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Recensione Film Lourdes

La prima inquadratura del film si apre su una spaziosa sala d’albergo, dove si stanno preparando le tavole per il pasto di un folto gruppo di pellegrini che subito dopo occupano i posti loro assegnati. Alcuni sono su carrozzelle, spinte da dame e volontarie. Potrebbe sembrare strano che un film con quel titolo cominci con gente che mangia! Ma la scena è quanto mai coerente con quanto vedremo. Qui, meglio lì, chi ci va, ci va per star meglio. Meglio nel corpo; alcuni anche nello spirito. “Sono paralizzato, sono stato abbandonato dal fidanzato, mi trovo confuso dentro…”. Basta ascoltarli mentre mangiano. Qui non si bara, non si raccontano storie inventate. Qui stanno male tutti, chi per un motivo, chi per un altro. E le confidenze reciproche non ne fanno mistero. La responsabile del pellegrinaggio sta male anche lei, sta forse peggio di tutti, dal momento che ad un certo punto la vediamo bisognosa d’essere ricoverata, dopo un improvviso svenimento,  sempre pallida e completamente senza capelli. Il cancro l’ha ridotta in pericolo di vita. Si è data agli altri fino alla fine. La lezione è compresa dai suoi colleghi in servizio e dai pellegrini. Sono tre le categorie dei volontari: ragazze giovani ed inesperte, spesso distratte e talvolta svogliate, malgrado la buona volontà iniziale; i cavalieri di Malta; i brancardiers affiancati da suore e diretti dal sacerdote cattolico come animatore religioso. La regista insiste fin dall’inizio inquadrando una giovane in carrozzella. Quest’ultima riconosce in un cavaliere la persona incontrata in un precedente viaggio (I viaggi sono migliori dei pellegrinaggi”) a Roma (“meglio Roma che Lourdes!). La malattia l’ha resa non autosufficiente e deve dipendere in tutto dagli altri. Quando casualmente rivede il cavaliere, gli sorride compiaciuta, ricambiata con gentilezza. La vita nella città mariana per eccellenza si svolge secondo modi e tempi consacrati dalla tradizione: preghiera alla santa Grotta, accensione di candele votive, assunzione dell’acqua miracolosa, bagni nelle piscine, dalle quali qualcuno, «si dice!», ogni tanto esce guarito. È il miracolo …«ma la Chiesa è molto severa prima di riconoscerlo!», spiega al momento opportuno un medico della commissione esaminatrice. La fede e la devozione a Lourdes non conoscono falsa modestia e pudore nel manifestarsi anche in pubblico. C’è gente che prega per strada, che s’inginocchia davanti alla statua della Vergine bianca senza ‘vergogna’ d’essere presa per fanatica. Il rispetto della regista di fronte a scene di pietà è completa, senza secondi fini mascherati con riprese a comunicazione inavvertita. La divisione strutturale del film in due parti, precedute da un prologo (l’arrivo dei partecipanti al pellegrinaggio) e da un epilogo con significazione semiologica, che ricorderò in seguito, è chiaramente riscontrabile: prima e dopo il ‘miracolo’.


1. PRIMA: tutto si svolge, ripeto, secondo regole e consuetudini collaudate da un secolo e più di frequentazione mondiale a Lourdes. L’impressione, anzi la convinzione che lo spettatore riceve circa la giovane ammalata in carrozzella sempre ripresa in particolare dalla regista, è che la poveretta sia affetta da una malattia grave. Non può camminare, non può cibarsi da sola. In ogni altra necessità e bisogno corporale dev’essere assistita da volontari e da infermieri.

2. DOPO: il miracolo viene raccontato dal film per gradi: l’ammalata comincia a muovere la mani e la braccia, riesce a scendere da sola dal letto, muove i primi passi incerti dopo essersi rivestita senza alcun aiuto. Quando si presenta in pubblico suscita ammirazione, curiosità, incredulità di un’ospite anziana che si dimostra molto scettica circa il fatto (fino alla fine del film dubita fortemente della guarigione, come la categoria degli scettici circa i miracoli dei quali senza volerlo fa parte!). Il medico interpellato sul caso, (dopo che l’impiegata commenta la domanda di visita dello specialista richiesta dal sacerdote: ”Oggi non siete i primi!” e noi vediamo in attesa di risposta altri due presunti miracolati!), sentenzia che la malattia della giovane procede con periodi di recrudescenza e di momentanea ripresa di benessere fisico e sentimentale e lancia indirettamente al pubblico, oltre che agli interessati, il suo prudente dubbio circa la guarigione. “In futuro si vedrà come andrà”. Per i pellegrini viene organizzata una escursione in montagna sui Pirenei (riprese di natura spettacolare di gruppi di persone ‘’appollaiate’’ su pendii scoscesi e apparentemente molto pericolosi!). La giovane partecipa con entusiasmo. È quello che da tempo tanto aspettava: camminare da sola, vedere il mondo, frequentare la gente. Lo fa in modo tale che vorrebbe convincere tutti della sua guarigione prodigiosa. Qualche spettatore condivide probabilmente i dubbi del medico. Sarà vero che è proprio guarita? Così perfettamente poi da andare in montagna? E’ un miracolo? (anche se la giovane non lo definisce mai così!). L’incontro affettuoso con il ‘suo cavaliere’ manifesta la volontà di riprendere a vivere normalmente la vita come tutti, almeno come tutti quelli che stanno ‘’bene’’ secondo lei!, ricomincia a fare progetti per il futuro, a sognare…Vedremo! In suo onore applausi e congratulazioni e lei ringrazia felice e riconoscente verso tutti. Durante la festa organizzata in suo onore dai pellegrini all’interno dell’albergo desidera anche lei ballare in coppia con il suo cavaliere come fanno tutti, anche il sacerdote (poco credibilmente) con una suora. Ma…nella cerimonia d’una elegante piroetta cade a terra, ma…riesce a rialzarsi da sola. È affranta però. Non le resta che riaccomodarsi nella sua carrozzella. La festa continua ma ‘‘la miracolata’’ non può, almeno per il momento, continuare a prenderne parte attiva.

Forse il miracolo non c’è stato, può dedurre lo spettatore dai fatti, certamente non s’è verificato quello interiore, più volte dichiarato indispensabile, non per la vita fisica, ma per la vita cristiana, come insisteva il sacerdote con coloro che gli rivolgevano domande teologiche esistenziali ‘inquietanti’: «Perché Dio onnipotente, che potrebbe risanare tutti, guarisce il tale e tal altro e non me o mia figlia? Perché Dio fa preferenze? Perché…perché???». Rispondere, come fa l’interpellato, che Dio è “libero e ama tutti ugualmente come Padre” può risultare risposta evasiva e non convincente (qualche spettatore in sala sorride…). Soltanto la fede accredita tale soluzione di difficoltà umanamente insolubili e misteriose. E quando il sacerdote ricorda che a Lourdes molti ritrovano la pace dello spirito ed altri si convertono, comunica allo spettatore che i grandi miracoli si rinnovano anche ai giorni nostri ai piedi della santa Grotta. (Adelio Cola)

Regia: Jessica Hausner
Lettura del film di Adelio Cola
Titolo del film: LOURDES
Titolo originale: LOURDES
Cast: Regia, sogg. e scenegg.: Jessica Hausner – fotogr.: Martin Gschlacht – mus.: Abel Korzeniowski – mont.: Karina Ressler – scenogr.: Katharina Wöppermann – cost.: Tanja Hausner – interpr.: Léa Seydoux (Maria), Sylvie Testud (Christine), Bruno Todeschini (Kuno), Elina Löwensohn (Cécile), Irma Wagner (Pilgerin), Gilette Barbier (Hartl), Gerhard Liebmann (Nigel) – durata: 99’ – colore – produz.: Coop 99 – origine: AUSTRIA, 2009 – distrib.: Cinecittà Luce
Sceneggiatura : Jessica Hausner
Nazione: AUSTRIA
Anno: 2009
Presentato: 66. Mostra Internazionale d·Arte Cinematografica di Venezia – Concorso

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Un commento

  1. Trovo delle inesattezze sul commento di Adelio: non è quando i malati sono a tavola che rivelano i loro turbamenti e i loro problemi, oltre che fisici ma anche spirituali, bensì durante una riunione di preghiera in cerchio. Altro: non è tanto “meglio Roma che Lourdes”, quanto ” preferisco i viaggi culturali”, ciò che viene espresso dalla protagonista principale, ed inoltre, la domada posta da uno dei volontari al sacerdote, non è se Dio è onnipotente e sceglie, ma perchè Dio che è BUONO e ONNNIPOTENTE non risolve i mali di tutti. Credo sia importante leggere ed incamerare cosa possano darci film del genere. Il finale si presta ad una scelta da parte del pubblico: ci sarà chi penserà che il miracolo non ha più avuto seguito, e che Christine tornerà sulla sedia a rotelle, e chi invece, potrà essere libero di pensare, che il miracolo comunque è avvenuto, perchè anche se per poco, lei ha toccato con mano la felicità, e altri ancora potranno immaginare che lei, non esseno stata raccolta da terra, possa comprendere il reale valore del miracolo, e assaporalo poco per volta. Non comprendo invece, l’unica modalità di personificazione dei volontari-accmpagnatori: senza entusiasmo, nè dolcezza, ma solo dovere di “espiazione dei peccati”. Chi Lourdes l’ha vissuta di presenza, sa che non è solo questo.

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