…di speranza e di amore
Riflessioni su Etty Hillesum, la giovane ebrea olandese morta ad ad Auschwitz nel 1943, e sul suo “Diario” scritto tra il 1941 e 1943, pubblicato quarant’anni dopo, e diventato ormai un libro di culto in tutto il mondo.
Di Sabrina Panfili
Sul palcoscenico della mia vita, l’incontro con Etty Hillesum – intellettuale ebrea olandese, morta ad Auschwitz nel 1943, con l’epistolario e i diari degli ultimi tre anni della sua esistenza – è un incontro di speranza e di amore per l’umanità.
Etty Hillesum fu una giovane donna olandese nata nel 1941 da una famiglia della borghesia intellettuale ebraica. Tra il 1941 e il 1942 Etty scrisse, ad Amsterdam, un diario quotidiano, dove continuerà a scrivere anche a Westerbork, campo di smistamento degli ebrei, dove entrò, inizialmente come volontaria, per alleviare i patimenti della sua gente.
Gli scritti della Hillesum ci travolgono per freschezza e autenticità, per i cedimenti e le contraddizioni dichiarate, per il profondo desiderio di spiritualità, di pace, di amore e di libertà. Una libertà morale, vitale che non cede neanche davanti alle umiliazioni e ai tormenti, ed infine, al destino certo di morte che Etty affrontò in un treno blindato, cantando. Dal treno che la portava ad Auschwitz, Etty lanciò una cartolina postale, indirizzata ad un’amica; qualcuno la raccolse dalla strada ferrata e la spedì.
Costretta a soffrire, a rinunciare ai sogni di una vita per il solo fatto di essere nata ebrea, Etty non poteva essere diversa da quello che è stata: una donna cosmopolita, moderna, visionaria che non riuscì ad odiare gli uomini, ne comprese i disegni aberranti, ne subì la violenza, ma non accettò compromessi e non perse mai la sua umanità.
Il suo fu un tenace e disperante bisogno di essere libera nello spirito e di credere ancora, contro ogni volere di annientamento, contro ogni tentativo di disumanizzazione. Decise, infine, che la sua missione era quella di testimone del suo tempo, ingiusto e feroce, incomprensibilmente malvagio, ma pur sempre tempo di vita.
Alla base degli scritti di Etty Hillesum, ci sta la convinzione totale che lei abbia dato rilievo, in modo personale a quell’esperienza umana fondamentale: l’esperienza dell’Altro. L’Altro infinitamente odiato o amato, come Vita o Morte, come un’idea del Bene e del Male, e ancora l’Altro inteso come Dio. La tematica dell’Altro, che equivale in realtà ad una relazione che un soggetto istituisce e mantiene con un’altra persona, non si esaurisce nella sola questione etica.
Entrano in scena quattro elementi: la letteratura, la psicologia, la religiosità e la mistica. Etty Hillesum non vi apparse nella veste teoretica, ma si considerava una futura scrittrice il cui posto è in mezzo al suo popolo, in mezzo alla gente che soffre i dolori del proprio tempo.
Ed è proprio partendo da questo tempo, storico, che Etty raccolse nei Diari le sue ferite, che nella scrittura si trasformano in cicatrici. Voleva essere la cronista delle vicende storiche che attraversava perchè qualcuno doveva trovare le parole per dirlo. Raccontare per le generazioni del dopo guerra, per i sopravvissuti, come per quelli dopo di loro.
Bisogna leggere Etty Hillesum, bisogna ascoltarla perchè tutt’ora ha qualcosa di intimo da dirci, quel qualcosa che ognuno di noi può scoprire nella propria esistenza.
Il suo stile era chiaro e semplice, le sue parole erano quelle della vita di tutti i giorni, a cui però diede una poesia particolare e insolita. Le sue riflessioni sulla vita vanno dritte al cuore, grazie alla loro bellezza e alla loro verità e vanno lasciate lì, dentro di noi, fino a quando non raggiungono la nostra esperienza personale.
Etty è morta in un forno crematorio ad Auschwitz. Davanti a questo luogo di sterminio collettivo, ha cercato di raccontare alle generazioni successive la sua esperienza personale più intima: nonostante ogni orrore, ogni sofferenza, che la vita è infinitamente buona. Ciò che fai di ogni essere umano, un essere vivente, nonostante tutto, è questa bontà che va sperimentata. Accettò di essere deporatata, insieme alla folla di ebrei che vi venivano mandati da tutta l’Europa dominata dal nazismo. Ma con libertà perchè quell’esperienza era talmente forte, intensa, che avrebbe potuto includere ogni sofferenza, senza essere fermata e distrutta. Lì ha trovato il suo fondamento perchè pur vivendo fino in fondo l’orrore del suo popolo, sapeva, ne era convinta, di non perdere il senso della bontà della vita.
Purtroppo, Etty Hillesum non è sopravvissuta per poterlo testimoniare ma ci ha lasciato il suo Diario, iniziato domenica 9 marzo 1941 ed interrotto nell’ottobre del 1942. Ci ha lasciato le Lettere che è riuscita a spedire dal campo di transito di Westerbork fino a settembre del 1943.
Questi sono anni decisivi per lei. Sono gli anni di una relazione d’amore con un uomo che ha occupato tutte le sue emozioni: Julius Spier, il quale l’ha aiutata a trovare quella strada che lei non abbandonò mai, fino alla fine. In questa storia d’amore nasce in lei la fede in Dio, una fede particolare che è partita da una donna che inizialmente possedeva indifferenza e un sentimento religioso abbastanza vago. A poco a poco, Etty va verso un dialogo molto intenso con il divino. Quando cominciò a rivolgersi a Dio, cambia lo stile dei suoi appunti totalmente perchè aveva un ritmo religioso tutto suo, non dettato da chiese o sinagoghe, cose che le erano estranee.
Lei, di Dio, comprende e vive le cose essenziali: la sua presenza familiare e non estranea al cuore dell’uomo, una sorta di sua profonda solidarietà e compromissione con l’uomo, con la sua debolezza e impotenza e crocifissione nelle contraddizioni e nell’estremo dolore dell’esistenza. Il suo tacere di fronte ai giochi tragici con cui l’uomo mette in scena il suo profondo inganno su di sè, il suo tornare a farsi avanti sempre e ancora attraverso l’uomo, con la stessa fedeltà ostinata della vita. Verso Dio, come verso la vita, Etty mantiene un atteggiamento di apertura e di disponibilità le cui perturbazioni non mette mai sul conto di Dio ma, con grande dignità, libertà e responsabilità, ascrive al proprio limite umano. Etty “scagiona”Dio e lo considera la prima vittima dell’odio e della violenza che infierisce attorno a lei.
Per Etty Hillesum, il “Dio lontano”, che spesso appare sordo e indifferente alle drammatiche situazioni della nostra vita, è un Dio prossimo. E il soccorso è l’impegno che Etty volle assumersi; disseppellire Dio nell’interiorità dell’uomo, inaridita come nel devastato campo di ossa sparse – immagine perfetta dei campi di sterminio.
Ho ricevuto dal passato un dono prezioso da trasmettere a mia volta alla vita di tutti i giorni, una vita decisamente più serena. E questo dono, mi viene e ci viene, da una delle vittime delle barbarie dell’umanità. Quella umanità di cui anche noi siamo parte integrante: oggi e per sempre.
Concludo il mio excursus del pensiero di Etty Hillesum, con questo passo tratto dal Diario, il 19 febbraio 1942:
“Il marciume che c’è negli altri c’è anche in noi, continuavo a predicare; e non vedo nessun’altra soluzione, veramente non ne vedo nessun’altra, che quella di raccoglierci in noi stessi e di strappar via il nostro marciume. Non credo più che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza aver prima fatto la nostra parte dentro di noi. E’ l’unica lezione di questa guerra: dobbiamo cercare in noi stessi, non altrove…”.