Nel centenario della nascita, ricordi di una donna molto speciale, dalla bontà senza confini
In molte parti del mondo sono in corso manifestazioni per ricordare il centenario della nascita di Madre Teresa di Calcutta, che cade il 26 agosto. Grandi cerimonie in India, a Calcutta, dove la Madre è vissuta per la maggior parte della sua esistenza terrena e dove è sepolta, in Albania, dove era nata, ma ovunque, numerosissime sono le piccole iniziative, a livello popolare, nelle parrocchie e nella associazioni di volontariato, soprattutto organizzate dai giovani per ricordare questa straordinaria figura.
Con Padre Pio e Giovanni Paolo II, Madre Teresa è stata una delle persone che hanno profondamente segnato la storia del cristianesimo del nostro tempo. Padre Pio, con la fiamma della sua altissima esperienza mistica; Giovanni Paolo II con il vento impetuoso dell’azione e dei continui viaggi apostolici; Madre Teresa con l’amore, nudo e assoluto, verso gli ultimi. Le loro vicende, i loro insegnamenti, i loro esempi hanno toccato credenti e non credenti, e continuano ad essere vivi.
Tutti coloro che hanno conosciuto Madre Teresa sono in possesso di ricordi straordinari. Soprattutto le persone che sono vissute accanto a lei. Ma anche i giornalisti che l’hanno avvicinata per lavoro. Noi giornalisti, proprio grazie alla nostra professione, ci troviamo, e non raramente, a incontrare i personaggi più disparati.
Per quarant’anni ho fatto l’inviato speciale in grandi settimanali ed ho conosciuto e intervistato una folla sterminata di persone famose: artisti, politici, scienziati, campioni dello sport, divi dello spettacolo, protagonisti di fatti di cronaca, assassini e anche santi.
Tra i “santi”, ci sono stati Padre Pio, Madre Teresa, Giovanni XXIII, ma anche altri, il cui processo di beatificazione è in corso, come Giovanni Paolo II, Madre Speranza, Giorgio La Pira, Marcello Candia, Fra Cecilio Cortinovis e altri. Su tutti ho scritto articoli e anche libri. Di tutti conservo ricordi speciali, perché queste persone hanno un carisma irresistibile e una volta conosciuti è impossibile dimenticarli. Rappresentano la vita nella sua accezione essenziale ed eterna, e trasmettono speranze che oltrepassano le barriere del tempo. Su tutti, il ricordo più vivo, è quello legato a Madre Teresa.
Per una serie di strane coincidenze, con lei ho avuto diversi incontri, lunghe conversazioni, viaggi in macchina. Posso dire che avevo per lei affetto profondo, e lei mi dimostrava una benevolenza tale che io giudicavo amicizia e la mia superficiale vanità mi ha spinto a volte ad approfittarne, chiedendo anche favori che già in partenza io stesso giudicavo “impossibili”. Eppure, nella sua infinita bontà, la Madre trovava sempre il modo di accontentarmi.
Incredibile. Sono certo che tutti coloro che hanno avvicinato Madre Teresa, hanno constatato questa sua amorosa disponibilità. Era certamente una grande santa ma insieme una donna di una sensibilità umana così deliziosa, di una bontà d’animo così grande da sentirsi triste se non riusciva ad accontentare chi le chiedeva qualche cosa.
Ho scritto tanti articoli su Madre Teresa, e anche alcuni libri. Ora, per il centenario della sua nascita, ho raccolto in un volumetto, edito dalla casa Editrice Ancora, alcuni ricordi e soprattutto “le parole” che nei vari incontri la Madre mi ha regalato. Non amava molto parlare. Ma quando lo faceva, era estremamente affascinante con quel suo modo essenziale e incisivo di esporre i suoi pensieri. Parlava preferibilmente per immagini. I suoi ragionamenti erano una sequenza di fatti che portavano a una inevitabile conclusione.
Il mio libro si intitola “Madre Teresa mi ha detto”. Titolo pretenzioso. Forse solo chi è vissuto a lungo accanto alla suora di Calcutta potrebbe usare per un libro un titolo del genere, e non è il mio caso. Io ho conosciuto Madre Teresa, l’ho intervistata diverse volte, ma nulla di più. Però, come ho detto, proprio e solo per la sua benevolenza, mi sentivo a lei molto vicino e quel titolo, “Madre Teresa mi ha detto”, rispecchia una straordinaria realtà.
Nel 1965, leggendo un libro di Pier Paolo Pasolini, trovai alcune righe dedicate a Madre Teresa che lo scrittore aveva incontrato durante un suo viaggio in India. Il fatto che Pasolini fosse stato molto colpito dalla suora, mi incuriosiva. Fu il primo contatto. Cominciai a raccogliere informazioni e ogni nuovo dato faceva aumentare la mia curiosità. Decisi che dovevo incontrare e intervistare quella suora. Ci riuscii dopo un’attesa di quindici anni. Ma non si trattò di una intervista. Fu l’inizio di una serie di incontri.
Gli aspetti che mi colpirono subito in lei furono una sensibilità umana grandissima e una bontà sconfinata. Io ero un giornalista qualsiasi, in pratica uno scocciatore che le faceva perdere tempo. Ma anche quando mi dilungavo in domande forse inutili e a volte poco pertinenti non ho mai visto sul suo viso il più piccolo segno di contrarietà.
Quando era a Roma, e le chiedevo di vederla, mi dava appuntamento nel conventino al Celio, dove c’è la Casa madre delle suore da lei fondate, le Missionarie della carità.
Diceva: “L’aspetto domattina alle cinque e mezzo”. A quell’ora, nel conventino c’era la Messa riservata alle suore e la Madre desiderava che, prima di parlare con me, ci trovassimo uniti nella preghiera. Arrivavo puntuale e trovavo, sulla porticina del convento, una suora che mi aspettava e mi accompagna nella cappellina. Seguivo la Messa accanto alla Madre, che stava inginocchiata sul pavimento, in fondo alla cappellina. Per me, invece, faceva preparare un inginocchiatoio comodo e anche una sedia. Dal mio posto, potevo osservare tutte le suore e anche la Madre, che non faceva proprio niente di speciale. Era rannicchiata su se stessa, quasi a formare una palla, e stava concentrata nell’orazione silenziosa come se non esistesse. Ma proprio da quella posizione di annullamento anche fisico, trasmetteva una energia potente e infinite considerazioni che lunghe conversazioni non sarebbero state in grado di suggerire.
Dopo la Messa, la suora che mi aveva accolto mi accompagnava in una stanzuccia del conventino, dove infallibilmente, poco dopo, arrivava la Madre con un vassoio per la colazione. Madre Teresa mi serviva la colazione. Non permetteva di farlo a una delle sue suore, magari a quella che mi aveva accolto sulla porta del conventino. Voleva farlo lei. La prima volta ero confuso e cercai di impedirglielo, dicendo che non avevo fame, che al mattino non mangiavo mai. Ma aveva intuito il mio imbarazzo e non ci fu modo di fermarla. Mi serviva con un commovente amore materno. Caffè, latte, marmellata, fette biscottate. Si preoccupava che mangiassi. E quelle sue attenzioni parlavano più delle interviste. Poi, alla fine della colazione, mi concedeva il suo tempo. Io prendevo i miei appunti con le domande, accendevo il registratore e lei rispondeva.
Riascoltando quelle conversazioni, mi rendo conto che le mie domande erano a volte stupide, inutili, superficiali, ma lei sempre rispondeva con calma portando la conversazione su tematiche importanti o evidenziando, di certi fatti, l’aspetto nel quale si concentrava l’insegnamento.
Come ho detto, quando avevo preso una certa confidenza le chiesi anche dei favori poco pertinenti con il suo stato di religiosa.
Un giorno le chiesi se accettava di fare da madrina a un battesimo. A Natale del 1985, Al Bano, il famoso cantante pugliese, era diventato padre per la terza volta: una bambina, Cristel. Siamo molto amici, fin dagli esordi della sua carriera. Sono stato anche testimone di nozze al suo matrimonio con Romina Power e lui ha tenuto a battesimo uno dei miei figli. Un’amicizia che, con il tempo, è diventata quasi una parentela. A maggio del 1986, Cristel aveva già cinque mesi e non era ancora stata battezzata.
Sapevo che Al Bano aveva una solida e concreta fede religiosa. Gli chiesi perciò come mai non avesse ancora battezzato la figlia. Mi disse che continuava rimandare la cerimonia del battesimo perché non voleva che il rito religioso si trasformasse in una gazzarra, con fotografi e giornalisti, come era accaduto per il suo matrimonio.
Cercava un’occasione per una cerimonia religiosa privata, e mi chiese di aiutarlo a organizzarla, magari a Roma. Lo feci volentieri. Parlai con il vescovo slovacco monsignor Pavel Hnilica. Una persona straordinaria, un santo anche lui, amico di Madre Teresa ed era stato lui a presentarmi alla suora. Chiesi a monsignore se poteva battezzare la figlia del mio amico.
E gli chiesi anche se fosse stato possibile avere Madre Teresa come madrina. <<Non credo proprio>>, disse il vescovo. <<Ma ti consiglio di chiederglielo direttamente, è una donna imprevedibile>>. La Madre era a Roma. Mi feci coraggio e glielo chiesi. Mi guardò seria, poi rispose: “Come religiosa, non posso prendermi questa responsabilità giuridica. Ma posso fare da madrina spirituale>>.
E così avvenne. Il battesimo fu celebrato nella cappella privata del vescovo. Alla bambina vennero dati i nomi di Cristel, Maria Chiara e Teresa. Un solo fotografo era presente e le foto vennero poi diffuse gratuitamente in tutto il mondo, pubblicate ovunque, anche in Giappone.
Due anni dopo, nell’agosto del 1988, alcuni amici mi parlarono di una storia molto commovente. Una giovane coppia di un paesino vicino al Lago di Bracciano, aveva avuto cinque gemelli. Come spesso accadde in quei casi, i piccoli furono tenuti per diverso tempo in incubatrice. In pratica, furono salvati dall’amore grandissimo dei loro genitori e dalle cure dei medici.
Quando finalmente uscirono dall’ospedale, si pensò al battesimo. <<Bisogna fare una grande festa>>, dicevano gli amici della coppia. Uno chiese a me di organizzare qualcosa per attrarre l’attenzione dei giornali. Pensai a Madre Teresa. Ero certo che, conosciuta la storia, avrebbe accettato. E fu così. La cerimonia si tenne nella chiesetta antica di Santa Maria di Galeria. Ognuno dei cinque gemellini aveva un suo padrino, come è previsto dalla Chiesa, ma tutti ebbero Madre Teresa di Calcutta quale loro “madrina spirituale”. La Madre, benchè piena di impegni, dedicò mezza giornata a quel battesimo. Si fece accompagnare sul lago di Bracciano e partecipò a tutta la cerimonia. I giornali naturalmente scrissero, pubblicarono fotografie e ci fu grande festa.
Quando penso a Madre Teresa, l’immagine che mi si presenta subito alla mente è lei in preghiera. La prima volta che viaggiai in macchina con lei, ebbi l’onore di sederle accanto. Dovevamo spostarci dalla Casilina, in periferia di Roma, dove c’è una casa delle “Missionarie della carità”, al Vaticano, dove la Madre sarebbe stata ricevuta dal Papa. Avevamo parlato a lungo quella mattina e avevamo fatto tardi. Salimmo in macchina. Guidava il fratello di monsignor Hnilica. Il vescovo sedette accanto al proprio fratello e io accanto a Madre Teresa.
La macchina partì velocissima perché avevamo fretta, eravamo in ritardo. Non si poteva assolutamente fare aspettare il Papa. Madre Teresa guardava dal finestrino. Il suo viso era sereno. Dopo qualche minuto, la Madre ci chiese di pregare con lei. Si fece il segno della croce, da una tasca del suo sari estrasse un rosario. Pregava adagio, con voce sommessa, recitando il “Padre Nostro” e le “Ave Maria” in latino.
Noi pregavamo con lei.
La macchina sfrecciava nervosa nel traffico caotico e intenso. A volte si fermava bruscamente, sterzava di scatto, ri¬partiva imperiosa, abbordava le curve temerariamente, veniva sfiorata da altre auto, impazienti e aggressive, che lanciavano minacce con lancinanti colpi di claxon. Io ero aggrappato alla maniglia e guardavo con preoccupazione l’autista, bravissimo ma spericolato. Madre Teresa, invece, era assorta nella preghiera e non si accorgeva di niente.
Rannicchiata sul sedile, era in colloquio con Dio. Aveva gli occhi socchiusi. Il volto rugoso, piegato sul petto, era trasfigurato. Sembrava quasi emanasse luce.
Le parole della preghiera uscivano dalle sue labbra precise, chiare, lente, quasi si fermasse ad assaporare il significato di ognuna. Non avevano la cadenza di una formula continuamente ripetuta, ma la freschezza del dialogo, di una conversazione viva, appassionata. Sembrava che la Madre parlasse realmente con una presenza invisibile.
Un giorno le chiesi, all’improvviso: <<Ha paura di morire?>>.
Ero a Roma da alcuni giorni. L’avevo incontrata un paio di volte ed ero andato a salutarla perché tornavo a Milano.
Lei mi guardò quasi a voler capire la ragione della mia domanda. Pensai di aver fatto male a parlare di morte e cercai di correggere il tiro.
<<La vedo riposata>>, dissi. <<Ieri, invece, mi sembrava molto stanca>>.
<<Ho riposato bene questa notte>>, rispose.
<<Negli ultimi anni lei ha subito alcuni interventi chirurgici piuttosto delicati, come quello al cuore: dovrebbe riguardarsi, viaggiare meno>>.
<<Me lo dicono tutti, ma io devo pensare all’opera che Gesù mi ha affidato. Quando non servirò più, sarà Lui a fermarmi>>.
E cambiando argomento, chiese: <<Dove abita?>>. <<A Milano>>, risposi. <<Quando torna a casa?>>.
<<Spero questa sera stessa. Vorrei prendere l’ultimo aereo, così, domani, che è sabato, posso stare in famiglia>>.
<< Ah, vedo che lei è felice di tornare a casa, dalla sua famiglia>>, disse lei sorridendo. <<Manco da quasi una settimana>>, risposi per giustificare il mio entusiasmo. <<Bene bene>>, aggiunse. <<E’ giusto che lei sia contento. Va a trovare sua moglie, i suoi bambini, i suoi cari, la sua casa. E giusto che sia così>>.
Rimase ancora per alcuni attimi in silenzio, poi, riallacciandosi alla domanda che le avevo fatto, continuò: <<Io sarei contenta come lei se potessi dire che questa sera muoio. Morendo andrei a casa anch’io. Andrei in paradiso. Andrei a trovare Gesù. Io ho consacrato la mia vita a Gesù. Diventando suora, sono diventata la sposa di Gesù. Vede, porto l’anello al dito come le donne sposate. E io sono sposata a Gesù. Tutto quello che faccio qui, su questa terrà, lo faccio per amore suo. Quindi, morendo, tornerei a casa. Dal mio sposo. Inoltre, lassù, in paradiso, troverei anche tutti i miei cari. Migliaia di persone sono morte tra le mie braccia. Sono ormai più di quarant’anni che dedico la mia vita agli ammalati e ai moribondi. Io e le mie suore abbiamo raccolto per le strade, soprattutto in India, migliaia e migliaia di persone in fin di vita. Le abbiamo portate nelle nostre case e le abbiamo aiutare a morire serene.
Molte di quelle persone sono spirate tra le mie braccia, mentre io sorridevo loro e accarezzavo i loro volti tremanti. Ebbene, quando muoio, io vado a trovare tutte queste persone. Sono là che mi aspettano. Ci siamo voluti bene in quegli attimi difficili. Abbiamo continuato a volerci bene nel ricordo. Chissà quale festa mi faranno vedendomi. Come posso aver paura della morte? Io la desidero, l’aspetto perché finalmente mi permette di tornare a casa>>.
In genere, nelle interviste, e anche nelle conversazioni, Madre Teresa era concisa, dava risposte brevi e veloci. In quell’occasione, per rispondere a quella mia strana domanda, aveva affrontato un autentico discorso. E mentre diceva quelle cose, i suoi occhi sfavillavano di una serenità e di una felicità sorprendenti.
Renzo Allegri