Sconcertante e drammatica meditazione sulla Passione di Gesù, in casa di un grande scienziato
La Sindone è un grande lenzuolo di lino che, secondo una antica tradizione cristiana, avrebbe avvolto il corpo di Gesù morto.
Su questo lenzuolo, che ora si conserva nel Duomo di Torino, vi è impressa una doppia immagine speculare, cioè frontale e dorsale, di un corpo sul quale sono riscontrabili tutti i segni della passione e morte di Gesù, come sono descritti dai Vangeli.
Per questa ragione, la Sindone è sempre stata venerata dai cristiani lungo il corso dei secoli e per questa ragione oggi, nel nostro tempo dove la Scienza è all’apice della sua potenza, è l’oggetto più discusso e più studiato che ci sia al mondo.
La Scienza ha raggiunto delle certezze: l’immagine che si vede sulla Sindone non è pittura, non è un disegno, non è neppure un’immagine ottenuta con l’impressione a fuoco. Se guardata da vicino, quasi non si vede. Da lontano, invece, si vede benissimo. Un pittore, quindi, non può aver dipinto ciò che lui stesso non poteva vedere mentre lavorava. Inoltre, su quell’immagine non ci sono tracce di pigmenti coloranti di nessun genere. Invece sono state trovate tracce di sangue umano. L’elaborazione al computer ha mostrato che quell’immagine ha delle proprietà tridimensionali, che non appartengono né ai dipinti né alle normali fotografie. Quando venne fotografata per la prima volta nel 1898, si scoprì che l’immagine si presenta come un negativo fotografico.
Nessuno degli innumerevoli tentativi scientifici fatti nei laboratori più sofisticati è riuscito a riprodurre su un tessuto tutte queste singolari caratteristiche. Non è quindi attualmente possibile spiegare come si sia formata l’immagine sindonica. E neppure stabilire la data della sua origine. Nel 1988 alcuni fili del lenzuolo sindonico vennero sottoposti all’esame del Carbonio 14, ritenuto prova infallibile, che indicò come data di origine della stoffa un periodo tra il 1260 e il 1390. Secondo questo esame quindi, al Sindone era un falso. Ma in seguito, quell’esame risultò errato e oggi più nessun scienziato lo prende in considerazione.
Comunque, per il fatto che quell’immagine è quella di un uomo morto crocifisso, che presenta sul corpo tutte le torture subite da Gesù, come raccontano i Vangeli, resta per i credenti una reliquia preziosissima.
Tra gli scienziati che si sono dedicati allo studio di “segni” presenti sulla Sindone, spicca il nome del professor Giovanni Judica Cordiglia. Un luminare della Scienza medica a livello mondiale. Laureato in medicina e chirurgia a Torino, in giurisprudenza a Pavia, docente di medicina legale all’ università di Milano, autore di numerose pubblicazioni, è passato alla storia come uno dei più autorevoli studiosi dei “segni” presenti sulla Sindone. I suoi libri su questo argomento, sono stati tradotti in tutto il mondo e costituiscono ancora un testo insuperato.
Lo intervistai alcune volte. Un giorno della fine marzo 1977, trascorsi un intero pomeriggio nella sua casa a San Maurizio Canavese in provincia di Torino. Il professore aveva allora 76 anni. Quell’anno, Pasqua cadeva il 10 aprile. Ero andato da lui a chiedergli di raccontarmi ciò che un grande patologo poteva ricavare dello studio dei segni presenti sulla Sindone.
Per un medico legale, quei “segni” non avevano segreti.
Era una giornate rigida. Quasi invernale. Il professore parlava con serenità. Le sue parole non erano pie riflessioni, supposizioni, mere congetture, ma resoconti scientifici di eventi accaduti centinaia di anni prima ma e che avevano lasciato la loro storia impressa su quel lenzuolo e quella storia era stata letta e decifrata meticolosamente da un grande scienziato. Il professore parlò a lungo, e quella fu la più sconcertante e drammatica meditazione sulla Passione di Cristo che io, in seguito, abbia mai più sentito o letto.
<<Com’era l’uomo che fu avvolto nella Sindone? gli domandai
<<Per quello che ho visto, era un uomo perfetto. Maestoso nel portamento, forte, bello e prestante nelle membra; severo e grave nell’aspetto che i patimenti non avevano devastato. Era alto almeno un metro e 80 centimetri. Cranio capace; la faccia alquanto allungata, la fronte vasta e diritta; il naso rettilineo, lievemente rivolto in basso, con zigomi grandi e un poco sporgenti. Era armonioso nelle linee del tronco e degli arti e proporzionato, in modo scultoreo, sia nella lunghezza come nella larghezza: un uomo pieno di forza e di virilità.
<<Dai dati forniti dalla Sindone è possibile rilevare il genere di torture fisiche cui fu sottoposto prima della morte?>>.
<<Studiando a fondo il volto, soprattutto attraverso l’immagine che si ottiene con il positivo fotografico, vediamo macchie ed impronte, più o meno intense, a seconda della entità della lesione o della quantità di sangue che ricopriva la pelle venuta a contatto con il lenzuolo. La parte destra del volto presenta il maggior numero di lesioni e di ferite. E’ più deformata e più gonfia della sinistra. Delle ecchimosi provocarono la caratteristica colorazione bluastra della faccia che appare rigonfia, gremita di travasi sanguigni puntiformi, con labbra e palpebre edematose. Sul volto, così ridotto, vennero inferti altri colpi che provocarono escoriazioni e ferite.
<<Al margine del sopracciglio destro, a un centimetro e mezzo dalla radice del naso, si osserva una lesione lineare, a margini seghettati; più in basso ce n’è un’altra simile. Intorno a queste lesioni ci sono zone più o meno intensamente colorate, diffuse: si tratta di un focolaio escoriativo-contusivo provocato da un cor¬po dalla superficie non troppo estesa, evidentemente un bastone.
<<L’evangelista Giovanni racconta che durante l’interrogatorio, nella casa del Sommo Sacerdote, dove si era radunato il Sinedrio, Gesù venne lasciato in balia degli sgherri che lo maltrattarono fino al mattino. Per una risposta di Gesù giudicata impertinente, una delle guardie lo colpì sul volto.
<< Il testo latino parla di “schiaffo”; quello greco invece adopera un sostantivo e un verbo che significano “battere con un bastone”.
<< Nella Sindone quel colpo di bastone è ben visibile. La forma di questa lesione riproduce lo strumento che l’ha prodotta e la modalità con cui venne inferta. Si tratta di una bastonata, inferta con un bastone piuttosto corto, del diametro di 4-5 centimetri. Fu una bastonata violenta, che agì con maggior forza all’estremità, cioè sul naso e subito sotto lo zigomo. Fu inferta da un individuo che si trovava alla destra di Gesù ma che teneva il bastone nella sinistra. Questo particolare ci dice che fu un ebreo a colpire: gli ebrei infatti scrivevano con la sinistra e bastonavano con la sinistra, mentre i romani adoperavano la destra.
Il colpo non provocò la frattura del naso ma la rottura del setto cartilaginoso e la deviazione verso sinistra>>.
Fu il Sinedrio ebraico a condannare a morte Gesù, durante quella notte. E poi lo fece portare da Pilano per ottenere una condanna ufficiale. Pilano non voleva emetterla e nel tentativo di evitarla, fece flagellare Gesù. Sulla Sindone si riscontrano i segni di quella flagellazione?
<<In modo evidentissimo. La flagellazione era una pena barbara che veniva inflitta in genere ai condannati a morte. Il condannato veniva spogliato e le sue mani venivano legate a una colonna alta circa settanta centimetri che alla sommità aveva un anello di ferro. In quella posizione, leggermente incurvata in avanti, il condannato offriva tutto il corpo ai colpi dei flagelli: la schiena, il torace, i finche, l’addome.
<<Gli arnesi per quella tortura erano tre: le verghe adoperate per i liberti; i bastoni per i soldati; i flagelli, fruste con corregge di cuoio, che al termine avevano pallottole di piombo o di osso, per gli schiavi. Per Gesù si adoperò quest’ultimo.
<< Dalla Sindone si deduce che fu flagellato con violenza spaventosa. I flagellatori erano due: uno molto alto, l’altro più piccolo, ma tutti e due molto robusti. Il supplizio fu inflitto alla maniera romana, cioè senza un numero determinato di colpi. Si smetteva quando il comandante diceva basta o il condannato cadeva per terra morto.
<<Vari studiosi hanno tentato di contare i colpi di flagello inflitti a Gesù: Il Vignon, ne contò 80; il Barbet, 120; il Ricci, 90. E’ impossibile stabilire chi sia arrivato più vicino al vero. Anch’io ho tentato di contare quei colpi arrivando a una sola conclusione: la schiena di Gesù era ridotta a una poltiglia di carne maciullata, tutta una piaga dove è impossibile trovare anche un pezzettino di pelle intatta grosso come la capocchia di uno spillo.
<<Le lesioni sono di due specie: quelle provocate dalle pallottole di piombo hanno forma rotondeggiante e sono profonde nella cute e nei muscoli fino a spolpare le ossa; quelle provocate dalla corregge sono lineari e curvilinee, a fascia.
<<Il dolore fisico di quel supplizio è inimmaginabile. Solo una persona dalla forza spirituale del Cristo poteva resistere senza svenire e senza gridare selvaggiamente.
<<Oltre alle ferite visibili, la flagellazione ha provocato anche danni interni di notevole gravità, a carico dei visceri, del torace, dell’addome. Non occorre essere traumatologi per afferrarlo esplicitamente. Basterebbe pensare ai danni che può arrecare un semplice pugno o una bastonata sul torace o sull’addome. Ciò che avvenne sul corpo dei Cristo fu molto più di una gragnuola di pugni. Le pallottole di piombo incrinarono certamente qualche costola e provocarono contusioni ai visceri>>.
Dopo la flagellazione, Gesù venne incoronato di spine.
<<La Sindone mostra in tutto il suo crudo verismo come avvenne l’incoronazione di spine. Numerose sono le tracce di sangue intorno al capo, disposte a raggiera.
<< La grande quantità di sangue spiega come la corona di spine sia stata non soltanto posta sul capo ma ripetutamente pressata.
<<La corona era probabilmente fatta con rami spinosi tenuti insieme da un cerchio di giunchi, che giravano intorno ad essi.
<<Vari studiosi della Sindone hanno cercato di stabilire quante spine si siano conficcate nel cuoio capelluto del Cristo. Osservando i vari coaguli, si ha la certezza di almeno una trentina: 13 nella fronte e 20 nella regione occipitale. Ma il lenzuolo copriva solo la parte anteriore e posteriore del capo del Cristo, lasciando scoperti i lati. Manca quindi la documentazione della parte destra e sinistra. Tenendo conto anche di questi due lati, almeno una cinquantina di spine torturarono il capo del Cristo.
<<Il dolore provocato da questo supplizio è inimmaginabile. La fronte, le tempie e in genere tutto il cuoio capelluto hanno una ricca innervazione sensitiva, che proviene dal trigemino e dai nervi cervicali, le cui affezioni nevralgiche sono tra le più dolorose del corpo umano. Le tempie e la fronte sono parti cutanee dove la sensibilità dolorifica è fortissima, paragonabile a quella della punta della lingua. Quindi, le sensazioni dolorose provate a Gesù per l’incoronazione di spine, devono essere state spaventose.
<<Egli tenne la corona di spine fino alla morte. Ogni movimento del capo provocava spasmi lancinanti. Durante la salita al calvario con la croce sulle spalle, Gesù cadde diverse volte: ad ogni caduta il palo della croce scivolava sulla testa andando a premere con forza sulla corona di spine che si conficcava sempre più nella carne>>.
E poi arrivò la crocifissione
<<E’ difficile parlare della crocifissione. Per spiegare esattamente che cosa avvenne e dare quindi un concetto abbastanza completo dei dolori fisici provati al Cristo, bisognerebbe illustrare nei dettagli le parti anatomiche interessate. Ma questo ci porterebbe a un discorso tecnico difficile.
<<La crocifissione era uno dei più orrendi castighi, inventati dalla crudeltà dell’uomo. “Massima pena”, era chiamata dagli scrittori romani; e ancora “pena di morte per gli schiavi”; “pena che non solo deve stare lontana dal corpo dei cittadini romani ma anche dai loro occhi, dai loro pensieri, dal loro orecchio”.
<<I modi in cui la crocifissione era eseguita variavano secondo le circostanze e i capricci dei carnefici. In genere, il condannato portava il “patibulum”, cioè il palo traversale della croce, fino al luogo del supplizio dove era già stato eretto lo “stipes”, cioè il palo longitudinale. Qui il condannato veniva spogliato e inchiodato con le braccia aperte, steso a terra, al “patibulum”. Poi il “patibulum” con il corpo appeso veniva issato e assicurato allo “stipes”. Infine si procedeva a inchiodare i piedi.
<<Quando misero il “patibulum” sulle spalle di Cristo perché lo portasse sul Golgota, egli era già all’estremo delle forze. I terribili e numerosi tormenti subiti lo avevano distrutto. Le ferite, le complicazioni interne, le emorragie, la perdita di sangue, i processi infettivi in corso su tutto il corpo piagato, lo avevano portato già in uno stato vicino alla morte. Per questo, il viaggio al calvario, benché non molto lungo, fu faticosissimo. Gesù cadde diverse volte e ad un certo momento i soldati gli misero accanto un “cireneo” che lo aiutasse a sostenere il “patibulum”, perché temevano morisse prima di giungere a destinazione.
<<Nella Sindone sono ben visibili le ferite provocate ai ginocchi durante le cadute sulla strada del calvario, come pure i segni lasciati dal “patibulum” sulla schiena.
<<Sulla spalla destra si nota una vasta zona escoriata e contusa, quadrangolare, misurante 10 centimetri per 9. Un’altra zona della stessa grandezza, e che presenta le stesse caratteristiche, si trova sulla regione scapolare sinistra. Queste due zone dimostrano che su di esse è gravato, sia pure attraverso la veste, un oggetto rugoso, di notevole peso, mobile, dello spessore di circa 14 centimetri, il quale sfregando sulla schiena già tutta una piaga per la flagellazione, ha riaperto e deformato le lesioni, lacerandone i margini e formandone altre più profonde.
<<Osservando la figura della Sindone, vediamo che Gesù è posto in questo atteggiamento: braccia disposte obliquamente al corpo e verso l’interno, avambracci lievemente piegati, mani incrociate a livello della regione pubica. Delle mani non sono visibili i pollici. Inoltre, a livello dei polsi ci sono delle grosse ferite. Questo dimostra che Gesù è stato crocifisso con chiodi piantati nei polsi. Un chiodo confitto nel palmo della mano non avrebbe potuto sostenere il peso di un corpo di circa 80 chilogrammi. Numerosi esperimenti da me compiuti mi hanno portato a stabilire che il chiodo fu appoggiato verticalmente a metà della piega della flessione del polso e poi, con un colpo preciso, spinto nei tessuti.
<< Tra le ossa del metacarpo il chiodo passa necessariamente e obbligatoriamente, restando saldamente trattenuto dai vari legamenti muscolari e nervosi.
<<Nel tragitto, il chiodo lede necessariamente il nervo medianico, il quale, oltre a provocare dolori tremendi, determina una brusca flessione del pollice sul palmo per contrazione dei muscoli “tenar”, un complesso di muscoli sulla faccia palmare della mano in corrispondenza del pollice stesso. Ecco perché nell’immagine della Sindone non si vedono i pollici che sono i piegati all’interno.
<<Dalle impronte della Sindone si deduce anche che la crocifissione delle mani non risultò facile. Tutto andò liscio per la mano destra, ma non per la sini¬stra. Forse il chiodo era più i grosso o meno appuntito. Non penetrò nel punto giusto e fu necessario estrarlo e ripetere alcune volte l’operazione.
<<Dopo aver inchiodato le mani, il “patibulum” fu issato e fissato allo “stipes”. Il corpo di Cristo pendeva con i piedi che restavano a circa un metro da terra. Gesù li teneva rattrappiti per il dolore. Il carnefice ne prese uno, lo tirò con forza, appoggiandolo allo “stipes” e, con un colpo secco, trapassò il piede inchiodandolo al palo. Poi ripeté l’operazione per 1 l’altro piede. Bisognerebbe spiegare cosa avvenne nei piedi e in tutto il corpo del Cristo ridotto in quello stato, ma sarebbe lungo e complicato. Quello che ho detto è sufficiente a farsene un’idea>.
Gesù rimase appeso alla croce per alcune ore, poi mori. Quali furono le cause della morte?
<<Pilato, quando gli riferirono che Gesù era spirato, si meravigliò che fosse morto così presto perché anch’egli sapeva, come tutti, che i crocifissi spesso vivevano a lungo sulla croce: anche due giorni.
<<Sulle cause della morte rapida del Cristo sono state fatte mille ipotesi. Qualcuno ha detto che è morto per fame, altri per la rottura del cuore, per sincope, per tetania muscolare e conseguente asfissia, per embolia, per collasso ortostatico. Sono tutte ipotesi attendibili alle quali però si possono fare numerose obiezioni. D’altra parte è difficile, per non dire impossibile, stabilire la vera causa della morte del Cristo.
<<Secondo me, non ad una causa unica si deve attribuire la morte rapida di Gesù sulla croce, ma a cause molteplici che agirono tutte insieme e con violenza tale da anticipare quella che doveva essere la morte normale di un crocifisso.
<< La crocifissione arrivò per ultima, ed agi su un organismo gravemente lesionato. Già prima della crocifissione, Gesù, per i patimenti subiti, era già all’estremo dell’umana resistenza. Sarebbe probabilmente morto in fretta anche se non fosse stato crocifisso>>.
Renzo Allegri
La sacra Sindone di Gesù Cristo
di Giulio Fanti
Dopo quasi vent’anni di studi approfonditi sulla sacra sindone, l’autore ha raggiunto una ragionevole certezza: la reliquia è l’unica “fotografia” che Gesù Cristo ci ha voluto lasciare in suo ricordo, “fotografia” che riporta i segni della sua dolorosissima passione.
Sarà lo stesso Gesù a confermare ad una mistica il valore della reliquia più importante per la Chiesa. “Auguro che la lettura del libro aiuti ad una meditazione profonda del mistero della passione e croce di Gesù” (mons. Antonio Mattiazzo, Vescovo di Padova).
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