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Benvenuto Papa Francesco

Sono le 20.22 quando un pesante drappo rosso, molto teatrale, si apre per favorire l’entrata in scena di papa Francesco. In compagnia di milioni e milioni di spettatori siamo davanti a un televisore, a un computer, a un tablet, a un telefonino a scrutare le prime parole, gesti, i tratti fisiognomici, la postura del nuovo Papa. Il momento è molto emozionante, non si sa bene chi sia il gesuita Jorge Mario Bergoglio, primo Papa sudamericano. Il tempo tra l’Habemus Papam e la sua apparizione sulla loggia centrale della Basilica di San Pietro pare infinito, eppure si tratta solo di minuti. Diciamo subito che il gesto più spirituale, inatteso, e per molti versi sconvolgente è il momento di raccoglimento, quei lunghi attimi di silenzio in cui il nuovo Papa chiede ai fedeli della piazza l’intercessione per una benedizione celeste: «Vi chiedo che voi preghiate Dio di benedire il vostro vescovo».

Il silenzio vale più di tutte le parole: un pontificato che inizia con un silenzio così intenso e clamoroso (in assenza di clamore) preannuncia qualcosa di innovativo. Sono giorni in cui le immagini si sono caricate di una valenza simbolica fuori dal comune: il viaggio in elicottero sopra Roma di Benedetto XVI, il comignolo della fumata bianca, così inquadrato da mille telecamere da sembrare strappato a un dipinto di Chagall, il cielo di Roma più mistico che mai, sia pure nel tempo e nello spazio scandito dai media. E poi l’apparizione di un pastore che viene da lontano, semplice, impacciato, commosso, umile di un’umiltà esibita nel nome scelto, nella sua pastorale. Le prime parole saranno ripetute infinite volte: «Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prendere il Papa quasi alla fine del mondo… Ma siamo qui». Venti minuti dopo, l’annuncio del nuovo Pontefice è twittato sull’account @Pontifex, che dal giorno delle dimissioni di Benedetto XVI era stato sospeso: «Habemus Papam Franciscum».

Aldo Grasso

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