imprevista. Quarto: guarigione istantanea. Quinto: guarigione completa. Sesto: guarigione durevole nel tempo. Settimo: guarigione scientificamente inspiegata».

Nel «milagro de los milagros», nel santuario della Virgen del Pilar a Saragozza, pare che al mendicante Miguel Juan Pellicer sia stata restituita la gamba destra amputata due anni prima. «Ma era la Spagna del 1640. Un caso su cui, nonostante l’ampia documentazione raccolta da Vittorio Messori nel libro Il miracolo, personalmente nutro amplissimi dubbi. Non chieda a un povero medico che cosa debba o non debba fare Dio, al quale nulla è impossibile. Io osservo e basta».

Però osserva da scienziato e anche da cattolico. «Blaise Pascal diceva che Dio ha messo nel mondo abbastanza luce per chi vuole credere e lasciato abbastanza ombre per chi non vuole credere».

Non tutti i suoi colleghi concordano con lei. «Ne ho conosciuti molti ad Harvard, non credenti. Uno di loro, Arthur Kleinman, docente di antropologia medica e psichiatria, autore del saggio Ciò che conta davvero, mi ha detto: “Lourdes è l’unico posto al mondo dove, senza corsi di addestramento, s’impara a rendersi utili agli altri”. Lo ha capito quando la moglie non è più riuscita a infilarsi da sola le pantofole a causa del morbo di Alzheimer».

Le sono capitati altri incontri sorprendenti? «Il 16 luglio 2021, anniversario dell’ultima apparizione, ho accompagnato il presidente francese Emmanuel Macron, che da bambino veniva alla Grotta con la nonna materna. Lo ha colpito che fossi nato a Napoli, città che ama moltissimo».

Fino a quando rimarrà il medico di Lourdes? «Vado per i 70, pensavo alla pensione, anche perché lo scorso settembre Papa Francesco mi ha nominato grande ospedaliere, cioè ministro della Sanità, del Sovrano Ordine di Malta, carica che in otto mesi mi ha già portato due volte in Ucraina e poi in Palestina, Israele, Libano, Thailandia. Il vescovo di Tarbes ha respinto le mie dimissioni: “Non se ne parla, faccia quello che può, ma resti”».

Si è mai pentito di aver scelto di vivere qui? «Mai. E sa perché? Incontro troppe persone, rare altrove, che ispirano la propria condotta a un ideale. Di loro il mio collega Carrel, convertitosi a Lourdes, scrisse: “Non possiamo fare a meno di notarle. La bellezza morale è un fenomeno straordinario e impressionante: non si dimentica più. La bellezza morale è la base della civiltà, molto più della scienza, dell’arte, dei riti religiosi”».

Stefano Lorenzetto per OGGI.IT

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