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Intervista a Jessica Hausner

Viaggio a Lourdes con Jessica Hausner
a cura di Luciana Morelli

Presentato a Roma Lourdes, terzo film della regista austriaca Jessica Hausner, già autrice dell’horror claustrofobico Hotel, presentato all’ultima edizione della Mostra di Venezia dove ha riscosso un grande successo di pubblico e critica.

Non fatevi ingannare dal titolo e dalla locandina, Lourdes non è un film religioso, né semplicemente un film che parla di un pellegrinaggio a Lourdes, ma un film d’autore che esplora e riassume nella storia di una giovane donna inferma miracolata dopo un pellegrinaggio a Lourdes, l’essenza dell’essere umano, la nostra speranza di un futuro migliore, la solitudine, la missione di ognuno di noi su questa terra, la felicità come un qualcosa di fugace e assolutamente relativo, il significato profondo della vita che risiede nell’amore, un sentimento che ci accomuna tutti e ci accompagna dalla nascita alla morte. Il vero miracolo non è quello raccontato dal film ma che Lourdes sia arrivato nelle nostre sale, per di più in un momento in cui nel nostro paese le sale cinematografiche sono letteralmente invase da blockbuster americani e il box office sbancato dagli incassi stratosferici di Avatar. E’ questo un momento in cui il cinema d’autore fatica a uscir fuori ma come sempre c’è chi si arrende per ultimo e Cinecittà Luce, società distributrice del film che porterà ‘miracolosamente’ Lourdes in 70 sale italiane e nelle scuole di cinema, è uno dei pochi distributori italiani cui si deve riconoscere la strenua difesa dell’autorialità del cinema. Diretto dalla trentottenne regista viennese Jessica Hausner, apprezzata autrice di Lovely Rita e l’orrorifico Hotel, amante delle atmosfere claustrofobiche, delle messe in scena rigorose e delle inquadrature a camera fissa, Lourdes è un film concepito e realizzato da una donna di poca fede, non credente, senza contaminazioni religiose, senza archibugi di alcun tipo, crudo e spietato come non se ne vedevano da tempo. Frutto di cinque anni di lavorazione, di viaggi insieme ai pellegrini, di un’accurata scelta di casting e presentato in concorso all’ultima edizione della Mostra di Venezia dove ha riscosso grande successo di pubblica e critica, Lourdes uscirà nelle sale giovedì 11 febbraio prossimo, 152° anniversario della prima apparizione della Madonna nelle grotte di Lourdes alla quattordicenne che dopo la beatificazione è poi diventata Santa Bernadetta Soubirous, protettrice degli ammalati. Vi raccontiamo il nostro incontro con la regista austriaca che in occasione della presentazione del film ci ha raccotato il suo rapporto con la fede, con la vita, con Dio e con il cinema.

Sylvie Testud in un’immagine del film Lourdes Signora Hausner, il casting è stato sicuramente uno degli elementi più importanti del film, formato da bravissimi attori professionisti ma da tante comparse che a Lourdes lavorano e vanno in pellegrinaggio. Come ha scelto la Testud per il ruolo da protagonista?
Jessica Hausner: E’ stato un lavoro lungo, come accade sempre nei miei film presto molta attenzione agli attori e pretendo sempre il meglio. Per forza di cose le comparse sono state tantissime, non potevamo far chiudere il santuario per girare il film, e specialmente nelle riprese delle grotte molte delle persone che si vedono sono dei fedeli in visita, in quel frangente si può dire che si è girato quasi fosse un documentario. Quando ho incontrato per la prima volta Sylvie ho capito subito che era l’attrice giusta per il mio film, racchiudeva in sé la bravura, uno spiccato senso dell’umorismo, autoironia e anche il giusto pragmatismo per interpretare storie di questo tipo. Non le chiedevo di recitare nel ruolo di una donna malata e sofferente, volevo che la protagonista del mio film desse l’impressione di trovarsi lì quasi per caso, di essere su una sedia a rotelle ma molto più partecipativa di tanti altri, una che non capisce bene il motivo per cui è lì ma che fa questi pellegrinaggi per uscire dalla solitudine di una vita da handicappata, da emarginata.

Come avete lavorato su questo personaggio?

Jessica Hausner: La cosa più costruttiva e interessante che abbiamo fatto insieme durante la lavorazione è stato andare insieme ad esplorare cosa significa realmente essere malati, abbiamo visitato diverse donne malate di sclerosi multipla, abbiamo chiesto loro di raccontarci cosa significa essere malate, che vita è quella del malato cronico, le loro paure, le loro quotidianità di persone paralizzate che non sopportano di dipendere da chi sta loro intorno, la più grande apprensione del malato è questa, quella di regredire e tornare come quando si era bambini a non poter essere autosufficiente. E’ stato utilissimo sia per lei che per me ispirarci a queste emozioni e alle loro parole.

Elina Löwensohn in una scena di LourdesUno slogan papabile potrebbe essere quello che dopo la banalità del male, un sentimento che può albergare nelle persone più scontate, in Lourdes viene mostrata per la prima volta la crudeltà dei buoni credenti. E’ d’accordo?

Jessica Hausner: In questa comunità di credenti e devoti, come in ogni altra comunità, aleggia spesso un sentimento di crudeltà sotterranea, invidie e scetticismi in cui però personalmente non vedo il male, sono aspetti umani che non mi sento di condannare, che fanno parte di ogni essere umano: chi di noi non è mai stato egoista o non ha provato invidia? Mi sento di riuscire ad abbracciare e ad accettare questo tipo di crudeltà, non ci trovo niente di malvagio.

Lei come ha scoperto Lourdes?

Jessica Hausner: Ho sentito parlare per la prima volta di Lourdes proprio in occasione del film, volevo fare un film sui miracoli in generale e lo studio preventivo dei luoghi in cui ambientarlo ha posto Lourdes come hot spot, il luogo dei miracoli per eccellenza, dove questi fatti inspiegabili avvengono regolarmente e sono persino analizzati a livello ufficiale dalla Chiesa e sotto il profilo medico. Ritenevo fosse una cosa così particolare e unica che non potevo non girarlo ed ambientarlo lì.

Un’immagine di gruppo tratta dal film Lourdes Qual’è il suo rapporto con la fede e con la speranza di un mondo migliore fatto di carità e uguaglianze?

Jessica Hausner: Quel che per me è difficile da accettare della religione cattolica è proprio questa visione, questo sguardo verso il futuro senza che il presente sia in qualche modo beneficiario di nessun ottimismo. Pensare ad una salvezza che forse avverrà e che forse i credenti verranno premiati con la vita eterna mi rende a volte molto difficile la vita presente, non si hanno certezze di alcun tipo. Ho difficoltà ad essere credente proprio per questo motivo.

I miracoli dunque non sono un premio per i più fedeli…

Jessica Hausner: Prima di realizzare il film ho fatto diverse ricerche, volevo capire fin nei minimi dettagli questa favola per adulti che si racconta su Lourdes, un posto in cui si va a pregare e poi si guarisce. E’ tutto vero, ci sono stati tanti miracoli non spiegabili dal punto di vista medico ma il mio intento era quello di volgere lo sguardo più in là, tutto quel che accade a Lourdes non vuol dire che Dio vuole fare miracoli per manifestarsi e dimostrarci che esiste e che è buono, è il contrario esatto. Il miracolo è arbitrario, non segue regole, è la cosa più casuale che possa esistere, almeno per me.

Léa Seydoux e Sylvie Testud in una scena del film Lourdes Perchè la decisione di concludere il film con alcuni dei più grandi tormentoni della nostra musica leggera?

Jessica Hausner: A Lourdes vanno tantissimi italiani, molti di più dei francesi e quindi è capitato che nelle feste conclusive dei pellegrinaggi si suonino e cantino le canzoni italiane più famose. Quello che mostro nel film è davvero quel che accade nella realtà di questi viaggi della speranza, la scelta di usare Felicità (il successo di Albano e Romina Power, ndr) l’ho scelta proprio per il suo contenuto, la trovavo straordinaria nel contesto drammatico finale del film.

E’ stato difficile convincere le autorità a girare a Lourdes? Avete avuto censure o controlli particolari?

Jessica Hausner: E’ stata una ricerca lunga la mia, quando scelgo una location per un film ho bisogno di familiarizzare con essa, ho fatto due o tre viaggi organizzati insieme a gruppi di pellegrini, sono stata a lungo indecisa se girarlo o meno questo film, volevo essere sicura di volerla e poterla raccontare questa storia, non ho avuto da subito le idee chiare in proposito. Inizialmente ho preso contatti con l’ufficio stampa, per fare delle foto e alcune videoriprese, quindi loro mi conoscevano e col tempo poi si è creata fiducia reciproca anche se quando ho detto loro di voler girare un film lì al santuario la reazione è stata poco convinta, avevano paura che causassi problemi di logistica. Non mi rendevo conto che ci sono dai sei agli otto milioni di richieste di visita ogni anno, quindi il problema maggiore è stato quello di trovare momenti adatti per girare, in cui non fosse tutto esaurito. Non ho avuto nessuna richiesta di controllo di contenuti, le autorità non hanno voluto nè leggere la sceneggiatura né vedere il film. E’ bastato un solo colloquio e tutto è filato liscio.

Lourdes è anche una riflessione sulla malattia, su come venga negata e rimossa nella nostra società fatta di individui belli, sani e giovani. Cosa l’attirava di questo argomento?

Jessica Hausner: Ogni cosa che vedete nel film è intesa in senso metaforico, non mi interessava in sé la guarigione fisica della protagonista paralizzata ma era mia intenzione piuttosto presentare qualcosa che avesse a che fare con l’anima, con gli impedimenti e le privazioni che ci impone la vita, con le limitazioni dell’essere umano nella sua accezione più filosofica. Non si può avere tutto dalla vita, a volte la vita viene sconvolta o ridotta in una situazione particolare da eventi che non dipendono da noi e sono del tutto casuali. La protagonista è un po’ il simbolo, incarna un po’ tutti questi aspetti, c’è un momento in cui prova a liberarsi delle sue catene e a vivere la vita pienamente, senza sentirsi in gabbia.

Jacques Pratoussy, Sylvie Testud e Gilette Barbier in una scena del film Lourdes Come si spiega lei questi mutamenti fisici che in certi luoghi si crede possano essere messi in moto da un’energia interiore e colletiva? Si è fatta un’idea di cosa succede in quei momenti?

Jessica Hausner: Non è importante che il miracolo sia considerato tale, quello che interessava a me è che fosse un modo per rappresentare la salvezza come una cosa relativa. Non è importante se la protagonista alla fine sia guarita o meno ma la cosa veramente importante è la sua presa di coscienza sulla transitorietà della vita e della felicità. Ho scelto l’argomento miracoli proprio perchè non c’è una risposta, può essere autosuggestione, forza psichica, dinamiche di gruppo che si scatenano improvvissamente, ma queste guarigioni non accadono solo a Lourdes, avvengono anche in ospedali e sono assolutamente inspiegabili. Si dice che la fede può smuovere le montagne ma io volevo sottolineare la casualità della religione, per questo il miracolo colpisce proprio lei, una che non è proprio una fedele credente e praticante.

Cosa si porterà dietro di questa esperienza da regista e da semplice visitatrice del santuario di Lourdes? Cosa l’ha colpita di più?

Jessica Hausner: Prima di andare a Lourdes sentivo che probabilmente il viaggio mi avrebbe potuto aiutare ad acquistare una fede che non ho ma dopo la fine delle riprese è stato tutto chiarissimo. Per me Dio o si è addormentato o non esiste, anzichè acquistare fede l’ho persa totalmente. Le lunghe attese sono state motivo di riflessione e contemplazione, ore e ore di fila per un bagno nell’acqua di Lourdes che speravo potesse avere qualche effetto benefico su di me. Alla fine dei conti è stata un’esperienza scioccante, ho provato un senso di ripugnanza nell’immergermi in quella fontana, cambiano l’acqua una sola volta al giorno e prima di me si era immersa una donna con un’orribile malattia della pelle. Ho sofferto molto freddo, è stata una cosa schifosa, appena fuori sono corsa in albergo a farmi una doccia.

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