Il segreto Eucaristico di Papa Francesco
Di Renzo Allegri
Papa Bergoglio ha una grandissima devozione per il mistero dell’Eucaristia. Lo ha affermato lui stesso recentemente nella lunga intervista al mensile “Civiltà Cattolica”: <<Nelle mie preghiere, ciò che davvero preferisco è l’Adorazione serale…La sera, tra le sette e le otto, sto davanti al Santissimo per un’ora in adorazione>>.
Il Catechismo della Ciesa Cattolica, al paragrafo 282, afferma: <<Gesù Cristo è presente nell’Eucaristica in modo vero, reale, sostanziale: con il suo Corpo, il suo Sangue, con la sua Anima e la sua Divinità>>. Frasi che indicano una presenza concreta, si potrebbe dire “fisica”. Per questo, l’Eucaristia è il nucleo di tutto il Mistero della Fede cristiana. E’ un dogma, cioè una di quelle verità rivelate ritenute fondamentali. Pregare davanti al Santissimo Sacramento significa, per il credente, essere davanti alla Persona “vera e reale” di Gesù.
Domenica primo di settembre, il Papa, all’Angelus, aveva parlato di un grave pericolo di guerra e aveva invitato i credenti di tutto il mondo a dedicare un giorno di preghiera e di digiuno per la pace. Aveva scelto il 7 di settembre vigilia della Festa della natività della Madonna, decidendo di concluderlo con una solenne preghiera di adorazione eucaristica in Piazza San Pietro.
In genere, questo tipo di preghiera viene chiamato “ora di adorazione”. Papa Bergoglio ha trasformato “quell’ora” in quasi “cinque ore”.
E per tutto quel tempo, dalle sette di sera a quasi mezzanotte, lui è rimasto lì, davanti al Santissimo Sacramento, ora in piedi, ora inginocchiato, ora seduto, intervallando la preghiera vocale con lunghi silenzi, ma sempre lì, e con lui, nella Piazza, 100 mila persone, mentre milioni di altri credenti hanno seguito la cerimonia alla televisione.
Chi ha seguito la cerimonia in televisione, ha potuto constatate, grazie ai primi piani del volto del Papa, con quale concentrazione, con quale intensità Papa Francesco ha vissuto quella lunga preghiera.
Il suo viso era sereno ma teso, smunto, anche per il severo digiuno praticato in tutto il giorno. Si aveva la netta impressione che fosse realmente in colloquio con una presenza invisibile.
In tutte le occasioni in cui abbiamo visto Papa Bergoglio a contatto diretto con l’Eucaristia, come, per esempio, quando dice la Santa Messa, abbiamo avuto sempre la stessa precisa sensazione: il Papa viveva intensamente l’evento prodigioso che si stava compiendo davanti ai suoi occhi, e cioè la autentica presenza reale di Gesù, in anima corpo e divinità, come è in cielo.
E credo che, ogni volta, nella sua mente, si affacci anche il ricordo e le emozioni di un misterioso prodigio di cui egli è stato testimone per anni quando era in Argentina.
Si tratta di un fatto scientificamente inspiegabile, verificatosi nella chiesa di Santa Maria, a Buenos Aires: la trasformazione, in tempi diversi, di due ostie consacrate in pezzi di carne umana sanguinante. Uno straordinario e grande miracolo eucaristico .
Poco conosciuto, perché il cardinale Bergoglio ha sempre cercato di tenere nascosta la vicenda per evitare il pericolo di diffondere cose che potrebbero risultare non vere. Ma ormai il fatto è stato esaminato da diversi grandi scienziati, è stato sottoposto ad analisi scientifiche di ogni genere e non è possibile trovare nessun’altra spiegazione se non quella di un vero e proprio miracolo eucaristico.
Tutto cominciò il primo maggio 1992. Nella chiesa parrocchiale di Santa Maria che si trova al centro di Buenos Aires, vennero trovati due pezzi di Ostia sul corporale del tabernacolo.
Il parroco, Alejandro Pezet, non sapendo quale origine avessero quei due frammenti, se appartenessero a Ostie consacrate o meno, seguì le diposizioni disciplinari stabilite dalla Chiesa per simili casi. Poiché la presenza “vera e reale” di Gesù nell’Ostia consacrata è strettamente legata al supporto delle specie eucaristiche, cioè del pane, basta far sciogliere il pane nell’acqua, e il problema è risolto. Quando non c’è più pane, non c’è più la presenza reale di Gesù.
Il parroco perciò fece mettere i due frammenti in un bicchiere d’acqua e attese. Ma, con il passare dei giorni, i due frammenti restavano intatti. Non si scioglievano. Anzi, l’8 maggio avevano assunto un colore rosso sangue.
Il 10 maggio, altro evento. Durante la messa serale furono notate delle gocce di sangue sulla patena, il piattino su cui si pone l’Ostia consacrata. Il parroco, stupito, volle far analizzare quel sangue da alcuni ematologi, e risultò che era sangue umano.
Passarono quattro anni. Il 18 agosto 1996, terzo episodio clamoroso: al termine della Messa, una donna si avvicinò al parroco e gli disse di aver trovato un’ostia in un angolo della chiesa. Il parroco, ricorse ancora alle regole del caso. Mise l’ostia in un bicchiere d’acqua, in attesa che si sciogliesse.
Il 26 agosto notò che l’ostia non si era sciolta, ma si era trasformata in un “frammento di carne sanguinolenta”. Allora informò monsignor Bergoglio, che era il vescovo ausiliare del cardinale Antonio Quarraccino.
Bergoglio disse di far fotografare il tutto da un professionista, per avere immagini ben precise, aggiungere una dettagliata relazione e spedire tutto in Vaticano. E conservare in un luogo appartato i reperti in attesa di sviluppi. Raccomandò in oltre il silenzio sulla vicenda.
Passò ancora qualche tempo e nei reperti conservati non cambiava nulla. Allora Bergoglio diede ordine di eseguire delle analisi scientifiche.
Un primo esame venne compiuto in un Laboratorio di Buenos Aires. Naturalmente senza rivelare mai ai ricercatori l’origine del campione da studiare.
Risultati: i globuli rossi e bianchi del sangue dei tessuti esaminati risultarono appartenere a un “cuore umano”. “Il cuore di un uomo ancora vivo, con cellule pulsanti come se fossero state in un cuore in attività”.
Stupefatti, il Vescovo Bergoglio e il parroco si resero conto che bisognava veder chiaro in quella vicenda.
Si rivolsero a una personalità molto nota e fidata, il dottor Ricardo Gomez Castañón, neuropsicofisiologo, spiegandogli la vicenda e chiedendo il suo consiglio.
Il dottor suggerì di far eseguire delle ricerche ad alto livello, in un famoso laboratorio di genetica, il Forence Analitycal di San Francisco, negli Stati Uniti.
Egli stesso fece i prelievi e preparò i campioni per i vari test. E questa volta vennero scelti campioni tolti da tutte e due le ostie ritrovate, quella del 1992 e quella del 1996.
Risposta da parte del laboratorio: “Sul materiale inviato è stato trovato DNA umano. Si tratta di sangue umano con codice genetico umano”.
Lo stupore cresceva. A Buenos Aires si formò una specie di comitato, comprendente pochissime persone che dovevano mantenere il segreto su quanto avveniva.
Gli stessi campioni esaminati a San Francisco vennero mandati anche a un altro celebre laboratorio, quello diretto dal professor John Walker, dell’Università di Sydney in Australia. Anche il professor Walker constatò che quei campioni erano costituiti da cellule muscolari e cellule bianche del sangue, tutte intatte.
La ricerca ha inoltre dimostrato che quei tessuti erano infiammati, quindi la persona a cui appartenevano aveva subito un trauma.
Sempre più stupiti, il vescovo Bergoglio e gli altri appartenenti al comitato, vollero approfondire ancor di più la situazione inviando i campioni al più grande esperto in malattie del cuore: il dottor Frederic Zugibe, della Columbia University di New York.
Il professore, dopo aver compiuto un lungo esame, scrisse una relazione dettaglia, in data 26 marzo 2005, nella quale tra l’altro si legge: “Il materiale analizzato è un frammento del muscolo cardiaco tratto dalla parete del ventricolo sinistro in prossimità delle valvole.
Questo muscolo è responsabile della contrazione del cuore. Va ricordato che il ventricolo cardiaco sinistro pompa sangue a tutte le parti del corpo. Il muscolo cardiaco in esame è in una condizione infiammatoria e contiene un gran numero di globuli bianchi.
Ciò indica che il cuore era vivo al momento del prelievo perchè i globuli bianchi, al di fuori di un organismo vivente, muoiono. Per di più, questi globuli bianchi sono penetrati nel tessuto, ciò indica che il cuore aveva subito un grave stress, come se il proprietario fosse stato picchiato duramente sul petto”.
Testimoni di queste analisi furono due australiani, che avevano seguito le ricerche anche in Australia presso il laboratorio del professor Walke, ed erano il giornalista televisivo Mike Willesee, tra i più noti in Australia, e l’avvocato Ron Tesoriero.
Questi due chiesero al professor Zugibe quanto tempo potevano vivere i globuli bianchi se fossero appartenuti a un frammento di carne umana tenuto in acqua.
La risposta fu: “Pochi minuti”. Quando il dottor Zugibe seppe dai due che quel materiale era stato tenuto per un mese in acqua e per tre anni in acqua distillata, restò esterrefatto.
Ancor più sconvolto apparve, però, quando scoprì, dal dottor Castanon, che quel frammento di cuore umano “vivente” era in origine un’Ostia, ossia un pezzetto di pane consacrato.
Gli interrogativi che si presentavano erano molti e tutti estremamente inquietanti: com’è possibile che un pezzetto di pane possa trasformarsi in un pezzetto di cuore umano?
Essendo scientificamente certo che i globuli bianchi si disintegrano in pochi minuti, com’è possibile vederli vivi in un pezzetto di carne conservata in acqua distillata da nove anni?
Ma le sorprese incredibili non erano finte. Il piccolo comitato formatesi a Buenos Aires intorno a Bergoglio per questo caso, continuò a investigare.
I dati prodotti dall’analisi del laboratorio di New York furono confrontati con quelli ottenuti con le ricerche scientifiche, compiute tra il 1970 e il 1980, sulle reliquie del miracolo Eucaristico di Lanciano, accaduto nel secolo VIII.
I risultati furono che le due relazioni di laboratorio avevano analizzato campioni di prova “appartenenti alla stessa persona”, segnalando che i due campioni di sangue erano uguali: tipo “AB” positivo.
Questi risultati del sangue vennero anche raffrontati con quelli ottenuti dal Sangue trovato sulla Sindone e sul Sudario di Oviedo.
E risultò che il Dna delle Ostie di Buenos Aires è identico a quello riscontrato sulla Sindone e sul sudario di Oviedo.
Inoltre, le caratteristiche della persona cui quel DNA si riferisce, sarebbero quelle di un uomo che è nato e vissuto nella regione del Medio Oriente.
Il Vaticano non si è pronunciato su tutta questa storia. Forse non lo farà mai. Ma i dati degli esami scientifici dei vari Laboratori sono pubblici.
Il giornalista televisivo australiano, Mike Willesee, che era ateo, si è convertito.
Le reliquie sono conservate nella chiesa parrocchiale di Santa Maria a Buenos Aires, dove si tengono continui incontri di preghiera e di adorazione.
Lo stesso cardinale Bergoglio, quando era a Buenos Aires, partecipava regolarmente a quegli incontri di preghiere di adorazione, restando ore intere raccolto in profonda meditazione davanti ai reperti di quell’evento inspiegabile.
Renzo Allegri