IL TRENO DELLA VITA, di Antonio Diella
Dopo il disastro ferroviario avvenuto ieri a Corato, il presidente nazionale dell’UNITALSI Antonio Diella, pugliese, ha scritto a tutti soci dell’Associazione. Il vagoni del treno, come per i pellegrinaggi, divengono la casa temporanea per tanti uomini e donne che condividono speranze, dolori e gioie in attesa di arrivare alla prossima stazione.
“Chissà quante volte sarò salito anche io su quel treno delle ferrovie Bari Nord per andare a Bari.
Per uno studente universitario come me, residente in provincia e che, per “difetto di moneta” e scelta di metodologia di studio, non poteva permettersi di prendere in fitto un appartamento, il pendolarismo era una decisione obbligata. E lo è stato anche quando ho cominciato a lavorare.
E si andava a Bari e si tornava, a volte anche con il treno delle Ferrovie Bari Nord.
La linea su cui ieri è esplosa l’ecatombe.
Per noi, gente di provincia e di piccoli paesi, il treno diventa in certi periodi della vita o addirittura per quasi tutta la vita, una specie di “seconda casa”, dove intrecci amicizie e confidenze, dove stando in piedi pressati come sardine o seduti “in gruppi” sui sedili mai sufficienti, condividi problemi, racconti, speranze, piccoli e grandi drammi; dove ti addormenti, perché ti sei dovuto alzare molto presto per prendere il treno, mentre gli altri attorno a te giocano a carte o discutono di sport e del capo ufficio che non capisce niente come se tu non stessi dormendo ma poi ti sveglino alla stazione giusta per evitare che tu finisca chissà dove.
Il treno dove si parla di esami e di mutui, di figli appena nati che hanno il nome dei tuoi genitori, di concorsi con poche speranze, di domeniche in spiaggia a pochi soldi e sempre affollate, di nuovi amori e recenti delusioni.
E forse li avrò visti e incontrati i morti e i feriti di ieri; forse avrò sentito qualche brandello di loro conversazione, avrò sorriso della battuta di qualcuno, avrò guardato male il ragazzo che ha detto una battuta a voce troppo alta mentre sonnecchiavo. Certo avrò parlato qualche volta con il dirigente della Polizia di Stato che ieri tornava dalle ferie ed è morto nell’incidente ferroviario.
Ma quei visi li conosco comunque, sono i visi della mia gente, della vita ordinaria di tanti e mia.
Sono i volti dei pendolari delle linee ferroviarie minori, dei treni mai sufficienti e mai in orario, di quelli che sgranano gli occhi quando sentono parlare di alta velocità per i treni merci e si sentono meno importanti di un carico di prodotti e che pensano di essere quasi “cittadini diversi” quando la sera tornano a casa dal lavoro e vedono in tv le mirabolanti carrozze dei treni ad alta velocità, dove tutti sorridono e siedono in comode poltrone e volano verso la loro destinazione accuditi da personale ferroviario sempre sorridente, sempre disponibile, bello quasi come il sole.
Il pendolare sa. Sa tante cose. Vive tante cose. Impara la sottile arte della sopravvivenza ferroviaria.
Per questo il dolore è grande, per il disastro ferroviario di ieri. E’ accaduto qui. Vicino a casa mia.
Perché insieme alle persone capisci che muore una parte della tua speranza di garantire a tutti e soprattutto a chi ha più necessità e ha meno possibilità non solo uguaglianza, ma anche servizi decenti e sicurezza massima.
Perché non ne possiamo più di inefficienze e ritardi, di lentezze e comizi, di giustificazioni post mortem e di irresponsabilità diffuse.
Il Sud, il Nord; le “lamentazioni” del sud e la efficienza del nord: verità e chiacchiere si confondono, perché la marginalità è ovunque e la incapacità di valorizzare persone e territori non è più il privilegio solo di alcune zone arretrate del Paese.
Restano la sofferenza e la rabbia. Per questi poveri morti. Per i feriti. Per tutti coloro che all’improvviso sono stati catapultati in un vortice inarrestabile di sofferenza. Per questa nostra Italia, dove le liturgie delle promesse di miglioramento e di giustizia si celebrano sempre “dopo”, sui disastri già avvenuti del nostro territorio e sugli incidenti ferroviari e sui crolli devastanti già accaduti, sulle alluvioni già verificatesi.
Con Palma Guida, Presidente dell’Unitalsi Pugliese, chiediamo a tutti i soci dell’Unitalsi, proprio a tutti, di pregare insieme o nel silenzio personale il Signore della Vita e della Misericordia per tutti coloro che sono morti e per chi sta adesso soffrendo per il disastro ferroviario di Andria, ringraziando i tanti che hanno voluto farci sentire il loro affetto e il loro dolore.
E chiedo a tutti i soci dell’Unitalsi, a noi che sappiamo quanto sofferenza circola nel mondo, di conservare l’indignazione per quanto accaduto e accade e di non dimenticare che la prima “fatalità” a cui dobbiamo opporci è la nostra abitudine a sentirci “estranei” a ciò che succede nel nostro Paese. Perché la colpa non è mai sempre solo degli altri ma anche di chi decide di essere sempre e solo spettatore disincantato e assuefatto”.
Antonio Diella – Presidente Nazionale UNITALSI
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