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#Lourdes 11 vagoni su cui viaggia la FELICITA’

Certo, ci vuole del tempo per smaltire la commozione che si prova in certe occasioni, ma l’emozione, quella vera, quella forte, rimane ben impressa dentro, e salta fuori ogni qualvolta se ne parli.

Ennesimo viaggio a Lourdes, ennesimo ritorno a casa con il cuore già gonfio di nostalgia, per attimi vissuti appena qualche ora prima. Gonfio come quel fiume in piena che guardavamo dalle grandi finestre del Salus, ma senza preoccupazione alcuna. Li non vi è momento che non si viva intensamente, e di certo, pioggia, freddo, afa, non sono impedimenti che ti fanno rinunciare alla gioia di esserci comunque. E’ vero, la pioggia incessante, ha fatto sì che rimanessimo al riparo, ma ci ha fatto vivere la vera comunità, ci ha fatto abbracciare di più i nostri “Amici speciali”. D’altronde, noi siamo li con loro, perché possiamo imparare proprio da loro, quanto sia bella la vita. Quella vita a cui ci si aggrappa in ogni modo, specialmente quando tenta di sfuggirti, ma che comunque vuoi goderti fino in fondo, attimo per attimo. A Lourdes, tutto intorno a te si trasforma, prende colore, e azzera lo stato in cui eri prima di partire. Il treno bianco, o dai mille colori immaginari e personali, pare sia ormai un baluardo da difendere, per quello che dà ad ognuno di noi. Anche lo stridere dei freni, e quel rumore assordante delle gallerie, diventa una musica, una melodia che ti accompagna per ben 32 lunghe ore.

E quando intravedi quella grande scritta LOURDES, dipinta sul muro della centrale elettrica all’ingresso della stazione, è come varcare la porta del paradiso. Cominci ad essere avvolto dall’accoglienza di chi ti aspetta sulla banchina mentre il treno compie manovra, e respiri un’aria pura, da riempire i polmoni. Quest’anno, al ritorno, ho avvertito un vuoto diverso dagli altri anni, come se avessi perso qualcosa, e tuttora quel qualcosa mi manca, ho celato le lacrime che scendevano dai miei occhi, come le gocce di quella pioggia lasciata alle spalle. Sfoglio le mie fotografie, sono tante da essere tentato di scartarne qualcuna. Ma li, in quelle istantanee di felicità, trovo i sorrisi, la bellezza, di ogni persona che ho incontrato. Trovo gli sguardi di chi ti dice GRAZIE per non aver fatto nulla in confronto a quello che hanno fatto gli altri per te, e scorgo i visi commossi che faticosamente tutti abbiamo nascosto durante il pellegrinaggio. Accarezzo i momenti e i ricordi di tutte le meravigliose parole che ho ascoltato, delle coccole che i miei compagni di viaggio mi hanno fatto, specialmente quelle di chi mi aveva appena conosciuto, mentre ruoto continuamente il bracciale che mi è stato regalato, quasi come a volerlo legare a quelle emozioni che sto rivivendo. Sono tante, come le foto, a partire da un bellissimo rosario recitato e cantato tra quelle carrozzine sorridenti. Ognuna con la propria voce, con le proprie difficolta d’espressione, ma meravigliosamente avvolgente. Vi sono foto, che non rappresentano un semplice istante catturato, ma con dietro una storia, che ho ascoltato prima di premere quel pulsante. Vi sono particolari, che ogni volta scorgo attraverso il mirino, e che sfuggono magari agli occhi degli altri. Ecco,… allora no, non scarto quasi nessuna, racconto per immagini gli abbracci, le emozioni, e i sorrisi di tutti. Come l’accoglienza dei fratelli e sorelle del primo anno, lacrime che non hanno né tempo né età, per quel “ECCOMI”. Fuori piove a dirotto, quindi questi momenti ce li facciamo durare a lungo, perché magari dovrà passare un anno per riviverli nuovamente. Nulla accade per caso a Lourdes, anche il fiume che si ritira velocemente l’ultimo giorno, e lascia noi partire con il passaggio di saluto alla grotta. Forse proprio per questo, li sotto, gli occhi si sono bagnati più del solito, e se non fossimo passati da lì quella ultima sera, con ancora le fiaccole in mano, ci sarebbe veramente mancato qualcosa. Non sono mai riuscito a contenere la tristezza del ritorno, ma quest’anno ho avuto più abbracci da distribuire , che mi hanno fatto pesare meno il distacco da quel luogo.

Certo ci si incontrerà in altre occasioni, ci racconteremo l’uno a l’altro, ma il viaggio in treno E’ IL NOSTRO VIAGGIO, quello dove non accusi stanchezza, ma rinvigorisci nella bellezza dello stare insieme, correndo dal primo al decimo vagone, saltando tra i cartoni del cibo appena distribuito, per arrivare a chi con l’ennesimo sorriso, ti porge un caffè e un pasticcino. Poi, ritorni in servizio, passando dalla cappella mai vuota, ti soffermi un attimo, e chiedi come al solito due cose, le stesse che chiedevi sotto quella grotta: un “qualcosa” per chi ti è caro, e per te di farti ritornare il prossimo anno. Questo è il treno, che pian piano si svuota, tra le carrozzine che scendono dal vagone più bello “il barellato”, e braccia che si agitano a salutare fino all’arrivo a casa. Vi sono cose che non si possono descrivere, bisogna viverle, ma aspettando il prossimo anno, possiamo intanto raccontarle a tutti quelli che cercano ovunque chissà quale felicità, tranne in chi magari è accanto, e di cui basta un sorriso, per riempirti il cuore, e farti star bene.

Pino Curtale per scattocontinuo.wordpress.com

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