Le statistiche sono impietose. Ci informano che questo Natale è uno dei più poveri e meno felici. La maggior parte dell’umanità è oberata da preoccupazioni finanziarie e di conseguenza da un modo di vivere poco soddisfacente, anzi preoccupato.
Un Natale che, secondo quanto raccontano le persone più anziane, fa ricordare quelli della Seconda Guerra Mondiale e degli anni immediati che la seguirono, con povertà generalizzata e mancanza di lavoro. Allora, alle ristrettezze economiche si aggiungevano la paura, il terrore, provocati dalla guerra, dai bombardamenti. Ma le cose non vanno meglio oggi. Le stesse preoccupazioni, sia pure sotto nomi e situazioni diverse, turbano anche i nostri animi. La mancanza di lavoro, la paura di perdere il lavoro, il lavorare senza ricevere regolari compensi, perché le aziende, le famiglie e le singole persone sono in affanno, avvelenano la vita. Avere un lavoro significa dignità, possibilità di pianificare la propria esistenza, fare progetti, sognare, insomma, poter essere persone libere e costruttive. Sanza un lavoro preciso, si è come in balia di onde sconosciute che possono provocare qualunque sorpresa. E in questa situazione i giovani si sentono frustrati, impossibilitati a sviluppare i propri talenti e a formare una famiglia. Mentre gli adulti, quelli che hanno già una famiglia, sono attanagliati della prospettiva di trovarsi all’improvviso nella condizione di non riuscire più a provvedere economicamente alle persone care di cui sono responsabili. Drammi tremendi, e quotidiani.
Speranze di poter superare in fretta la crisi, non se ne vedono. Le ideologie sociali e politiche sembrano impotenti. L’unica speranza forte, per i cristiani, proviene dalla Fede. Una speranza che poggia sulle promesse di Dio. La storia ci insegna che i periodi sereni e quelli difficili sono il pane quotidiano della condizione umana. Nessuno si salva. Ma il mistero del Natale, la nasciata di Dio in mezzo agli uomini, richiama l’attenzione sul vero destino dell’umanità, che non è un soffio nel tempo dei secoli, ma è la vita eterna. Gli esseri umani sono destinati alla vita per sempre. Vita, della quale, il mistero del Natale di Cristo, uomo e Dio, è il seme, e la sua Risurrezione, dopo la morte in croce, è la conferma ultima, definitiva. Le caratteristiche specifiche della “vita eterna” sono quelle del Risorto, di cui raccontano i Vangeli. Vita in anima e corpo “glorioso”, che si svolgerà nello spazio di “cieli nuovi e terra nuova”, come si legge nella seconda lettera di San Pietro.
E’ con lo spirito di questa Fede, che rivolgiamo i più sentiti auguri a tutti i nostri lettori. E lo facciamo con una consuetudine che è diventata ormai una tradizione: una poesia appositamente scritta per noi da uno dei nostri più assidui collaboratori, Roberto Allegri, scrittore, giornalista e anche poeta.
La sua poesia, quest’anno, è più lunga del solito, proprio perché più grandi sono gli interrogativi che il tempo di crisi suscita nei cuori. Il titolo “Natale dove sei?”, è emblematico. L’autore, ponendosi la domanda fin dal titolo dei suoi versi, sottolinea il clima pesante di incertezza e di affanno. Va con il ricordo ai Natali passati e li confronta con la cronaca di oggi. “Adesso il Natale è una candela/ che il vento vuole spegnere”.
Accenna poi ad alcune tematiche di dolore, il buio d’oggi, ma poi “L’ombra d’un bimbo avanza sul muschio”, è la Luce, la Speranza che salva.
Buon Natale a tutti
Tony Assante
Direttore de “Il Faustino”.
[dropshadowbox align=”none” effect=”raised” width=”750px” height=”” background_color=”#ffffff” border_width=”1″ border_color=”#dddddd” ]Roberto Allegri si racconta per noi: Sono nato a Monza nel 1969. Faccio il giornalista e scrivo libri. Sono collaboratore fisso del settimanale CHI fin dal primo numero, uscito nel 1995. Ho pubblicato una trentina di volumi alcuni dei quali sono stati tradotti in inglese, tedesco, portoghese e giapponese. Con due volumi di poesie, “Il profumo del fieno” e “Con il vento”, ho ottenuto lodi persino da due scrittori notoriamente temuti per la loro severità: Mauro Corona e Remo Remotti. Remotti mi ha addirittura paragonato a Hans Magnus Henzesberger ed ha scritto: “Le tue poesie, caro Roberto, mi piacciono, mi prendono, me le sento vicine perche tu sei uno scultore. Sei un pittore dalle tinte forti. Hai la forza di Alberto Burri, di Mario Sironi, di Brancusi.” Vivo con mia moglie e i nostri tre bambini sulle sponde del fiume Adda, in mezzo a cani, gatti e cavalli.Tutti i miei libri sono in vendita su Amazon.It cliccando qui[/dropshadowbox]
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[/ezcol_1half] [ezcol_1half_end] NATALE, DOVE SEI?
Conto le stelle e conto i Natali
di quando i giorni erano sottili,
con tanti sogni
e poco spazio a tenerli.
Passo i pensieri davanti
al presepe
ancora spento.
Le feste erano lunghe.
C’erano i nonni
e uno zio,
ora luci di lassù.
Non cercavo né sapevo
e in me seminavano
gli altri.
Adesso il Natale è una candela
che il vento vuole spegnere.
Mi tocca fargli scudo,
preghiera a ricordo.
E’ così difficile!
Ascolto e leggo
ma tutto è brutto.
E a momenti,
scordo dove si trova.
Natale, dove sei?
Là c’era una fabbrica
e produceva vestiti.
Ora con la seta
lavorano solo i ragni.
Là c’era il verde degli orti
e l’hanno coperto con una landa
di cemento.
Le bambine si vendono,
chi scappa dalla paura
affoga in mare.
I potenti giocano a carte
col cuore della gente.
Là fuori
nero e fumo
buio e grida.
Il futuro sembra un pozzo
e l’universo chiude gli occhi,
ferito.
Dove sei?
Dove trovi l’amore
per nascere di nuovo?
Dalla finestra
adesso,
corre sul buio
uno stelo di luce.
Entra
e finisce la caduta
sul presepe.
Ora non più spento.
La paglia nella mangiatoia
aspetta mezzanotte
e crepita.
L’ombra d’un bimbo avanza
sul muschio,
si fa strada tra i pastori.
Minuscole impronte
nella polvere
e il guizzo
d’un ricciolo biondo.
Natale.
E’ nel pane posato
sul palmo d’una mano
che dona.
E’ nella stella
che illumina un sogno.
E’ nell’abbraccio di un nonno.
Nella lacrima di un orfano,
goccia di sale
che riflette l’amore
del Cielo.
E’ nelle parole “Benvenuto”
e “Non temere”.
E’ nel grido “Aiuto!”.
E nella risposta: “Sono qui!”
Abbiamo bisogno di speranza
come il deserto della pioggia.
Abbiamo bisogno del Natale.
E l’ombra nel presepe
mi guarda
dalla piccola stalla,
briciole di paglia nelle manine.
Poi,
sorride.
Luce.