Accadeva nel novembre di 68 anni fa: il fiume Po rompeva gli argini, provocando la terribile alluvione del Polesine, la più estesa in Italia nel secolo Ventesimo.
Dopo settimane di piogge, soprattutto in Alta Italia, il fiume Po, ingrossato dall’acqua dei suoi affluenti, debordava, in vari punti nell’Emilia, allagando la vasta pianura delle province di Rovigo e Venezia.
Un territorio di circa 100 mila ettari dove l’acqua in alcuni punti raggiunse l’altezza di sei metri.
L’emergenza durò un mese. Ci furono un centinaio di morti e circa 200 mila sfollati.
I contadini persero seimila capi di bestiame e innumerevoli altri animali di allevamento.
Fu il primo grande disastro dell’era televisiva.
Per questo, tutta la popolazione italiana visse il dramma in diretta.
Ricordo immagini sconvolgenti della gente impaurita che fuggiva camminando sugli argini assediati dall’acqua impazzita.
Attraverso la radio e la televisione venne organizzato una immensa gara di solidarietà.
Tutti si mobilitarono, donando coperte, vestiario, cibo, e ospitando nelle loro abitazioni gli sfollati.
Ci fu anche una grande e corale mobilitazione spirituale. Nelle chiese si tenevano cerimonie religiose, messe, ore di adorazione, veglie notturne con l’esposizione del Santissimo.
In segno di lutto e di partecipazione, furono sospendere per tre giorni tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche di intrattenimento, dando spazio ai programmi di informazione.
In segno di dolore e di lutto vennero chiuse anche la sale cinematografiche e i teatri.
Sono trascorsi 68 anni.
L’emergenza pericolo costituita dalle perturbazione atmosferiche, sta imperversando. Ogni giorno ascoltiamo informazioni di eventi che hanno provocato gravi danni al territorio e alle persone. Attraverso i media, seguiamo in diretta tutto ciò che avviene. Lo smarrimento, la paura, il dolore, la disperazione delle persone colpite è davanti ai nostri occhi.
Certamente ci commoviamo, ci sentiamo coinvolti.
Proviamo dolore. Ammiriamo chi rischia la vita per prestare soccorso e portare aiuto.
Ma il ritmo della vita scandito dai media non è cambiato di un millimetro.
Non esiste partecipazione pubblica ufficiale a questa tragedia.
Nei notiziari televisivi e radiofonici si parla di disastri e di morti, ma subito dopo riprendono le normali trasmissioni come se niente stesse accadendo di doloroso, di drammatico.
Mai sentito in questi giorni, da nessuna delle persone intervistate alla televisione, alla radio o sui giornali, un invito alla preghiera per chiedere aiuto a Dio.
Neppure da ecclesiastici. La gente, in privato, certamente prega e piange. Il senso spirituale insito nelle persone non muore mai.
Ma pubblicamente, per questa emergenza, nessuno ha mai pronunciato il nome di Dio.
Sono trascorsi appena sessant’anni dalla tragedia del Polesine durante la quale le chiese erano gremite di fedeli che pregavano per avere un aiuto dal cielo.
Sembra che il nostro Paese sia diventato completamente ateo.
Renzo Allegri