Attraverso documenti conservati al Centro Documentazione di Bayreuth, all’Istituto Wagner di Monaco di Baviera e all’Istituto storico germanico di Roma, abbiamo ricostruito l’ultima vacanza di Riccardo Wagner in Italia e la sua improvvisa morte a Venezia.
Di Renzo Allegri
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Per il mondo degli appassionati di lirica, il 2013 e l’anno di Giuseppe Verdi e di Richard Wagner.
Tutti e due questi grandi compositori sono nati duecento anni fa e precisamente nel 1813. Per Wagner poi ricorre anche il 130° anno della sua scomparsa, avvenuta a Venezia il 13 febbraio 1893.
Opere, concerti e commemorazioni sono in programma nei vari teatri.
La ricorrenza è portatrice anche di qualche polemica. Come quella provocata dal Teatro alla Scala di Milano, che ha iniziato la stagione lirica del bicentenario verdiano con un’opera di Wagner, suscitando critiche e risentimenti perché tutti si aspettavano che la precedenza temporale, nel più grande teatro italiano, spettasse al massimo compositore italiano.
Ma Wagner in questo non ha nessuna colpa. Anzi, se avesse dovuto scegliere lui, avrebbe dato senz’altro la precedenza a Verdi perché, nonostante sia spesso presentato come un superuomo, era una persona gentile.
Wagner amava molto l’Italia e in particolare amava Venezia, dove si recava per riposare.
Sosteneva che a Venezia riusciva a dimenticare tutte le sue preoccupazioni e recuperare in questo modo le energie.
Aveva fatto il suo primo viaggio a Venezia nell’agosto del 1858, quando stava componendo il “Tristano e Isotta” e in seguito vi era ritornato altre cinque volte. L’ultima volta si fermò sei mesi: dal 16 set¬tembre 1882 al 13 febbraio 1883, giorno della sua morte.
Una morte improvvisa. Wagner aveva 70 anni.
Diceva di essere molto stanco, ma dava la colpa al fatto che in piena estate aveva affrontato un’immane fatica per allestire a Bayreuth la sua ultima opera, il “Parsifal”.
E per smaltire la fatica aveva deciso di trascorrere una lunga vacanza nella città italiana che tanto amava.
Con l’aiuto di relazioni che si trovano al Centro documentazione di Bayreuth, all’Istituto Wagner di Monaco di Baviera e all’Istituto storico germanico di Roma, ecco una ricostruzione di alcuni dei momenti salienti di quegli ultimi mesi di vita del grande compositore tedesco.
La partenza di Wagner dalla residenza di Bayreuth avvenne il 14 settembre 1812.
Partì con tutta la famiglia: tra lui, la moglie Cosima, i figli, i precettori, i domestici e la bambinaia, il gruppo era di una decina di persone.
Il viaggio in treno fu accompagnato da acquazzoni e temporali. In una stazione vicino a Verona, Wagner volle comperare un salame.
Il 16 settembre, la famiglia Wagner giunse a Venezia e prese alloggio all’albergo Europa.
Due giorni dopo, si trasferì nell’appartamento di Palazzo VendraminCalergi, sul Canal Grande, che era stato dimora del musicista anche nei due precedenti soggiorni veneziani.
La salute di Wagner da tempo era precaria.
Il maestro andava soggetto a crampi allo stomaco e a violente crisi di angina pectoris.
Durante le prove del Parsifal, a Bayreuth, aveva rischiato di morire.
A Venezia aveva deciso di condurre un’esistenza rilassata.
Ogni giorno trascorreva lunghe ore nel bellissimo giardino del palazzo.
Si faceva portare in gondola da Luigi Trevisan, detto Ganasseta, un gondoliere che il maestro conosceva da tempo e che voleva al suo servizio ogni volta che scendeva a Venezia.
Spesso, accompagnato da Daniela Bulow, figlia di Cosima e del suo primo marito, il direttore d’orchestra Hans von Bulow, Wagner faceva anche lunghe passeggiate a piedi. Daniela, ottima pianista, lo chiamava “papà”, e il compositore l’amava molto.
Non mancava mai una capatina in piazza San Marco. II maestro si fermava al caffe Lavena dove, sempre allo stesso tavolo, prendeva una tazza di cioccolata o un cognac.
A Venezia, poteva anche godere più a lungo della vicinanza della moglie Cosima, figlia di Franz Liszt, che aveva 25 anni meno di lui.
A 18 anni, Cosima aveva sposato Hans von Bulow, allievo prediletto di Liszt e uno dei più devoti amici di Wagner, e gli aveva dato due figli.
II matrimonio, che sembrava felicissimo, fu interrotto dalla burrascosa relazione di Cosima con Wagner al quale, in breve tempo, diede tre figli, suscitando un clamoroso scandalo.
Wagner e Cosima si sposarono nel 1870, dopo che Cosima aveva ottenuto il divorzio e Wagner era rimasto vedovo della prima moglie, Minna Planer.
L’amore tra il compositore e la figlia di Liszt fu sempre profondo e tenerissimo.
A Venezia uscivano spesso insieme. Se il tempo lo permetteva, trascorrevano le serate sul balcone, che si affacciava sul Canal Grande. In una chiara notte di plenilunio rimasero ad osservare una cometa apparsa tra il Carro Maggiore e Orione.
A Palazzo Vendramin arrivarono molti amici: il pittore russo Paul von Joukowsky, il compositore tedesco Engelbert Humperdinck, e il pianista ebro russo Joseph Rubinstein, che Wagner chiamava “il mio pianista di corte”.
Il 19 novembre arrivò anche Franz Liszt. I rapporti tra il maestro e il suocero non erano molto cordiali.
Si davano arie da sovrani e pretendevano di essere sempre al centro della conversazione. Solo quando facevano musica si ristabiliva un po’ di cordialità.
A volte si recavano insieme a Palazzo Contarin delle Figure, per tenere dei concerti.
Liszt era un uomo di mondo. Tutte le sere usciva a cena, conteso dalle più nobili famiglie, e questo suscitava l’invidia di Wagner.
Il 24 dicembre ricorreva il 45° compleanno di Cosima.
Wagner volle festeggiarlo dedicando alla moglie la Sinfonia in do maggiore, che aveva composto cinquant’anni prima.
La diresse personalmente alla Fenice, con l’orchestra del Liceo musicale, alla presenza di una quindicina di invitati.
Fu l’ultima volta che salì sul podio. Alla fine, regalò al Liceo musicale la bacchetta, il leggio e il suo basco nero.
Con l’inizio del nuovo anno, gli amici cominciarono a lasciare Venezia. Humperdinck partì il 3 gennaio e Liszt il 13. La salute di Wagner peggiorava. La sue uscite per la città diventarono sempre meno frequenti.
II 6 febbraio 1883, ultimo giorno di Carnevale, Wagner si mescolò con i figli al via vai delle maschere che riempivano le calli.
Un conoscente che lo incontrò, lasciò scritto che il “suo passo era elastico, addirittura giovanile, la testa bene eretta”. Al rientro a casa, verso l’una di notte, il maestro, battendo sulla spalla del vecchio portiere, disse in italiano: <<Amico mio, il Carnevale è andato>>.
Il 12 febbraio partì anche Herman Levi, il direttore d’orchestra che aveva portato al successo il “Parsifal”. In una lettera al padre, Levi scrisse: “Il maestro mi accompagnò fino alla scala, mi baciò ripetutamente, era molto commosso”.
Wagner trascorse una giornata tranquilla. Alla sera, dopo cena, suonò il pianoforte e poi, davanti a tutta la famiglia riunita, continuò la lettura, ad alta voce, di “Undine”, racconto romantico di Friedrich de la Motte Fouqué.
Cosima diede un taccuino al pittore Joukowsky e questi tracciò uno schizzo sotto il quale scrisse: “Riccardo che legge, 12 febbraio 1883”.
Wagner tornò al pianoforte e suonò il “Porazzi-tema”, che aveva composto all’inizio del 1882 a Palermo, durante il suo soggiorno in quella città.
“Ragazzi, restate ancora”, continuava a ripetere.
Quando, verso le 11, tutti si erano ritirati ed era rimasto solo con Cosima, Wagner suonò ancora una volta il Lamento delle figlie del Reno, dalla sua opera “L’oro del Reno”: “Un seno sicuro / c’è solo nel profondo: falso e vil / è ciò che sta in alto nel mondo!”.
<<Ma guarda, lo sapevo già allora>>, disse alla moglie. E poi parlò dell’essenza delle Ondine che sentivano nostalgia di un’anima.
Restò alzato ancora a lungo. Cosima sentiva che parlava da solo, come se recitasse dei versi.
II giorno dopo, appena svegliato, disse al cameriere Georg Lang: <<Oggi devo fare attenzione>>, e poi ordinò, per le ore 16, la gondola perchè intendeva uscire.
Rimase tutta la mattinata a scrivere. La morte sopravvenne all’improvviso, verso le 15,30.
Ecco come descris¬se quei momenti il pittore Paul Joukowsky nel suo diario: <<Il 13 febbraio mi recai, come di consueto, a Palazzo Vendramin, verso un’ora e un quarto del pomeriggio. Vi trovai donna Cosima che suonava al figlio Sigfrido “L’elogio del pianto”, di Schubert: fu la prima e ultima volta ch’io vidi la gentil donna seduta al pianoforte.
<<Si chiacchierò fin verso le due; poi venne Georg, il servitore, ad avvertire che, siccome il maestro non si sentiva bene, potevamo pranzare da soli. Prima di sedere a tavola, Co¬sima andò nella camera di lavoro del marito. Ritornò quasi subito dicendo: “Mio marito ha uno dei suoi soliti accessi. L’ho lasciato perchè mi ha fatto cenno di voler restar solo”.
<<Così, tranquilli come sem¬pre, ci mettemmo a tavola. Improvvisamente, sentimmo suonare due volte con forza. Qualche attimo dopo, sopraggiunse la cameriera Betty, pallidissima, dicendo a Cosima di andar di là subito. Essa balzò in piedi e corse via. Betty mandò il fidatissimo Luigi Trevisan a chiamare il medico.
Noi restammo profondamente turbati e silenziosi, aspettando. Verso le 15 si sentì giunger il dottor Keppler. Poco dopo, entrò Georg e, singhiozzando, disse a Daniela: “Ah, graziosa signorina, il grazioso signore e morto”. Io feci appena in tempo a sorreggerla tra le braccia mentre tutta la casa si riempiva di voci e di gemiti. Pochi minuti dopo, entrò il dottor Keppler dicendo che non c’era più niente da fare. Poi, rivolto ai bimbi, esclamo: “II vostro signor padre è morto”>>.
Dal rapporto che il segretario di Corte, Ludwig von Burke, invio al re Luigi II, si apprende che <<Madame Cosima, giunta nella camera, trovò il maestro in preda a violente convulsioni e in stato di soffocamento. Lo aiutò a sdraiarsi su un divano e gli si sedette accanto su uno sgabello. Passata la crisi, il maestro si assopì. Ma, improvvisamente, senza dubbio in seguito alla rottura di un’arteria, egli si accasciò, trattenuto dalla sua sposa, che raccolse il suo ultimo sguardo e il suo ultimo respiro>>.
Cosima rimase ai piedi del marito per molte ore. Verso sera il maestro fu adagiato sul letto, e Cosima chiese di resta¬re sola con lui. Si coricò sopra la salma e vi rimase in un convulso abbraccio per 25 ore, durante le quali non ebbe un minimo movimento, non disse una parola e non versò neppure una lacrima. Il medico legale della città di Venezia, incaricato di redigere il certificato di morte, confidò al banchiere Gross, consigliere d’affari di Cosima: <<Io non co¬nosco queste persone, ma quello che posso dire è che nessun uomo è mai stato così amato da una donna>>.
La notizia della morte del compositore si sparse velocemente nel mondo. Uscirono i giornali in edizione speciale. Una grande folla si raccolse intorno a Palazzo Vendramin con centinaia di gondole. Arrivarono moltissimi telegrammi e corone di fiori.
Giuseppe Verdi scrisse a Ricordi: <<Triste, triste, triste. Wagner è morto… E’ una grande individualità che sparisce! Un nome che lascia un’impronta potentissima nella storia dell’arte>>.
Tutti pensavano che Wagner sarebbe stato sepolto a Venezia, nel cimitero di San Michele. Ma il maestro aveva fatto predisporre da tempo una tomba nel giardino della sua casa di Bayreuth.
Mentre veniva costruita, andava spesso a controllare lo svolgimento dei lavori e scendeva tranquillamente nella fossa per parlare con gli operai. Durante le prove del Parsifal, nel momenti in cui i problemi sembravano insormontabili, andava a meditare nella tomba.
La salma venne imbalsamata dal dottor Friedrich Keppler, medico curante di Wagner, nel pomeriggio del 15 febbraio.
II governo italiano propose di organizzare una cerimonia funebre, ma la famiglia chiese di poter rinunciare a qualsiasi manifestazione ufficiale.
Alle 13,30 di venerdì 16 febbraio, il feretro lasciò palazzo Vendramin, su una gondola listata a lutto.
II feretro era seguito dalla famiglia e dagli amici più intimi. Poichè l’ora della partenza non era stata comunicata, il Canal Grande era quasi deserto.
La stazione ferroviaria era chiusa al pubblico. Nell’atrio, un distaccamento dei Vigili del Fuoco della città formava una scorta d’onore. II feretro fu collocato su un vagone merci, appositamente ricoperto di seta nera.
La famiglia prese posto su una vettura riservata, con tutte le tendine abbassate.
Il treno parti alle 14,10. Ad ogni stazione c’erano delegazioni con corone e cesti di fiori.
A Monaco di Baviera, dove giunse alle 14,30 di sabato 17 febbraio, fu accolto da una folla immensa. Ripartì alle 16,45 mentre l’Orchestra di Corte attaccava le prime battute della “Marcia funebre di Sigfrido” dal “Crepuscolo degli dei”.
II convoglio giunse a Bayreuth alle 23,24. I funerali si svolsero il giorno dopo, alla presenza di circa 30 mila persone. Da ogni parte dell’Europa autorità e personalità della cultura avevano inviato 202 corone.
Poichè la famiglia non aveva dato informazioni circa la natura della morte di Wagner e il modo in cui era avvenuta, circolarono le più disparate versioni. Qualcuno sosteneva che il maestro era morto in sa¬la da pranzo; altri, nella propria camera mentre mangiava una scodella di zuppa.
Il dottor Keppler nel suo rapporto scrisse che la crisi che aveva portato alla morte il compositore <<deve essere stata provocata da uno stato di sovraeccitazione fisica>>.
Questa frase scatenò la fantasia di molti.
Si diceva che Wagner fosse deceduto durante un rapporto sessuale con la cameriera Betty Birkel, e questa diceria fu raccolta dal direttore d’orchestra francese René Leibowitz in un capitolo del libro L’evolution de la Musique, intitolato Les scandales de Richard Wagner.
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