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Fede, gioia e speranza: racconti da Lourdes

I veri miracoli sono i sorrisi e la serenità ritrovata
Fede, gioia e speranza: racconti da Lourdes

di Edoardo Caprino

Periodicamente Lourdes scatena l’interesse della grande stampa. Ultima occasione, l’uscita presso le sale cinematografiche del film Lourdes della regista Jessica Hausner. Un film che – come si è detto – ha scatenato l’interesse e l’apprezzamento sia del mondo ateo che del mondo cattolico (come giustamente ha fatto osservare qualcuno in questi giorni – vedi Mariarosa Mancuso su Il Foglio – una di queste realtà ha sbagliato obiettivo).

Non deve quindi sorprendere che alcune Arcidiocesi italiane abbiano organizzato la proiezione in anteprima di questa pellicola.

Al contrario il celebre scrittore cattolico Vittorio Messori sul Corriere della Sera non ha esitato a definire la regista una portatrice di ateismo radicale, ma politically correct, in quanto elimina dalla prospettiva del Santuario francese sia la Fede che la Speranza che la Carità, che ne sono sempre state le architravi.Premessa: chi scrive non ha visto il film, ma ha conoscenza quasi ventennale di Lourdes in quanto barelliere in diversi pellegrinaggi. Quanti hanno visto la pellicola, concordano nel richiamare il continuo uso di luci fosche, tetre.

Una predominanza di nero a partire dai mantelli delle dame del Sovrano Militare Ordine di Malta,  le pareti, le vesti dei sacerdoti. Un silenzio spettrale nei refettori ove prendono posto i malati.

Il film è stato girato accompagnando un pellegrinaggio austriaco; probabilmente in Austria si riderà meno che negli altri paesi, ma la mia esperienza mi porta a dire che una delle caratteristiche di Lourdes è proprio la gioia – genuina, sincera – che si vive tra ammalati e volontari.

Vale per gli italiani, come per gli irlandesi, gli inglesi, gli spagnoli e i tedeschi che mi è capitato di incontrare.

Come dimenticare alcune immagini di gioia e spensieratezza del pellegrinaggio dei bambini inglesi – alcuni dei quali in situazioni terribili – vissuto con i sacerdoti e i volontari, capaci di trasmettere il vero messaggio di Lourdes, ossia innalzare gli umili, confondere le coscienze dei cosiddetti sapienti, rendere vivo e tangibile l’incontro del divino con l’umano.

L’esempio è Bernadette, lei che ha incontrato la Vergine, che ha ricevuto i suoi messaggi, ne è stata confidente e che  amava definirsi  una scopa che quando non serve più si ripone in un angolo.

La sua vita dopo le apparizioni ne è testimonianza: niente orgoglio, nessuna pretesa, volontà di fuggire una mediaticità e una curiosità sempre più morbose.

Una vita di preghiera e di aiuto ai sofferenti, senza farsi mancare qualche duro atteggiamento da parte delle superiori del convento ove aveva deciso di concludere la sua esistenza terrena.

Vittorio Messori conosce bene Lourdes. A quel luogo così particolare ha dedicato pagine e pagine di libri e articoli. Il suo è un affetto sincero per la figura di Bernadette, ma più in generale per quanto accade quotidianamente in quel paese a ridosso dei Pirenei.

A Lourdes si può giungere con i mezzi più vari e con le motivazioni più diverse. Non è raro veder giungere di fronte alla Grotta  – specie nei mesi estivi – persone di passaggio dirette a godersi la villeggiatura al mare.

Quotidianamente gli alberghi si affollano di pellegrini da tutto il mondo, ma a Lourdes la prima fila   non a parole, ma con fatti concreti, è riservata ai malati.

Colpisce sin da subito quella linea rossa tracciata sulle strade: è la corsia preferenziale che segnala il passaggio delle carrozzine e delle barelle.

Nessuno suona clacson o si lamenta. I malati lì hanno la loro casa. E la loro casa sono gli Accueil, strutture di accoglienze che nulla hanno di tetro.

Anzi, sono luoghi ove il colore, la pulizia, l’allegria domina.

Lì Giovanni Paolo II ha deciso di vivere il suo ultimo pellegrinaggio alla Grotta, malato tra i malati. Le strutture grigie, antiche ora non vi sono più.

Quelle antiche strutture di accoglienza ormai da anni sono state sostituite da edifici che tutto possono essere tranne che ospedali o case di cura.A Lourdes la preghiera si affianca alla vita quotidiana fatta di amicizie, confidenze, sorrisi, sguardi, lacrime consolate tra malati e volontari. Lourdes è quella  clinica dell’anima  (Paolo VI docet) ove ogni affaticato e oppresso trova il suo ristoro.

È quel luogo che non lascia indifferenti né i credenti né i non credenti.

È quella terra dove è facile trovare gente alla ricerca di sé stessa, di una speranza di vita, di una forza per affrontare sia la malattia fisica che problemi interiori.

È quella grotta che richiama tanti che non frequentano più le parrocchie, e che invece trovano in quel luogo la via del sacro che spesso nelle proprie case stentano a vedere.

Non si spiegherebbe perché tantissimi ragazzi – ogni anno – decidono di partire per fare un esperienza così contraria alla realtà di oggi quale è un pellegrinaggio.

Ragazzi molto spesso non attratti da una dimensione di fede vissuta nel quotidiano, ma pronti a mettersi a disposizione dell’altro, ad aiutarlo, a “pregare con le mani”.

Ragazzi che non perdono il loro essere adolescenti, diciotto-diciannovenni che conservano e regalano il loro sorriso correndo avanti e indietro trascinando voitures o carrozzine, mettendo una coperta prima di uscire o che porgono il piatto nelle varie “salle à manger” .

Ragazzi che danno –  inconsapevolmente – tutti loro stessi e che ricevono tanto dal sorriso, da una carezza di un malato.

Ragazzi che abbandonano cammini di vita sbagliati e che capiscono che la sofferenza si può affrontare e non solo evitare.

Ed è quindi naturale che condividendo queste esperienze possano nascere simpatie e  – perché no? – amori, tanto semplici quanto duraturi.

In quel luogo puoi incontrare preti capaci di non dire parole banali, ma pronti ad ascoltare  una confessione o ad affrontare un dialogo anche nei luoghi e nelle ore più strane.

Puoi vedere sul campo medici – anche cattedratici – che confessano candidamente di aver riscoperto la loro missione proprio in quel luogo perché finalmente il malato non era un numero o un caso, ma una persona.

L’unico buio che trovi a Lourdes è la notte.

Ma anche lì, in quei momenti di fronte alla Grotta vedi ardere costantemente i bracieri con le migliaia e migliaia di candele che i fedeli lasciano.

Un ricordo, una preghiera.

E anche nella notte la fila incessante di persone che vanno a toccare quella roccia, a poggiare una mano.

Ma la vera luce è vedere quei ragazzi e adulti inginocchiati o seduti sulla nuda terra a puntare il loro sguardo verso quell’incavo ove è posta la statua della Vergine.

E sentirsi amati.

Le file interminabili di barelle, le scie di grucce poste vicino alla Grotta non vi sono più da diverso tempo.

La medicina ha fatto progressi, ma ancora oggi in quel luogo l’amore di Dio si può rendere concreto anche attraverso una guarigione inspiegabile per la scienza.

Ma per chi conosce veramente Lourdes i veri miracoli che avvengono ogni giorno sono le conversioni del cuore e la serenità trovata.

Queste sono le grazie che vengono dispensate a tutti.

Lourdes per questo non lascia indifferenti.

Zola cercò con la sua opera di colpire l’immagine di Lourdes ribadendo facili stereotipi.

In questo caso il suo J’accuse sbagliò obiettivo.

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