Aldo Moro – Militante del Vangelo

Aldo Moro 1Ricordando un grande politico di altri tempi

Fu soprattutto e sempre  un cristiano a servizio della gente – Il processo per la sua beatificazione è iniziato da un anno – Importanti testimonianze inedite di chi lo conobbe quando era giovane

di Renzo Allegri

In questi giorni, gli uomini politici hanno invaso i giornali, le televisioni, le radio, le piazze, le sale da concerto, i teatri: tutta la nostra vita. Di loro si discute  per le strade, nei bar e perfino in famiglia.  Sono esaltati, ammirati, vilipesi,  odiati, esecrati. E’ sempre accaduto in vista di elezioni politiche. Viene spontaneo  ricordare il passato.  E solo pochi nomi emergono: quelli di uomini che, per varie ragioni,  hanno lasciato un grande segno.

Il mio pensiero va ad Aldo Moro.  <<Uomo politico  e accademico italiano>> si legge su Wikipedia, <<cinque volte  Presidente del Consiglio dei ministri,  presidente del partito della Democrazia Cristiana.  Fu rapito il 16 marzo 1978 e ucciso il 9 maggio successivo da appartenenti al gruppo terrorista denominato Brigate Rosse>>.

Quasi sempre, Aldo Moro viene ricordato per la sua drammatica fine. E si dimentica che fu un grande uomo  sempre, anche prima del suo martirio,  anche fuori del mondo politico. Infatti, la Chiesa ha già aperto il processo per la sua beatificazione.

6-moro-professore-con-alcuni-giovani-studentiNel 1969 feci una lunga inchiesta giornalistica su Aldo Moro. Aveva, allora,  53 anni e da  23 anni  militava nella politica. Aveva già coperto im­portanti cariche: era stato deputato al­l’Assemblea Costituente, membro della Commissione dei Settanta­cinque, sottosegretario agli Este­ri, ministro di Grazia e Giusti­zia, ministro della Pubblica Istruzione, segretario della De­mocrazia Cristiana, presidente del Consiglio, ministro degli Esteri. E prima di iniziare la car­riera politica, era stato presidente na­zionale della FUCI (Federazione Universitaria cattolica italiana) e presidente nazionale del Movimento Lau­reati Cattolici. Era inoltre ordinario di Fi­losofia del Diritto presso la Fa­coltà di Scienze Politiche del­l’università di Roma, dopo essere stato per diversi anni  ordinario di Diritto Penale presso l’università di Bari.

In quegli anni ero inviato speciale al settimanale “Gente” e fui incaricato di scrivere  un ampio ritratto di Moro. Non un ritratto dell’uomo politico,  ma semplicemente  “un ritratto dell’uomo”. Nonostante la grande attività pubblica che aveva già svolto, Moro era il personaggio più sconosciuto che ci fosse in Parlamento. Nessuno sapeva niente della sua vita, della famiglia, della sua infanzia, della sua giovinezza, della sua formazione intellettuale. Non esistevano fotografie familiari, se non una: quella scattata in occasione di una udienza privata che Papa Paolo VI aveva concesso a lui e a tutta la sua famiglia.

Inutile chiedere un’intervista all’interessato perché di questi argomenti non avrebbe mai parlato con nessuno.  Alla signora Moro venne chiesto di poter fare una foto dell’uomo politico in famiglia, e la risposta fu secca: “No”. Alcuni uomini del Democrazia Cristiana cercarono di mediare e le telefonarono  facendole presente che, in quel momento, tutto poteva essere utile alla carriera del ma­rito e che quindi doveva fare un piccolo sacrificio. La signora Moro rispose: <<Se un uomo va­le, non gli servono le fotografie in poltrona circondato dalla mo­glie e dai figli>>.

8-aldo-moro-tra-la-genteL’unica strada per realizzare quel servizio restava la raccolta  di informazioni dalle persone che avevano  conosciuto  Moro quando non era in politica.  E quella strada si rivelò la più giusta perché mi permise di raccogliere testimonianze molto importanti e assolutamente inedite sulla vita privata di Moro, che dimostrano come egli fosse un cristiano vero ed esemplare  fin da quando era un ragazzo, e tale rimase anche quando era ai vertici della politica.

Moro apparteneva a una famiglia umile. Era nato nelle Puglie, a Maglie, una cittadina in pro­vincia di Lecce.  Suo padre era un insegnante divenu­to poi ispettore scolastico e fun­zionario del ministero della Pubblica Istruzione. La madre, Fida Stinchi, era una insegnante elementare.

Quando Aldo aveva sei anni, la famiglia si era trasferita a Taranto dove Aldo frequentò le scuole elementari, le medie, ginnasio e liceo. Poi la famiglia si spostò a Bari, dove Aldo si iscrisse all’università e dove si laureò in Giurisprudenza.

A Bari, a Taranto, a Maglie incontrai vari amici e coetanei di Aldo Moro. Persone che lo  avevano visto crescere, che avevano lavorato con lui ma non in campo politico. Le loro testimonianze non erano  quindi influenzate da interessi di partito.  E raccontavano di un uomo veramente speciale, di un politico con tutte le carte in regola per servire veramente il popolo e poter poi entrare in paradiso.

Giovanni Acquaviva era allora direttore del Corriere del Giorno, quotidiano di Taranto. Conosceva Moro fin dall’infanzia, quando facevano parte tutti e due del circolo cattolico “S. Francesco d’Assisi” della Chiesa di S. Pasquale a Taranto.    <<Ciò che mi ha sempre colpito in Aldo è la sua incredibile onestà>>, mi disse.  E mi raccontò che quando Moro venne eletto per la prima volta presidente del Consiglio dei ministri, i magliesi cominciarono a scrivergli di ri­cordarsi del paese dove era nato. Un vinaio, che abitava nella casa dove Moro era nato, gli scrisse che la sua casa natale stava an­dando in rovina e che qualunque aiuto sarebbe stato gradito. <<Mo­ro, abituato a rispondere sempre a chi gli scriveva, non prese mai in considerazione quella lettera>>, mi disse Aquaviva. <<Chi lo conosce bene sa che si comportò così non perchè non fosse affezionato al paese natale, ma perchè ricordarsene pubbli­camente, ora che era diventato presidente del Consiglio, lo ri­teneva un gesto del tutto retorico e quanto mai sconveniente>>.

1-aldo-moro-a-4-anniIl professor Nicola Lazzaro fu amico di Moro e suo compagno durante il servizio militare. Ricordava:

<<Abbiamo dormito sotto la stessa tenda, abbiamo adoperato, in molti casi, la stessa gavetta. Moro si è dimostrato  sempre strettamente ligio al suo dovere, sino allo zelo. Godeva del rispetto dei compagni e della stima dei superiori. Era già assistente universitario, ma non ha mai approfittato del prestigio del suo ruolo. Rifiutava sempre con la massima cortesia i servigi che gli amici volevano offrirgli. Marciava come tutti gli altri e por­tava, quando giungeva il suo turno, il pesante mitragliatore in spalla. Il tenente comandante del plotone voleva esimerlo dai lavori più faticosi. Moro non ac­cettò mai il favore. Alla sera stu­diava e scriveva fino a tardi e, ogni volta, si scusava per l’even­tuale disturbo che mi arrecava>>.

Alla chiesa del Carmine di Taranto incontrai monsignor  Michelangelo Rido­la che ebbe un ruolo fondamentale nella formazione spirituale del giovane Aldo Moro.  <<Lo conobbi quando aveva circa 12 anni ed io ero allora studente universitario ed ero presidente del Circolo “San Francesco d’Assisi” della Chiesa di S. Pasquale, frequentato da Aldo e dai suoi due fratelli, Al­berto e Salvatore. Aldo era paffu­tello, parlava piano piano, come ha sempre fatto. Ci si trovava tutte le sere al circolo e poi andavamo a casa insieme perchè abitava­mo nella stessa via. Aldo faceva la Comunione tutte le mattine ed era religiosissimo>>.

Dopo esseri laureato in Giurisprudenza, Michelangelo Ridola  entrò in Semina­rio e divenne sacerdote. Tornò Taranto come insegnante di re­ligione al liceo ed ebbe, tra i suoi allievi, anche Aldo Moro. <<Era il migliore>>, mi disse. <<Dal gin­nasio in poi si guadagnò sempre le tasse per il suo alto rendimento scolastico. Unica nota negativa la ginnastica: non riusciva a fare la salita della pertica, il salto in alto e in lungo. I compagni di classe, durante l’ora di ginnasti­ca, lo prendevano in giro, ma lui non si scomponeva.

5-aldo-moro-in-visita-da-padre-pio<<Diede l’esame di maturità nel luglio del 1934. La sua fu una delle più brillanti medie della scuola: otto in italiano, otto in latino, otto in greco, nove in sto­ria e filosofia, dieci in matemati­ca e fisica, otto in scienze e chimica, otto in storia dell’arte.

<<Per raggiungere questi ri­sultati studiava fino a 18 ore al giorno. Sua madre venne da me, durante la primavera di quel­l’anno e mi disse: “Aldo sta pre­parando l’esame di maturità: studia continuamente e nel me­desimo tempo si è messo in te­sta di fare la quaresima comple­ta, non vuole mangiare carne per tutti i quaranta giorni che precedono la Pasqua. Sono mol­to preoccupata, temo che mi si ammali. Cerchi di convincerlo a smettere questa forma di peni­tenza”.

<<Parlai con Aldo, ma non ci fu niente da fare. Le sue con­vinzioni religiose erano profon­dissime e quando aveva deciso una cosa, nessuno riusciva a far­gli cambiare idea.

<<In quel tempo c’era dell’attri­to fra i movimenti giovanili cat­tolici e il fascismo. Aldo Moro era sempre per le soluzioni pa­cifiche. Durante le discussioni, esortava alla calma. Non voleva che si ricorresse alla violenza. Fu anch’egli giovane fascista co­me tutti. Portava il distintivo con le lettere P.N.F (Partino Nazionale Fascista),  assieme al distintivo dell’Azione Cattolica. Scherzosamente traduceva le ini­ziali P.N.F. con queste parole: “per necessità familiare”. Già fin da quel tempo, Aldo Moro e due miei fratelli,  che erano i principali organizzatori del Cir­colo cattolico di S. Pasquale, era-no pedinati dalla questura>>.

Antonio Amendola, avvocato, conobbe Aldo Moro a Bari, du­rante gli anni dell’università. <<Ma diventammo molto amici più tardi>>, ricordava <<e precisamente nel novembre del 1943, quando, insieme, fondammo La Rassegna, un settimanale indi­pendente che ebbe grande suc­cesso. Eravamo ancora ufficiali. Io ero diventato capo dell’ufficio stampa del governo di Badoglio. Radunai attorno a me i vecchi amici di università: Aldo Moro, Pasquale del Prete, che poi divenne ret­tore dell’università di Bari, Car­lo Lavagna e il professor Arman­do Regina. Fondammo il primo giornale indipendente italiano. Ci furono difficoltà. Gli alleati fornivano carta solo ai giornali di partito: noi non eravamo di nessun partito. Utilizzando le conoscenze che mi ero fatte al Comando Supremo, ottenni la carta. Il giornale ebbe successo immediato. Vendevamo 50.000 copie.

4-aldo-moro-militare-con-padre-inzitari<<Aldo Moro aveva portato nel giornale le sue idee religiose ap­plicate alla società. Scriveva con la passione di un missionario e i suoi scritti erano piuttosto oscuri, ma molto seguiti.. Un suo articolo intitolato “La marcia della fame” fece molto chiasso.

<<Le idee fondamentali che ispiravano  la condotta di Aldo Moro erano quelle religiose. In lui c’era una religio­sità enorme. Ricordo che spesso andavo a prenderlo a casa sua. Lo trovavo nel piccolo studio, arredato con il puro necessario, con la testa china sui libri di preghiere. Lo chiamavo e lui gentilmente mi invitava a se­dermi, mi metteva davanti un pacco di fogli scritti a mano e mi diceva: “Leggi queste pagi­ne e poi mi darai un tuo giu­dizio, intanto finisco le mie pra­tiche di pieta”. Rimetteva tran­quillamente la testa fra le pagine del suo libro di preghiere e non c’era verso di distrarlo finchè non aveva finito.

<<Non si vergognava di essere religiosissimo. Ostentava in pub­blico le sue convinzioni religiose con una fierezza e una nobiltà tali che nessuno ebbe mai il co­raggio di prenderlo in giro.

<<In quegli anni, Aldo Moro era anche professore di Diritto al­l’università. Si recava alle lezio­ni vestito con la divisa di capi­tano commissario dell’aeronauti­ca. Era bellissimo e le donne im­pazzivano per lui. Le studen­tesse si mettevano in prima fila durante le lezioni. Una venne bocciata durante l’esame ed uscì con il volto rosso per l’emozione e gli occhi sfavillanti per la gioia. “Perché sei così felice?”, le chiesero i compagni. “Sono stata bocciata e così potrò ritor­nare a rivedere quel magnifico uomo”, rispose.

<<Si dice che mol­te ragazze gli scrivessero lettere interminabili, minacciando di suicidarsi se Aldo non rispon­deva. Lui era di una estrema austerità, inaccessibile alle norma­li seduzioni della vita comune. Ricordo che un giorno, mentre camminavamo per Bari e c’era­no molte ragazze che lo segui­vano con gli occhi imbambolati, mi accorsi che Aldo aveva un grosso buco in una calza, sul tal­lone. Glielo feci notare, ma lui non ci diede nessun peso.

3-aldo-moro-con-padre-inzitari<<Io non sono del partito di Aldo Moro e non condivido le sue idee. Ma credo che non ci sia nessuno nella politica italia­na che abbia la sua statura mo­rale e la sua preparazione. Pos­siede una tenacia incredibile. Non c’è mai stato nessuno capace di fargli cambiare idea o una qualsiasi decisione, anche di secondaria importanza.

<<Ricordo che Moro non voleva iscriversi alla Democrazia Cri­stiana perchè quel partito, nel  CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), era alleato con i socialisti e i comunisti. Quando gli si parlava, allora, del partito sociali­sta, era come gli si parlasse della Banda Giuliano>>.

A Bari, Aldo Moro era conosciu­to soprattutto dalla povera gen­te. I più vecchi lo ricordavano quando era giovane universita­rio e militava nella FUCI. Raccontavano che anda­va in giro per la città tutte le settimane, a portare i buoni del pane ai poveri. Sapeva a memo­ria nomi e gli indirizzi di tutti i poveri di Bari. Conosceva i dolori, le malattie, le difficoltà, le disgrazie di tutti. Non parlava quasi mai durante quelle visite ma la sua presenza era un con­forto.

Un giovane universitario della FUCI di Bari, mi raccontò: <<A Torre Tresca, un quartiere della città dove c’erano molte baracche, avevo conosciuto un po­vero uomo che teneva corrispon­denza con Aldo Moro, allora pre­sidente del Consiglio dei mini­stri. Quell’uomo scriveva a Mo­ro raccontandogli le sue disgra­zie e Moro gli rispondeva. Su una parte di quella baracca c’era incollato un ritratto di Moro. Un lumicino ardeva davanti e intor­no, come ex voto, erano incol­late tutte le lettere del presidente del Consiglio. “Lui mi ha sempre aiutato”, diceva quell’uomo indicando il quadro attaccato alla parete>>

Il  dottor Melchiorre, capo ripartizione del comune di Bari, che era stato allievo di Moro quando questi insegnava all’università, ricordava la severità del quel  docente:  <<Il pro­fessor Moro>>, raccontava <<durante le sessioni d’esame, si faceva taciturno più del solito, sembrava costante­mente assorto in altre cose. Fa­ceva una domanda e lasciava che l’esaminando se la sbrogliasse da solo. Se l’allievo parlava non lo interrompeva anche se diceva cose completamente errate. So­lamente quando questi aveva ter­minato di parlare cominciava lui, con calma e dimostrava che l’esaminando aveva sbagliato tutto, fin dalla prima parola,  e, naturalmente, lo bocciava. Ai suoi esami il numero dei boc­ciati era altissimo. Gli esami sot­to il professor Moro si svolgeva­no senza limiti di orario. Io, per esempio, una volta venni inter­rogato alle undici di sera, ma qualche mio amico venne esaminato anche alle due di notte.

2-aldo-moro-in-udienza-privata-da-paolo-vi-con-la-famiglia<<Non si era mai sicuri di essere promossi. Una volta decisi di dare l’esame di filosofia del diritto,  un esame difficile che tutti gli studenti della facoltà di Giurisprudenza preferivano dare alla fine del corso di studi. Quel giorno il professor Moro aveva bocciato moltissimi stu­denti. Andai all’esame con pau­ra. Risposi alle domande del pro­fessore come meglio potei e poi attesi il terribile verdetto. Moro mi guardò a lungo, in silenzio, poi mi disse: “La boccerei volen­tieri perchè  è evidente che lei non ha studiato con attenzione la materia. Però è riuscito a ca­varsela egualmente grazie a una buona dose di intelligenza: le do 29”>>.

Un impiegato comunale, sempre del comune di Bari,  mi raccontò questo episodio che da solo, dimostra come Moro abbia cercato sempre di agire con estrema onestà. <<Nel 1945, Moro ave­va ottenuto dalla commissione per la requisizione degli alloggi un appartamento in via S. Francesco d’Assisi. Quando si sposò, decise di trasferirsi a Roma, con la moglie, in casa dei suoceri. L’abitazione di via San France­sco non gli serviva più. Andò al commissariato per la requisi­zione degli alloggi e disse che metteva a disposizione la sua abitazione. La cosa, a quei tem­pi, era tanto inverosimile che l’impiegato allo sportello gli fe­ce ripetere la richiesta: “Sono venuto a restituire l’abitazione che la commissione mi aveva as­segnato”, disse Moro. L’impiega­to si alzò di scatto, andò negli uffici della direzione e disse al commissario generale Ferraro: “Generale, venga fuori, per cortesia, c’è un individuo che mi vuol provocare”. Il generale Fer­raro uscì e si trovò di fronte un giovane smilzo, sorridente, che, con un fil di voce, chiarì ciò che voleva fare>>.

Padre Gregorio Maria Inzita­ri, domenicano, è stato l’uomo che fu maggiormente vicino ad Aldo Moro durante gli anni universitari e della guerra. <<Co­nobbi Aldo nel 1937>>, mi raccontò << Ero stato mandato come assistente della FUCI di Bari, l’Associazio­ne “Giuseppe Moscati”, della quale Aldo Moro era presidente. Mi colpì subito quel giovanotto perchè notavo che veniva alla Messa e alla Comunione tutte le mattine. Cominciai a frequen­tarlo anche perchè i nostri compiti erano quasi gli stessi e scoprii un uomo eccezionale. Moro studiava dieci ore al giorno e trovava il tempo per dirigere la associazione della FUCI, per par­lare con gli amici dei quali era il confidante di tutte le loro pe­ne. Questo ritmo di vita lo ave­va reso magrissimo, macilento. Mi riferirono che alcuni anni prima era un grassone. Poi aveva deciso di dimagrire. Faceva molti chilometri al giorno a piedi a questo scopo, sudando come un dannato. Non smise finchè non raggiunse il peso che si era pre­fisso.

9-moro-e-berlinguer-al-tempo-del-tentativo-di-un-compromesso-storio<<Aldo Moro possedeva tutte le caratteristiche richieste dalla no­stra regola perchè un giovane potesse diventare domenicano. Amore allo studio, difesa della verità e coerenza nell’azione. Pensavo di sviluppare in lui la vocazione religiosa e sacerdota­le. A questo scopo, lo feci entra­re nel Terz’Ordine Domenicano. Fece la vestizione assumendo il nome di Fra’ Gregorio Maria. Gli avevo indicato un modello da seguire, il “capitano santo”, Gui­do Negri. Aldo era entusiasta di tutte queste iniziative spirituali, ma sentiva di non aver la voca­zione sacerdotale e allora abban­donammo il progetto.

<<Nel gennaio del 1939, a Roma, Aldo Moro  venne eletto presidente nazionale della FUCI. Il padre di Aldo, che era un uo­mo scrupoloso e modesto, si spaventò quando apprese che i1 fi­glio era stato eletto a una cari­ca così importante e venne da me perchè consigliassi suo figlio a non accettare e gli suggerissi di tenersi lontano dal chiasso della vita politica. Anche Aldo venne a consigliarsi da me. Non sapeva se accettare o meno. Io gli risposi: “Tu non hai chiesto niente. Se ti hanno eletto vuol dire che hanno fiducia in te; vuol dire che il Signore ti affi­da questo compito e tu devi svolgerlo con la massima dili­genza”. Moro, che era religiosissi­mo, accolse l’elezione come un compito affidatogli da Dio.

<<Appena laureato, aveva bi­sogno di guadagnarsi qualche li­ra perchè non aveva il necessa­rio neppure per mangiare. Fui io che gli trovai il primo posto e gli feci avere il primo stipen­dio. Conoscevo i padri Gesuiti che dirigevano l’Istituto Di Ca­gno Abbrescia. Era rettore pa­dre Pisani, mio amico. Gli raccomandai quel giovane pieno di promesse e dalla condotta ir­reprensibile. Venne accettato e gli fu affidato il compito di in­segnare italiano e latino alla terza classe ginnasiale. Cosa fe­ce durante quell’anno Aldo Mo­ro, non lo seppi mai. Egli rifug­giva sempre dal parlare di se stesso. Al termine dell’anno lo vidi venire da me, mesto e preoccupato. Mi disse: “Mi han­no licenziato”. “Perché?”, chiesi stupito. “Non lo so”, rispose de­solato. “Forse per scarso rendi­mento”, aggiunse. Andai dal ret­tore a informarmi. Aldo Moro era stato licenziato perchè i ra­gazzi in classe ne combinavano di tutti i colori. Moro era asso­lutamente inadatto a mantenere la disciplina. Ogni tanto doveva intervenire il rettore per riportare la calma in aula distribuen­do ceffoni a destra e a sinistra sotto lo sguardo meravigliato dell’insegnante. Inoltre le lezio­ni di Moro erano troppo diffici­li: gli scolari non capivano niente>>.

Nel 1945 Aldo Moro sposò Eleo­nora Chiavarelli, una signorina marchigiana, laureata in lette­re, presidente regionale di Azio­ne Cattolica e segretaria di Vit­torino Veronese. Si erano conosciuti durante un congresso della FUCI. Dopo il matrimonio, la vita di Aldo Moro si divise in due parti:  vita pubblica, dedicata alla politica, all’università; vita privata dedicata interamente alla famiglia. La signora Moro mise un confine invalicabile fra i due settori e nessuno è mai riuscito a superarlo.

10-volto-in-bronzo-di-aldo-morom-opera-dello-scultore-mario-morettoQuando Moro ven­ne eletto deputato, alcuni amici baresi vollero festeggiare l’av­venimento. Prepararono una bic­chierata. Una delegazione andò a chiamare il “professore” che certamente era già a casa. Erano infatti le 21,30. Ad aprire la por­ta venne la signora Moro. <<Buo­nasera signora>>,  dissero gli ami­ci del deputato <<siamo venuti a festeggiare il professore>>. <<Mi dispiace>>, tagliò corto la moglie di Moro: <<ho messo a letto mio marito mezz’ora fa. Era molto stanco, deve riposare>>. <<Ma, si­gnora>> insistettero gli amici <<si tratta di pochi minuti, un paio di brindisi e poi viene subito a casa>>. <<Niente da fare>>, ri­spose la signora Moro. <<Se vo­lete vengo io a fare il brindisi, ma mio marito non può essere disturbato>>.

La signora Moro vegliava sul marito con una tenacia irremo­vibile. Difendeva la sua vita pri­vata meglio di un poliziotto. Non cedette mai  a nessuna pres­sione.

E non volle mai apparire nell’attività politica del marito. Un collaboratore di Moro le chiese, una volta, alcune righe per un settimanale femminile. Doveva esprimere il suo giudi­zio su un avvenimento. La si­gnora rispose: <<Tenga pre­sente che per queste dose mio marito è vedovo>>. Un’agenzia fotografica romana mandò i suoi operatori per riprendere i figli di Moro. La fotografia doveva servire per un grande servizio su una rivista democristiana. La signora Moro non permise che venissero fotografati i figli e disse: <<I figli sono miei e non del partito>>. Eleonora Moro non si fece mai fotografare accanto al ma­rito. Non partecipò mai  a ricevimenti, se non in rarissime occasioni.  Non si fece mai vedere in Parla­mento, nelle tribune riservate ai familiari degli onorevoli che ten­gono i discorsi.

1 Commento

  1. Ogni parola sarebbe inutile………… anche se si scrivesse fiume di belle parole, persone speciali così ne nascono pochini al mondo. La cruda realtà rimane il fatto che nessuno di noi ha saputo salvare questo umile e grande uomo e L’Italia,E FORSE ANCHE UN PO IL MONDO, sarebbe sicuramente migliore se avessimo salvato il Prof. Aldo Moro.

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