Comunicazioni

Il mistero di Lourdes e l’umiltà di una domanda

Nel film di Hausner uno sguardo orientato al rispetto di convinzioni diverse
Il mistero di Lourdes e l’umiltà di una domanda

di Nicola Cordone

Affrontare il mistero con l’umiltà di chi si interroga, con la delicatezza di chi non esprime giudizi né si sente depositario di una verità incontrovertibile, con il tatto di chi riconosce che la fede è fatto intimo e libera scelta, con la grazia di chi è illuminato dal dono del rispetto: questo insegna Lourdes, piccolo recente miracolo cinematografico della regista Jessica Hausner.

Al termine della visione la memoria è approdata, senza alcuno sforzo pindarico, a quella cruenta via crucis che è stata La Passione di Gibson: di quel film ricordiamo la spiacevole sensazione del sentirsi vittime, e non carnefici come avrebbe voluto il geniaccio australiano, di uno “spettacolo” ricattatorio che non concedeva alcun respiro alla riflessione, al dubbio, al giudizio critico; all’epoca avevamo subito il martirio psicologico di un testo zincato, univoco, paralizzante e violento nel negare qualsiasi evasione, qualunque spiraglio interpretativo. Una crociata integralista che tuonava come un dogma di conversione, non come un libero messaggio d’amore e di speranza: la sua opera, ai nostri occhi, sanguinava d’ideologia.

Lourdes, al contrario, è un eden di libertà e polisemia; è un libro che si apre a ogni chiave di lettura, è un film che ha infiniti sottotesti e la forza di un approccio razionale e lucido che non vuol dire freddezza o distacco. L’oggettività con cui viene descritto il pellegrinaggio a Lourdes di una giovane inferma e la sua miracolosa (?) guarigione può apparire una comoda manovra studiata a tavolino per non scontentare nessuno, non a caso la pellicola ha riscosso consensi e premi unanimi sia dalla parte cattolica che da quella atea o agnostica.

In effetti anche a noi sembra legittimo nutrire dubbi sulla natura complessivamente programmatica del progetto che sta alla base del film: lo stile particolarmente calibrato e rigoroso, i movimenti di macchina controllatissimi, la simmetria delle inquadrature in cui pieni e vuoti sembrano bilanciati al grammo, il documentarismo della forma che non concede coordinate allo sguardo lasciandolo libero di vagare all’interno della cornice del fotogramma; tutti questi elementi di linguaggio fanno pensare a una neutralità autoimposta e per questo non sincera fino in fondo. Ma il risultato etico-estetico cui approda la Hausner convince al di là dei processi alle intenzioni, che comunque appaiono superflui di fronte all’implicito messaggio politico culturale di uno sguardo autoriale orientato verso la tolleranza e il rispetto reciproco.

Tolleranza reale che può estendersi fino al dialogo e al confronto con fedi e religioni diverse dalla propria nel quadro di un multiculturalismo e di un pluralismo in continua e inevitabile evoluzione; in una società che ha cinicamente smarrito i valori etici fondanti la sua tradizione e in cui la Chiesa, davanti alla perdita del ruolo di guida esclusiva della morale pubblica, fatica ad accettare la laicità dello Stato, la fede rimane un orizzonte di vita condivisibile, se non invidiabile. A ogni modo, un fatto privato. Questo è quanto sembra suggerire Lourdes. O meglio, ciò che ci ha divinamente concesso di leggere: come un sacro dono che abbiamo la facoltà di rifiutare.

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