Pier Giorgio Frassati: presto santo?

Il 4 luglio di 93 anni fa, moriva a Torino, Pier Giorgio Frassati, un giovane universitario di 24 anni, che con la sua bontà aveva fatto rivivere la leggenda di San Francesco. Apparteneva a una famiglia ricca e potente, era bellissimo, simpatico, intelligente poteva diventare l’idolo del “jet set” piemontese, ma rinunciò a tutto per dedicarsi all’aiuto dei poveri. Nel 1990, Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato.

Il beato Pier Giorgio Frassati potrebbe essere presto proclamato santo. La voce circola negli ambienti delle associazioni cattoliche giovanili e sembra avere un attendibile fondamento.

Il 4 luglio ricorre il 93° anniversario della sua morte, avvenuta quando aveva soltanto 24 anni. E ricorre anche il 28° anniversario della sua beatificazione, voluta e celebrata da Giovanni Paolo II il 20 maggio 1990. E proprio nell’avvicinarsi di queste commemorazioni, si è tornato a parlare di una possibile prossima canonizzazione.

Pier Giorgio Frassati con la sorella Luciana nel 1925Pier Giorgio Frassati, nato a Torino il 6 aprile 1901, apparteneva a una delle famiglie piemontesi più note di quel tempo. Suo padre, Alfredo, avvocato, era proprietario e direttore del quotidiano La Stampa. Nel 1913, divenne senatore del Regno e nel 1920 fu nominato ambasciatore d’Italia a Berlino. La madre, Adelaide Ametis, discendente da una nobile famiglia, era una pittrice di valore. Primogenito, unico erede maschio della potente famiglia Frassati, Pier Giorgio aveva tutto per essere l’idolo del jet set torinese e per condurre un’esistenza brillante e spensierata. Invece, tra la meraviglia e il disappunto di familiari, parenti e amici, egli scelse la strada dell’umiltà, del sacrificio, della preghiera, dell’impegno nell’aiuto ai poveri e ai diseredati. Proprio come, nel Medioevo, aveva fatto Francesco d’Assisi, il figlio del ricco mercante Bernardone. E come Francesco, anche Pier Giorgio divenne una figura scomoda per la ricca società borghese di Torino, e un esempio luminosissimo per coloro che credevano negli insegnamenti del Vangelo.

Nella sua breve ma intensa vita, Pier Giorgio fu studente universitario, terziario domenicano, membro della Fuci e dell’ Azione Cattolica, e soprattutto attivissimo nella “San Vincenzo”, l’associazione fondata da Federico Ozanan a favore dei poveri. Per la sua generosità e per la dedizione eroica alle persone bisognose, era amato e ammirato da tutti coloro che lo conoscevano e lo frequentavano. E ancora oggi, a distanza di tanto tempo, resta un esempio luminoso di altruismo. Giovanni Paolo II raccontò che anche lui, da ragazzo, nella Polonia, sotto il regime comunista, ebbe in Pier Giorgio Frassati un esempio formidabile, che lo aiutò a sostenere e praticare le sue convinzioni religiose in quei momenti drammatici di persecuzione. E fu proprio Giovanni Paolo II che, nel 1990, volle proclamarlo beato. Da allora, Pier Giorgio Frassati è diventato un simbolo speciale per i giovani cristiani di tutto il mondo. Nel suo nome, sono sorte associazioni e circoli. La sua tomba, che si trova nel Duomo di Torino, è meta di visite e pellegrinaggi.

Dopo Giovanni Paolo II, anche Benedetto XVI ha contribuito a far conoscere questo giovane. Nel 2008, volle che il corpo di Pier Giorgio fosse presente a Sidney, in Australia dove si teneva la 23° Giornata Mondiale della Gioventù. Nel 2010, in uno dei discorsi pronunciati durante una sua visita a Torino, papa Ratzinger, rivolgendosi soprattutto ai giovani disse: “Questa sera non posso non additarvi come modello un giovane della vostra città: il beato Piergiorgio Frassati”.

Pier Giorgio Frassati per le vie di Torino con gli amici uni versitariAnche Papa Francesco mostra continuamente grande ammirazione per questo giovane. Nel giugno 2015, durante la sua visita pastorale a Torino, si fermò a pregare sulla tomba di Pier Giorgio affermando: << Frassati è un modello di fiducia e audacia evangelica per i giovani d’Italia e del mondo>>

Nel 2016, sull’esempio di quanto aveva fatto Benedetto XVI, volle che il corpo di Pier Giorgio fosse presente alla giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia. E nel “Messaggio” indirizzato ai ragazzi che avrebbe incontrato a Cracovia, disse: “Piergiorgio era un giovane che aveva capito che cosa vuol dire avere un cuore misericordioso, sensibile ai più bisognosi. A loro dava molto più che cose materiali; dava sé stesso, spendeva tempo, parole, capacità di ascolto. Serviva i poveri con grande discrezione, non mettendosi mai in mostra”.

Le reliquie del beato, partendo da Torino raggiunsero la città polacca con una lunga peregrinazione, fermandosi in una ventina di città, tra le quali Milano, Bolzano, Vienna, Bratislava e Varsavia. Un viaggio trionfale. Ovunque, grandissimo entusiasmo giovanile.

L’anno scorso, 2017, Papa Francesco annunciò il XV Sinodo dei Vescovi, che si terrà a ottobre 2018, e che ha come tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. E Pier Giorgio Frassati è diventato immediatamente il “simbolo” del Sinodo. Lui, che era bello, ricco, appartenente a una famiglia potente, non si lasciò imprigionare dalle agiatezze della sua condizione, ma abbracciò il Vangelo, realizzando, con una dedizione totale ed eroica, i consigli dati da Gesù. E, tra i giovani ammiratori del beato sorse subito una singolare iniziativa: scrivere delle lettere al Papa chiedendo che Pier Giorgio Frassati venga proclamato al più presto santo. L’iniziativa ha avuto un grande successo. Le lettere arrivate finora in Vaticano sono decine di migliaia, proveniente da una settantina di Nazioni. E l’iniziativa continua.

Lo stesso papa Francesco, quando si riferisce al Sinodo dei giovani di ottobre, spesso richiama l’esempio Pier Giorgio. Durante la catechesi del 13 giugno suggerì e commentò un motto che era di Pier Giorgio Frassati: “Bisogna vivere, non vivacchiare”.

L’attenzione di Papa Francesco per Pier Giorgio hanno rafforzato la speranza che la canonizzazione potrebbe essere prossima. E si dice anche che potrebbe avvenire prima della prossima “Giornata Mondiale della Gioventù” che si terrà a Panama dal 22 al 27 gennaio 2019.

Luciana Frassati, sorella di Pier Giorgio, nata nel 1902 e morta nel 2007Pier Giorgio Frassati in vita non fu una persona avvolta in una meravigliosa luce celestiale, come si potrebbe pensare e come spesso viene raccontato. Fu un giovane amato da Dio come tutti, che aveva preso coscienza di quella stupefacente condizione e volle rispondere con tutto se stesso.

Il “modo” della risposta di Pier Giorgio Frassati all’amore di Dio era frutto del carattere, della sensibilità del giovane torinese, e non è esagerato sostenere che fu un “modo” tipico di un combattente, di un ribelle, di un innamorato ricercatore impaziente della verità evangelica. Pier Giorgio Frassati fu un giovane vivace e attivissimo, quindi estremamente moderno.

«Quando leggo le biografie scritte su di lui>>, mi disse un giorno Luciana Frassati, sorella di Pier Giorgio << spesso mi arrabbio perché lo dipingono come lui non era. Pier Giorgio non aveva niente a che fare con l’immagine del “santerello”, taciturno e remissivo. Era un vulcano di energia e di attività. Aveva un carattere forte e deciso. Era temerario, burlone, sempre pronto a combinare scherzi atroci e se era necessario anche a menare le mani. La sue “scazzottate” per le strade di Torino, per difendere le sue idee, le sue convinzioni religiose e le sue scelte sociali, sono rimaste famose. Aveva pugni pesanti e più volte, dopo gli scontri di piazza tra opposte fazioni, venne fermato dalla polizia e portato in questura. Era insomma un “uomo”, un “grande uomo”>>.

Conobbi Luciana Frassati nel 1970, e andai varie volte a trovarla e a intervistarla nella sua casa di famiglia a Pollone, in provincia di Torino. Donna energica e risoluta, in possesso di una cultura vastissima, come dimostrano le sue numerose pubblicazioni che spaziano dalla musica alla economia.

<< Credo che nessuna persona abbia conosciuto a fondo mio fratello come l’ho conosciuto io>>, affermava spesso con orgoglio. <<Sono nata diciassette mesi dopo Pier Giorgio. Tra di noi, quindi, la differenza d’età era minima. Siamo cresciuti sempre insieme. Eravamo inseparabili. Perfino a scuola eravamo insieme. Le ele-mentari le abbiamo fatte a casa, privatamente, e poi, insieme, siamo entrati al ginnasio. Io avevo otto anni, Pier Giorgio nove e mezzo>>.

A 23 anni, Luciana aveva sposato un nobile polacco, appartenente al corpo diplo¬matico, e per diverso tempo era vissuta in Polonia. Uno dei suoi figli è Jas Gawronski, giornalista, scrittore e uomo politico. Quando la conobbi, nonostante l’età, (aveva allora superato i 70 anni, ma visse poi fino a 105 anni) Luciana Frassati era un vulcano di attività. I suoi ricordi erano lucidi ed estremamente importanti. Mirava sempre a dare del fratello una visione concreta evidenziando le grandi difficoltà che dovette affrontare, anche in famiglia, per essere coerente con le proprie convinzioni.

Giovanni Paolo II prega sulla tomba di Pier Giorgio Frassati<<All’inizio del Novecento, soprattutto subito dopo la prima guerra mondiale, a Torino era difficile mostrarsi cattolici in pubblico>>, raccontava. <<L’università, che Pier Giorgio frequentava, era impregnata di positivismo; nelle fabbriche proliferava il comunismo; in politica si stava¬no affermando le camice nere. Tutti guardavano con disprezzo la religione.

<<In casa nostra la religione era rispettata come un valore tradizionale, una consuetudine, e niente di più. Mio padre è stato spesso dipinto come un anticlericale. Questo è esagerato, ma non era certo un praticante. Anche mia madre era molto critica nei confronti della pratica religiosa. In casa, e nell’ambiente che gravitava intorno alla nostra famiglia, Pier Giorgio ricevette una educazione laica, basata sui valori dell’onestà, della rettitudine borghese. Non ebbe alcun aiuto nell’approfondire le verità della religione cristiana. Le scelte che in seguito egli fece furono frutto delle sue riflessioni personali. Scoprì i valori della fede da solo, e da solo decise di viverli in modo totale. Poco a poco si costruì una esistenza sua particolare, alla quale fu sempre fedele, sia pure senza mai far pesare le sue decisioni sugli altri.

«Al mattino, si alzava prestissimo perché, prima di andare all’università, voleva ascoltare la Messa e fare la Comunione. Alla sera studia¬va fino a tardi e prima di andare a letto si inginocchiava per terra e recitava il rosario. A volte la stanchezza era tale che si addormentava. Spesso mio padre e mia madre lo trovarono addormentato ai piedi del letto. Lo svegliavano perché si mettesse sotto le coperte. Mio padre scrollava la testa dispiaciuto: pensava che Pier Giorgio fosse vittima di qualche fissazione religiosa e ne soffriva moltissimo.

«Ma Pier Giorgio non era assolutamente un “fissato”. Era un giovane sanissimo. Amava la vita. Praticava lo sport. Era appassionato di cavalli, di automobili. Guidava come un campione. Era uno sciatore provetto. Scalava le montagne da professionista. Si tuffava nei fiumi ghiacciati a duemila metri. Aveva una cultura vasta. Conosceva i musei di tutte le città europee dove si era recato. Era appassionato di lirica, amava soprattutto Verdi e Wagner. Seguiva il teatro di prosa e leggeva molto. Con tutti questi interessi, le giornate di Pier Giorgio erano intensissime. Le ore concesse al sonno molto poche».

Giovanni Paolo II e Luciana FrassatiCarattere estroverso e cordiale, Pier Giorgio amava vivere e agire insieme agli altri. Soffriva di non trovare in famiglia condivisione per le convinzioni religiose che ispiravano la sua condotta. Per questo, forse, si appoggiava con entusiasmo a tutti i gruppi di ispirazione cattolica con i quali veniva a contatto. Si era iscritto al circolo politico “Cesare Balbo”, alle Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI), all’Azione Cattolica, al Partito Popolare di Don Sturzo, alla Società di San Vincenzo. Nel periodo in cui suo padre, il senatore Frassati, fu ambasciatore a Berlino, Pier Giorgio trascorse lunghi periodi in quella città. Per apprendere la lingua tedesca, viveva nella famiglia Rahner, e strinse amicizia con Karl Rahner, il futuro grande teologo, che aveva tre anni meno di lui, e con Romano Guardini. Entrò in contatto anche con il sacerdote K. Sonnenschein, che operava negli ambienti popolari berlinesi. E poi portò le esperienze apprese in quegli ambienti tedeschi tra gli operai e i poveri di Torino.

Nel 1922, convinto antifascista, auspicava la formazione di un governo di coalizione di cattolici e socialisti; nel 1924 venne in contrasto con la FUCI torinese, che giudicava morbida nei confronti di Mussolini, e fu espulso. Dopo il delitto Matteotti aderì all’Alleanza universitaria antifascista. Questi movimenti e cambiamenti erano criticati da molti suoi amici, ma comprensibili se si tiene presente che tutti i pensieri e tutti gli interessi di Pier Giorgio gravitavano attorno a una profonda ispirazione religiosa, e dove questa veniva meno, non si sentiva a suo agio.

Per questo forse era a volte inqueto, scontento e diventava polemico anche con coloro che avevano le sue stesse idee. Sentiva che si adattavano alla corrente, alla moda del momento, e lui si ribellava, polemizzava, rifiutava, cambiava. Su un punto il suo comportamento fu sempre lo stesso: i poveri. L’amore per i poveri fu l’anima della sua esistenza, la ragione di tutto quello che faceva. I poveri erano la sua vita.

I ricordi di Luciana Frassati sull’amore di suo fratello Pier Giorgio per i poveri erano innumerevoli. Erano come impressi a fuoco nella sua memoria. Ho ancora negli occhi il suo viso, quando parlava di quell’argomento. Il volto si infiammava, il discorso diventava concitato e a volte la signora Luciana non riusciva a trattenere le lacrime.

7<<Le tasche di Pier Giorgio>>, raccontava << erano sempre piene di foglietti con indirizzi di persone bisognose. Ogni giorno andava nei vicoli più miseri, nelle zone della città più malfamate. Entrava nelle case di ex carcerati, di prostitute, di ladri. Non chiedeva mai a nessuno quali fossero le loro idee politiche o religiose o quale condotta tenessero. Erano poveri, e questo bastava.

<< Mi ripeteva spesso: “Gesù mi fa visita con la Comunione ogni mattina e io gliela restituisco visitando i suoi poveri”. I poveri erano i “padroni di Pier Giorgio ed egli faceva per loro letteralmente il servo, fino a portare ingombranti pesi, a trascinare carretti, persuaso di godere di un privilegio. Nelle sofferenze dei poveri, onorava la Passione di Cristo. Quasi nessuno delle persone che abitualmente soccorreva, sapevano che Pier Giorgio era il figlio del senatore Frassati.

<< Noi, in casa, non eravamo al corrente di quanto faceva. Odiava le esteriorità. Sapendo che papà e mamma non condividevano i suoi ideali, non ne parlava. Perfino a me, che gli ero sempre accanto, non parlava di questo argomento. Agiva, si sacrificava fino allo spasimo, pagava di persona, viveva in prima linea le scelte che aveva fatto, ma con grande discrezione».

<<Un giorno, quando eravamo ancora ragazzi, una povera donna venne a bussare alla porta della nostra casa. Disse che era senza lavoro e chiedeva la carità per i suoi bambini. In casa non c’era la mamma. La servitù non poteva prendere iniziative. Pier Giorgio, ragazzo, non aveva una lira. Guardava quella povera donna con occhi velati di lacrime. Improvvisamente si tolse le scarpe e le calze e le diede alla poveretta dicendo: “Per i tuoi bambini”.

«Una volta, quando era già grande, gli rubarono la bicicletta. Rimase male. Ma dopo un attimo di riflessione disse: “Forse era uno che ne aveva più bisogno di me”.

«Era attento ai sentimenti e alle sofferenze delle persone più umili. Antonio Fassone, il bidello del liceo, mi raccontò che fra tutti gli studenti solo Pier Giorgio si accorse del suo dolore quando perse l’unico suo figlio di 14 anni. “Che succede Fassone?”, chiese Pier Giorgio. E il povero uomo gli raccontò la disgrazia. Pier Giorgio abbassò lo sguardo e rimase in silenzio accanto a lui. Un anno dopo, quello stesso giorno, Pier Giorgio andò da Fassone e gli disse: “Oggi è l’anniversario della morte di suo figlio. Lo ricorderò nella Comunione”.

5«Ai poveri che lo ringraziavano perché si disturbava per loro rispondeva: “Non si preoccupi, io faccio solo il mio dovere”. Alle persone bisognose dava tutto quello che aveva. I soldi che nostra madre gli passava per vestirsi, per mangiare quando era in giro, per andare in montagna, finivano tutti ai poveri. Era capace di attraversare. Torino a piedi per risparmiare i soldi del tram e darli ai poveri. Tutti i mesi andava dalle Suore Immacolatine, un Istituto per orfanelli, per pagare la retta di alcune bambine che manteneva in quel luogo a sue spese. Alla domenica spesso si fermava nella bottega di una fioraia, Vittoria Asinari, e comperava mazzetti di fiori da portare nelle soffitte per rallegrare, in quel giorno di festa, le famiglie più povere.

<<Ottenuta la licenza liceale, scelse il corso di ingegneria industriale mineraria al Politecnico di Torino, sapendo benissimo che era dura, e richiedeva un impegno totale, ma voleva, da laureato, aiutare i minatori la cui esistenza allora era tremendamente difficile. Pier Giorgio non faceva mai niente pensando a sé, ma sempre tenendo davanti agli occhi gli altri>>.

Un aspetto che mi incuriosiva della vita di Pier Giorgio era quello affettivo. Un giorno chiesi a Luciana Frassati se in famiglia Pier Giorgio si sentiva compreso, amato o se invece provasse sofferenza per il conflitto di idee che aveva con i genitori.

<<Mio fratello voleva molto bene ai genitori>>, mi rispose. <<Aveva una autentica adorazione per la mamma, ma amava profondamente anche papà. Non condivideva la sue idee politiche e filosofiche. E quando si trattò di scegliere, si mise contro papà provocando malumore in famiglia. Cattolici e liberali, erano, allora, soprattutto a Torino, su barricate opposte. E proprio in casa di uno dei più importanti liberali del tempo, mio fratello decise di essere un cattolico popolare. Nostro padre era il proprietario e direttore della Stampa. Attendeva che suo figlio terminasse gli studi per averlo accanto nella direzione di quel prestigioso giornale. Ma mio fratello si interessava del giornale cattolico, Il Momento, quindi il concorrente, l’avversario del giornale della nostra famiglia.. Al mattino, si alzava prestissimo per andare a distribuirlo davanti alle porte delle chiese. Un giorno mio padre, amareggiato, gli disse: “Vuol dire che quando avrai fame andrai a mangiare al Momento”. Ma era solo uno sfogo. Papà rispettava le scelte di mio fratello. Pensava che, con il passare del tempo, Pier Giorgio sarebbe cambiato, sarebbe diventato meno utopista e avrebbe lavorato con lui alla Stampa».

Un’altra curiosità che avevo riguardava l’avvenire di Pier Giorgio. Luciana lo dipingeva come un giovane bellissimo: <<Era alto, spalle quadrate, occhi grandi, profondi, pensosi, sopracciglia e capelli folti>>, diceva con voce appassionata. <<Aveva una bellezza classica, scultorea. Quando passava per strada, la gente si girava per ammirarlo. La ragazze se lo mangiavano con gli occhi. Ma nel suo comportamento c’era qualcosa di soave, di grande, di sublime che trascinava verso ideali puri, verso sentimenti nobili. Sono certa che la sua bellezza fisica non ha mai suscitato passioni sensuali in nessuna delle ragazze che lo frequentavano»

3<<Aveva una fidanzata?>>, le chiesi un giorno..

Luciana Frassati rimase qualche secondo pensierosa e poi mi raccontò: <<Il sogno di Pier Giorgio era diventare missionario e andare in Africa a diffondere il Vangelo. Sapeva però che quel sogno non avrebbe mai potuto realizzarlo. I nostri genitori sopportavano con malumore la sua attività sociale e le sue convinzioni religiose, ma mai avrebbero permesso che diventasse missionario. Quella scelta sarebbe stata un disonore per la famiglia. Con grande dolore, Pier Giorgio si adattò, sacrificò le sue aspirazioni per la pace familiare. Era quindi entrato nell’idea di sposarsi, di formare una sua famiglia.

<<Nel 1923, in montagna, conobbe una ragazza, Laura. Era più anziana di lui. Era orfana e con grandi sacrifici studiava e faceva da madre al fratello minore. Pier Giorgio rimase colpito dalla bontà di quella ragazza e nel suo cuore nacque un profondo sentimento.

«Me ne parlò con discrezione dopo aver riflettuto per mesi. Mi disse che non aveva ancora manifestato i suoi sentimenti alla ragazza. Voleva sapere che cosa ne pensassi. Io fui sincera. Conoscendo le ambizioni che i nostri genitori avevano su di lui, unico erede maschio dei Frassati, gli dissi di lasciar perdere, quella non era la donna giusta. Mi guardò con grande dolore. Mi disse che soffriva molto. Nello stesso tempo però capiva che papà e mamma mai gli avrebbero permesso di sposare quella ragazza e ancora una volta per la pace familiare, si sacrificò con il cuore che sanguinava>>.

Un altro racconto straordinario che Luciana Frassati mi fece in quegli incontri riguardava la morte del fratello. Rivelò dettagli sconvolgenti, che mi colpirono molto e sono ancora impressi in modo forte nella mia memoria.

«Pier Giorgio venne colpito colpito da un attacco di poliomielite acuta. La poliomielite era, allora, una terribile malattia infettiva. Forse Pier Giorgio la prese in qualche misera soffitta, visitando i suoi poveri. Abituato a non pensare alle sue sofferenze, non disse che si sentiva male. Mi accorsi che dimagriva, era macilento e pallido, ma davo la colpa alla sua attività intensissima e alle nottate che passava sui libri. Era ormai alla fine degli studi. Gli mancavano due esami e poi avrebbe dato la tesi. Aveva scelto Ingegneria mineraria per poter andare a lavorare in miniera accanto agli operai che svolgevano un lavoro durissimo. Sapeva che anche quel sogno gli sarebbe stato vietato. Nostro padre, infatti, lo voleva alla Stampa. Gli aveva già predisposto l’ufficio, e difficilmente Pier Giorgio avrebbe potuto rifiutarlo. Comunque sognava e soffriva per i suoi ideali, tra l’indifferenza di tutta la famiglia che non ha mai voluto lasciarlo andare per la sua strada. Quando il medico scoprì la terribile malattia, non c’era più niente fare. Pier Giorgio morì dopo pochi giorni».

«Ricorda quei momenti?», domandai.

«Sì, ogni attimo di quei giorni è indelebile nella mia mente. Non solo per il dolore che provai, ma anche per il rimorso. Noi della famiglia fummo quasi estranei alla morte di Pier Giorgio. Soffrì da solo, agonizzò da solo. E’ triste dire questo, ma è la verità.

«La situazione, in quei giorni, era difficile nella nostra famiglia. I nostri genitori non andavano più d’accordo e stavano per separarsi. La nonna, molto vecchia, era ammalata: morì proprio tre giorni prima di Pier Giorgio. Io mi ero sposata, ma ero lontana da mio marito appunto perché la nonna stava morendo. Papà era impegnatissimo con il giornale e con le vicende politiche che sconvolgevano il Paese. Tutto questo portava nervosismo. Ognuno pensava ai propri problemi e nessuno si rese conto della gravità della malattia di Pier Giorgio. Lui, incapace di disturbare, sopportò la sua agonia senza un lamento. La malattia gli provocava dolori terribili. Mi accorsi che aveva la febbre e vomitava. Avvertii la mamma, ma lei sconvolta dalla malattia della nonna e dell’incombente separazione, non mi diede ascolto.

Ritratto di Pier Giorgio FrassatiContinuò a trattare Pier Giorgio come se fosse perfettamente sano. Gli chiese di andare nella vicina parrocchia a chiamare il sacerdote perché venisse a dare l’Estrema Unzione alla nonna, e lui andò. Ma quando il prete arrivò, nessuno avvertì Pier Giorgio che non poté così assistere al rito. Ne soffrì molto e pianse, appoggiato allo stipite della porta. Poi si mise a letto, perché non riusciva più a reggersi in piedi. Trascorse tutto il giorno solo. A sera venne ripetuta¬mente chiamato al letto della nonna agonizzante. Era in pigiama, con un plaid attorno ai fianchi, magrissimo.

«La nonna morì quella sera stessa, mercoledì primo luglio. Durante la notte, Pier Giorgio non riuscì a chiudere occhio. Ogni tanto si trascinava nella camera della nonna per farle visita. Ma i suoi movimenti erano sempre più impacciati. La malattia lo stava paralizzando. Durante una di quelle visite, cadde tre volte e dovette chiedere aiuto al personale di servizio per rialzarsi. Per dolori lancinanti che lo tormentavano, si distese sul biliardo, nel vano tentativo di trovare conforto su una superficie rigida. Al mattino, la mamma, vedendo che non poteva occuparsi del funerale, lo rimproverò: “Pare impossibile, quando c’è bisogno di te, tu ci manchi sempre”, gli disse irritata. Pier Giorgio non rispose, sopportò in silenzio anche quell’ingiusto rimprovero.

<<Trascorse il giovedì solo, bloccato a letto. La notte gli tenne compagnia un cugino ma anch’egli non si rese conto che mio fratello era alla fine. Il venerdì mattina lo salutai distrattamente. Pier Giorgio era già paralizzato dal bacino in giù e nessuno in casa se ne era accorto.

<<Partimmo da Torino per portar la salma della nonna qui, nel cimitero di Pollone. Mentre la bara veniva calata nella terra, arrivò qualcuno dicendo che avevano telefonato per avvertire che papà doveva rientrare immediatamente in città. Pensavamo ci fossero delle cose urgenti da sbrigare al giornale, invece arrivati davanti alla nostra abitazione, vedemmo l’automobile del professor Micheli e capimmo che si trattava di Pier Giorgio.

«Mio fratello era gravissimo. Il professor Micheli disse che non c’era più niente da fare. Come mi vide, Pier Giorgio mi chiese di andare nel suo studio a prendergli una scatola di iniezioni che avrebbe dovuto consegnare quel giorno a un povero. Con fatica, scrisse un biglietto e mi disse di portarlo ai suoi amici della San Vincenzo, pregandoli di sostituirlo in quella commissione. Intanto mio padre, disperato, si dava da fare nel tentativo di salvare la vita al figlio. Furono mobilitati i più famosi medici, ma non c’erano speranze. Alle quattro del mattino, Pier Giorgio ricevette l’Estrema Unzione. Alle sette, spirò.

«Appena si sparse la notizia che Pier Giorgio era morto, cominciarono ad arrivare nella nostra casa persone sconosciute. La mamma diede ordine di cacciarle via. Le dissi che erano amici di Pier Giorgio, allora ritirò l’ordine e la nostra casa fu invasa da una fiumana di gente di ogni ceto. Con i volti induriti e rigati di lacrime, questi sconosciuti salivano nella camera di Pier Giorgio, si inginocchiavano e piangevano, lasciandoci stupiti. La ressa continuò fino al giorno del funerale. La bara uscì dalla casa tra due ali di persone. Le strade adiacenti erano piene di una folla costituita in gran parte dalle persone più povere di Torino, emarginati, disoccupati, ex carcerati con le loro famiglie, tutta gente per la quale Pier Giorgio per anni era stato l’unico sostegno fisico e morale. Piangevano, pregavano, volevano toccare la bara, si comportavano come se avessero perduto il congiunto più caro. Sono ricordi vivissimi in me. Fu in quel triste giorno che io, mia madre, mio padre capimmo chi era veramente stato Pier Giorgio».

«Si cominciò subito a parlare di lui come di un santo?».

«Molte persone affermavano di ricevere grazie. Alcuni ci dicevano che erano guariti da terribili malattie. Noi non tenevamo conto di niente. Non ci siamo mai interessati di queste cose. Ma poi cominciarono a uscire biografie, libri su Pier Giorgio. In tutto il mondo si parlava di lui e la Chiesa decise di apri¬re il processo di beatificazione».

«A un certo momento il processo venne sospeso», diciamo a Luciana Frassati. «Si disse che durante una ispezione della salma si era notato che Pier Giorgio aveva le mani nei capelli. Questo particolare fece nascere il sospetto che fosse stato sepolto vivo, in seguito a una morte apparente, e che, svegliatosi nella tomba, si fosse disperato>>.

1«Sono tutte sciocchezze», dice la signora Luciana Frassati. «Quando cominciarono a circolare queste dicerie, intervenni immediatamente. Volli sapere chi avesse aperto la tomba di mio fratello e constatai che nessuno l’aveva toccata. Mi feci rilasciare delle dichiarazioni giurate dai custodi del cimitero, dal parroco di Pollone, dall’arcivescovo di Torino. Quelle voci erano prive di ogni fondamento.

«La cassa che custodisce i resti mortali di mio fratello è stata aperta soltanto al termine dei lavori del processo di beatificazione, nel 1982. Erano presenti i giudici del tribunale ecclesiastico ed ero presente anch’io. Il corpo di Pier Giorgio è apparso ai nostri occhi perfettamente intatto.

«Il volto era uguale, identico a come lo avevo visto il giorno della sua morte. I capelli perfettamente a posto, le orecchie, il naso intatti. Le labbra, leggermente socchiuse, quasi in un dolce sorriso, lasciavano vedere i denti bianchissimi. Il vestito, scuro, con le righine grigie, come si usava allora, sembrava appena indossato. Ho provato una felicità immensa a vederlo. Mi veniva voglia di dire: “Pier Giorgio, svegliati, è ora di alzarsi”»

Renzo Allegri

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1 Commento

  1. Anch’io ho ricevuto una grande grazia dal beato Piergiorgio, esattamente nel giorno della sua beatificazione. È una grazia di ordine spirituale e non la voglio dimenticare.Ho letto queste notizie biografiche con viva commozione oggi ormai anziana e spero vivamente che Piergiorgio venga canonizzato. Rendo lode al Signore Iddio.

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