Alessandro De FranciscisStampa

«I 4 miracoli che ho verificato a #Lourdes»

Guida una corte giuridico-scientifica unica al mondo: deve sentenziare sul fatto che Dio possa compiere miracoli. Che il Padreterno esista è invece fuori discussione per il pediatra Alessandro de Franciscis, 69 anni, primo italiano dopo 14 francesi a presiedere il Bureau des constatations médicales di Lourdes, l’Ufficio delle constatazioni mediche istituito nel 1883 dal dottor George Fernand Dunot de Saint-Maclou per indagare sui presunti miracoli che avvengono nel santuario mariano ai piedi dei Pirenei.

De Franciscis vive qui da 15 anni. Il suo ambulatorio dista 400 metri dalla Grotta di Massabielle in cui Bernadette Soubirous, quattordicenne analfabeta oggi santa, raccontò di aver visto apparire la Vergine per diciotto volte dall’11 febbraio al 16 luglio 1858. Per statuto, potrebbe restare in carica sino alla morte, ma questo sarà il suo ultimo anno a Lourdes: dal 2022, su nomina di papa Francesco, sta visitando le zone calde del pianeta (Ucraina, Israele, Gaza, Sud Sudan, Camerun, Uganda) come grande ospedaliere del Sovrano militare Ordine di Malta, cioè ministro della Sanità di uno Stato senza territorio che, retto dal canadese fra’ John Dunlap, intrattiene relazioni diplomatiche con 114 Paesi. In lui la calma del frate (ha emesso i voti di castità, povertà e obbedienza) all’occorrenza cede il passo all’irruenza del napoletano, come ha scoperto Zac Efron. Arrivato a Lourdes con una troupe di Netflix a girare il documentario Con i piedi per terra, l’attore pretendeva di fargli recitare un’entrata in scena: de Franciscis s’è strappato il microfono lavalier e ha abbandonato il set.

Una collera tuttora visibile su Netflix.

«Manca il prologo, però. Efron mi aveva messo a soqquadro l’ufficio e fatto firmare decine di liberatorie, persino per le foto appese alle pareti, compresa quella di Bernadette, prima santa di cui esista un’immagine vera. La veggente, costretta a stare in posa 20 minuti per quel dagherrotipo, alla fine lamentava d’aver fatto la più grande penitenza della sua vita. A me è capitato altrettanto con Netflix».

Crede che a Lourdes si possa guarire?

«Certo. Mi diverto sempre a sconcertare l’uditorio, come ho fatto di recente a Napoli, quando nell’aula magna della facoltà di medicina ho turbato i presenti dicendo loro: diffidate di me, perché nel terzo millennio credo nei miracoli di guarigione, credo nella resurrezione dei morti, credo che nell’ostia ci sia Gesù».

Prodigi constatati in questi 15 anni?

«Quattro. L’ultimo, riconosciuto dalla diocesi di Liverpool lo scorso 8 dicembre, riguarda John Traynor, morto nel 1943. Marinaio della Royal Navy, ferito alla testa nella Prima guerra mondiale, soffriva di epilessia e crisi convulsive. Per farle cessare, gli trapanarono il cranio: perse l’uso delle gambe e la capacità di generare. Nel 1923 arrivò da emiplegico a Lourdes. Nel 1926 ci tornò risanato da barelliere. Era anche diventato padre».

Ha conosciuto molti miracolati?

«Sì. Tra i viventi, Vittorio Micheli di Trento, guarito da un osteosarcoma del bacino e della testa del femore. Luigina Traverso, suora di Alessandria, viveva sdraiata nel letto in posizione fetale per una lombosciatica paralizzante e un meningocele. Danila Castelli di Bereguardo, madre di quattro figli, stava morendo di feocromocitoma, tumore del surrene che le causava picchi d’ipertensione fino a 300 di minima. Bernadette Moriau, suora francese di Beauvais, paralizzata da 42 anni per la sindrome della cauda equina, fu la prima che esaminai. Ero arrivato a Lourdes da tre mesi».

Quanti eventi inspiegabili registrate?

«La correggo: inspiegati. Nei 167 anni dalle apparizioni sono stati oltre 7 mila, solo 71 dei quali dichiarati miracoli».

Come reagisce alle segnalazioni?

«Informo l’Ordine dei medici di Tarbes, capoluogo degli Alti Pirenei, e convoco i colleghi presenti a Lourdes. C’è un registro degli alberghi in cui soggiornano. Ciascuno consulta la cartella clinica ed esprime la sua opinione, anche se è ateo. Parliamo di medicina, non di fede».

Quante volte ha riunito il consesso?

«Nel 2024 una sola volta. Due nel 2023 e nel 2022. Mai nel 2021 e nel 2020».

Il presunto miracolo come si accerta?

«Devono ricorrere tutti i sette criteri fissati dal cardinale Prospero Lambertini, il futuro papa Benedetto XIV che avviò la riabilitazione di Galileo Galilei: diagnosi certa; prognosi grave; guarigione imprevista; guarigione istantanea; guarigione completa; guarigione durevole nel tempo; guarigione scientificamente inspiegata».

Poi che cosa accade?

«Se ricorrono tutte le sette condizioni, giriamo il caso al Comité médical international di Lourdes, composto da 38 luminari della medicina mondiale: sei gli italiani, incluso me, segretario. Il Cmil si esprime con votazione segreta. Spetta poi alla Chiesa riconoscere il miracolo».

Però non s’è mai visto un portatore della sindrome di Down liberato dalla trisomia 21 alla Grotta di Massabielle.

«Ero diciassettenne la prima volta che giunsi a Lourdes. Ci sono tornato tutti gli anni da barelliere. Studiavo medicina quando fui adibito alle piscine dei bambini. Ero arrabbiato con la Madonna: come poteva guarire una persona e un’altra no? Ignoravo che questo è il dilemma della teodicea, cioè il rapporto fra giustizia divina ed esistenza del male. Più stavo lì e più soffrivo. Verso sera, scoppiai a piangere vedendo un preadolescente cieco dalla nascita. Oggi ho imparato che le guarigioni di Lourdes non sono mai contro le leggi di natura. Sa che cosa mi hanno chiesto tutti i miracolati?».

Che cosa?

«“Perché è capitato proprio a me?”. Non si conoscevano, non potevano essersi messi d’accordo. Ho avuto una crisi. Ma questa è la libertà di Dio, la gratuità del dono. E meno male, altrimenti i malati a Lourdes si suiciderebbero».

Temo di non riuscire a seguirla.

«Se vi fosse una giustizia retributiva, la donnina pia che recita tre rosari al giorno e sta morendo di cancro si dispererebbe vedendo risanata la vicina di letto che per tutta la vita non è mai andata a messa. Credo nella preghiera collettiva, perché lì dentro c’è la fede dei semplici. Gente che sa amare e non sa spiegare».

Vittorio Messori, nel libro «Il miracolo», ha descritto la storia del mendicante Miguel Juan Pellicer, cui fu restituita la gamba destra amputata due anni prima.

«Il milagro de los milagros della Vergine del Pilar. Era la Spagna del 1640. Non credo ciecamente, non sono un cacciatore di visioni. Sono stato la prima volta in pellegrinaggio a Fatima solo nel 2024».

E dunque?

«Mi bastano le cartelle cliniche e le lastre custodite nell’archivio del Bureau. Nessuno è mai riuscito a contarle, credo che non siano meno di 20 mila. Ecco, legga questa. È la nota di Alexis Carrel, chirurgo agnostico di Lione, scritta di suo pugno il 28 maggio 1902. Dieci anni dopo riceverà il premio Nobel per la medicina. Si convertì vedendo una gravissima peritonite settica tubercolare che si riduceva sotto i suoi occhi: “Non posso capirlo, ma non posso dubitare di ciò che ho osservato”».

Ha visto casi come quello di Carrel?

«Jean-Yves Rouillard, medico del pellegrinaggio annuale proveniente da Nizza, mi ha confidato: “Lourdes mi ha interrogato fino a scoprire la fede in Dio”. Alla Harvard University nel 2019 conobbi Arthur Kleinman, docente di antropologia medica e psichiatria, non credente, autore del saggio Ciò che conta davvero. Mi confessò: “Lourdes è l’unico posto al mondo dove, senza corsi di addestramento, s’impara a rendersi utili agli altri”. Lo aveva capito aiutando la moglie, colpita dal morbo di Alzheimer, a infilarsi le pantofole. Blaise Pascal diceva che Dio ha messo nel mondo abbastanza luce per chi vuole credere e lasciato abbastanza ombre per chi non vuole credere».

Come grande ospedaliere dell’Ordine di Malta il mondo le tocca girarlo.

«Vado dove c’è bisogno di opere mediche e umanitarie, che sono la missione dello Smom. Ho accompagnato a Gaza il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini. È superfluo che le racconti che cosa abbiamo visto. A Betlemme abbiamo l’Holy Family, ospedale universitario specializzato in ginecologia e ostetricia, che in 30 anni ha fatto nascere più di 100 mila bambini».

In questo momento di che si occupa?

«Della povertà dei Paesi ricchi: la demenza. Ne discuteremo con Vincenzo Silani, docente di neurologia all’Università di Milano, nella conferenza internazionale degli ospedalieri dello Smom, il 4 aprile a Vienna. La regina Silvia di Svezia ha accettato di aprire i lavori: la sua Fondazione Silviahemmet rappresenta la più significativa iniziativa privata in Europa per formare medici e infermieri e accompagnare i malati di Alzheimer».

Ha dato i voti. Perché non è prete?

«Ci ho pensato. Ma resto un pediatra».

Le manca l’ospedale?

«Mi mancano le famiglie. Ho lavorato in neonatologia all’ospedale di Caserta e in pediatria al policlinico Federico II di Napoli. Il bimbo arrivava con mamma e nonna. Io dicevo: non vedo il padre, alla prossima visita portate qui il papà».

È stato anche deputato e presidente della Provincia di Caserta.

«Quel de Franciscis, dc demitiano, non esiste più. Ho mollato tutto per venire a Lourdes. Spero che ogni italiano dedichi un tratto della sua vita alla cura della cosa pubblica. Qui in Francia, ma anche nel Regno Unito, è un orgoglio per l’artigiano, l’avvocato, il medico spendersi come consigliere civico».

Ha mai chiesto a Nostra Signora di Lourdes un miracolo per i suoi cari?

«Spesso. Miracoli di guarigione e di conversione. Una volta mi ha esaudito».

Di chi si trattava?

«Non conta. Era un tumore del pancreas, fra i più insidiosi. È stato sconfitto».

….di Stefano Lorenzetto per Corriere della Sera

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