Quel giorno di 75 anni fa, ad Auschwitz, il Lager nazista dove vennero trucidati milioni di persone, moriva anche padre Massimiliano Kolbe, proclamato santo nel 1982. Nel suo recente viaggio in Polonia, Papa Francesco volle visitare quel luogo di morte e volle fermarsi a pregare proprio nel “bunker” dove era stato rinchiuso con altri compagni il martire francescano
DI Renzo Allegri
Venerdì 29 luglio, nell’ambito della sua visita in Polonia per la 31ª Giornata mondiale della gioventù, Papa Francesco volle recarsi ad Auschwitz, che fu il più grande centro di stermino della Germania nazista, dove, durante l’ultima guerra mondiale, vennero imprigionati e uccisi milioni di persone. <<Vorrei andare in quel posto di orrore senza discorsi, senza gente, da solo: entrare, pregare, e che il Signore mi dia la grazia di piangere», aveva detto il Papa un mese prima, parlando con i giornalisti sull’aereo che lo riportava a Roma dopo la sua visita in Armenia. E così ha fatto. E’ entrato nel Lager da solo, senza nessun accompagnatore. Ha percorso, in un silenzio assoluto, i viali, si è fermato davanti al muro dove si eseguivano le fucilazioni, negli stanzoni dove i prigionieri erano stipati come animali, davanti agli spettrali forni crematori e nei cortili dove venivano ammucchiati i cadaveri in attesa di essere bruciati. Non si sa se abbia pianto, ma una immagine trasmessa dal “Centro televisivo Vaticano”, mostra il suo volto sconvolto da un dolore indicibile.
Papa Francesco ha voluto visitare anche il bunker della morte dove, il 14 aprile 1941, morì di stenti Padre Massimiliano Kolbe, frate francescano polacco, che si era offerto volontario a quella fine orribile al posto di un giovane padre di famiglia. Al termine della sua visita silenziosa, il Papa ha scritto un messaggio sul Libro d’Onore del Campo. “Signore abbi pietà del tuo popolo. Signore perdona tanta crudeltà”. Un’invocazione breve, secca, come un grido che non esplode, ma che lacera il cuore.
La sosta del Papa al bunker della fame ha richiamato l’attenzione non solo sulla mostruosità dello stermino nazista, ma anche sulla figura di Padre Massimiliano, che con il suo gesto eroico ha inserito nella storia di quell’inferno di odio una sublime testimonianza di umanità illuminata dalla fede cristiana, che ha dato luce eterna a tutte quelle persone trucidate.
Padre Massimiliano aveva 47 anni. Il 10 ottobre 1982, Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato santo. Durante l’omelia della solenne cerimonia, Papa Wojtyla lo ha definito “patrono speciale per i nostri difficili tempi”. Ed ha detto: “Padre Kolbe ha riportato la vittoria mediante l’amore e la fede, in un luogo costruito per la negazione della fede in Dio e nell’uomo”.
Padre Kolbe non è ricordato solo per il gesto eroico che lo ha portato alla morte. Quella sua scelta fu la conclusione di un’esistenza straordinaria, dedicata al servizio di Dio e densa di straordinarie iniziative missionarie che sono tuttora in atto. In particolare la “Milizia dell’Immacolata”, movimento mariano da lui fondato nel 1917, che ha lo scopo di condurre l’umanità a Cristo attraverso l’Immacolata, Madre di Dio e della Chiesa. Un santo, quindi, che continua ad agire e a operare nel nostro tempo attraverso milioni di persone che ispirano la loro condotta ai suoi insegnamenti.
Abbiamo chiesto un sintetico profilo biografico di questo grande santo moderno a Padre Raffaele Di Muro, frate francescano come San Massimiliano, Assistente Internazionale della “Milizia dell’Immacolata”, docente di Spiritualità e Storia della Spiritualità alle Pontificie Facoltà Teologiche San Bonaventura e Teresianum e direttore della Cattedra Kolbiana all’Università “Seraficum” di Roma
<<San Massimiliano Kolbe>>, afferma Padre Raffaele <<è un personaggio dalla spiritualità così ricca, ampia e dinamica, da sfuggire ad ogni tentativo di definizione sintetica. La sua visione della vita e del mondo, era totalmente incentrata in Dio, quindi non aveva confini. Visse soltanto 47 anni, fu sempre molto malato, ma espletò egualmente una mole di attività missionaria incredibile, affrontando difficoltà di ogni genere, viaggi per quei tempi faticosissimi, servendosi di tutti i mezzi possibili, anche quelli che allora sembravano d’avanguardia, e toccando tutti i campi in cui la sua azione poteva portare un raggio di luce evangelica. Per questo, è patrono dei giornalisti, delle famiglie, dei carcerati, del movimento per la vita, delle persone tossicodipendenti, dei teologi mariani: un santo proprio universale>>
Era polacco, come Giovanni Paolo II, che lo proclamò santo.
<<Sì, nacque, a Zduńska Wola , città del Voivodato di Łódź, al centro della Polonia, l’8 gennaio 1894. Apparteneva a una famiglia povera, ma molto religiosa. Aveva due fratelli: Francesco e Giuseppe. Lui era il secondogenito, e venne battezzato con il nome di Raimondo.
<<Data la povertà dei Kolbe, solo il primogenito potè frequentare le scuole elementari. Raimondo imparò a leggere e a scrivere con l’aiuto di un sacerdote. Ma la sua intelligenza era così sorprendente, che il farmacista della cittadina, si offrì di dargli lezioni private. E furono preziosissime>>.
A che età, Raimondo, decise di dedicare la sua vita a Dio?
<<Entrò nel seminario francescano di Leopoli, in Ucraina, a 13 anni. I suoi genitori erano felici della scelta, perché nella zona dove risiedevano imperava l’ideologia marxista atea e non avrebbero potuto dare un indirizzo e una formazione cristiana al figlio. In quel collegio, poco a poco, in Raimondo si fece strada la vocazione religiosa. Nel 1910, a 16 anni indossò il saio francescano. Secondo la consuetudine francescana, rinunciò al nome che aveva nel mondo e prese quello di Massimiliano.
<<Negli anni successivi però ebbe un periodo di smarrimento, una specie di crisi vocazionale. Aveva un carattere generoso, entusiasta, pronto sempre all’azione per i grandi ideali. Nel suo cuore, come in quello di tutti i giovani polacchi di allora, bruciava anche un grande amore per la patria che viveva momenti politici difficili. E’ comprensibile che il futuro fondatore di una “Milizia” spirituale, quella dedicata alla Madonna, sognasse di battersi anche in una Milizia che voleva difendere la patria. Ma si trattò di una crisi passeggera, superata dalla consapevolezza che la scelta della vita religiosa, rispondeva in modo assai più grande a quel suo giusto amore di patria>>.
<<E’ vero che durante gli studi in seminario era considerato dai suoi insegnanti e dai suoi compagni di studi un genio?>>
<<Dimostrava doti intellettuali di prim’ordine. Grande predisposizione per la matematica. E i suoi compagni di scuola, ricordavano che fantasticava parlando spesso di progetti di voli spaziali. Dopo la sua morte, tra le carte giovanili che conservava, furono trovati dei disegni di un particolare velivolo da lui ideato per un eventuale viaggio sulla luna. Quei disegni furono esaminati da esperti in materia, i quali dissero che il giovane aveva veramente delle geniali intuizioni.
<<Prima ancora di essere ordinato sacerdote, i superiori, tenendo conto della sua spiccata intelligenza, lo inviarono a Roma dove rimase per sei anni laureandosi in Filosofia all’Università Gregoriana e in Teologia al Seraphicum e dove, nel 1917, fondò la “Milizia dell’Immacolata”>>.
<<A quell’epoca Massimiliano era ancora molto giovane. >>
<<Aveva 23 anni e non era ancora sacerdote. Un giorno, assistette a una manifestazione massonica. Un gruppo di fanatici si fermarono in piazza San Pietro sventolando sotto le finestre del Papa una bandiera nera con l’effigie di San Michele Arcangelo sotto i piedi di Lucifero e la scritta: <<Satana governerà in Vaticano e il Papa lo servirà come guardia svizzera». Kolbe rimase molto impressionato, e si chiese perché la Massoneria era così attiva, mentre i Cristiani restavano nell’ombra. Ne parlò con alcuni dei suoi compagni e nacque l’idea della “Milizia”. Una specie di chiamata alle armi per combattere i nemici di Dio e della Verità. Combattimento, però, inteso non come una guerra, una divisione, una contrapposizione, ma un combattimento pacifico, fatto di testimonianza della Verità e di “amore” per il prossimo e anche per i nemici, come insegna il Vangelo. Milizia, quindi, secondo lo spirito cavalleresco medievale, abbracciato anche da San Francesco. I Superiori videro nel progetto di Massimiliano una intuizione geniale e pratica, che avrebbe certamente fatto molto del bene e l’hanno appoggiata anche se Massimiliano era ancora così giovane>>.
Qual è l’idea fondamentale del Movimento?
<<La “conversione”. Massimiliano era solito dire che il “militante” di questo movimento deve pensare per prima cosa a convertire se stesso, perché non si può cambiare gli altri se non cominciando da se stessi. In secondo luogo, il militante deve impegnarsi nel cercare di convertire all’amore di Dio il prossimo.
Un cammino, quindi, che parte da se stessi e si allarga alla missione. Spinto da questo ideale, Padre Massimiliano divenne un gigante di attività, adottando, per diffondere le sue idee tutti i mezzi possibili, anche quelli che per quel tempo erano considerati d’avanguardia. Fu, per esempio, un antesignano nell’utilizzare la stampa. Aveva capito che quel mezzo era il più efficace e il più veloce per arrivare a un pubblico vasto. Già nel 1921 fondò il giornalino “Il cavaliere dell’Immacolata” che in poco tempo raggiunse una diffusione vastissima. E fondò anche, in Polonia, la “Citta dell’Immacolata”, un centro operativo che si dedicava alla realizzazione del giornalino, a divulgarlonelle varie lingue, a spedirlo, a tenere i contatti con i lettori. Una cittadella abitata da mille frati, che, attraverso la stampa, raggiungevano una popolazione immensa sparsa per il mondo. Ad un certo momento il giornalino aveva una tiratura di due milioni di copie, cifra altissima per quel tempo>>.
<<Era soprattutto un uomo che pregava molto. Nella preghiera maturava le sue intuizioni. Quando aveva chiarito tutto dentro di sé, la sua azione diventava fulminea e inarrestabile. Non godeva di ottima salute, ma anche da ammalato affrontava viaggi faticosissimi. Andò a portare gli ideali della Milizia in Cina, in India, in Giappone, dove fondò una seconda “Città dell’Immacolata”, che è ancora in piena attività>>.
Qual è la situazione attuale della “Milizia dell’Immacolata”?
<<I tempi sono cambiati e anche la Milizia si è aggiornata nel so aspetto esteriore, conservando però intatto lo spirito e gli ideali suggeriti da Padre Kolbe. Io sono l’assistente internazionale della Milizia ed ho la possibilità di avere una conoscenza abbastanza precisa della situazione. Posso dire che la Milizia è diffusa in tutto il mondo. E’ presente anche dove non operano i frati francescani. Molti gruppi vengono fondati dai parroci, o anche addirittura da laici. Particolarmente attivi sono i gruppi esistenti nell’America del Sud, negli Stati Uniti, in Canada, nelle Filippine, in Indonesia, Ma anche quelli che operano in Europa, in Polonia, in Romania, in Francia, in Italia, e in molti Paesi africani, in particolare Kenya, Zambia. Sono molte le stazioni radiofoniche, soprattutto nel Terzo mondo, che portano il nome di Padre Kolbe e che diffondo gli ideali del suo movimento. Impossibile dare dei numeri precisi degli iscritti alla Milizia dell’Immacolata, ma posso dire che si tratta di un esercito costituito da parecchi milioni di persone>>.
Il 14 agosto si ricordano i 75 anni della morte di Massimiliano Kolbe: cosa avvenne quel giorno?
Il primo di settembre 1939, i nazisti invasero la Polonia ed ebbe inizio la seconda guerra Mondiale. Arrestarono tutti i religiosi e chiusero la “Città dell’Immacolata”, ma dopo tre mesi i religiosi furono inaspettatamente rilasciati. Ripresero la loro attività sia pure dovendo affrontare molti rischi.
I tedeschi non gradivano la popolarità di Padre Kolbe. Gli chiesero più volte di cambiare la cittadinanza, prendendo quella tedesca, ma rifiutò sempre. Nel febbraio 1941 lo arrestarono di nuovo. Il 28 maggio fu trasferito nel famigerato campo di sterminio ad Auschwitz.
Alla fine di luglio fu trasferito al Blocco 14, dove i prigionieri erano addetti alla mietitura nei campi.
Uno di loro riuscì a fuggire e secondo l’inesorabile legge del campo, dieci prigionieri vennero destinati al “bunker della fame”, cioè un luogo dove restavano senza cibo e senza acqua fino alla morte.
Tra essi c’era un padre di famiglia, Francesco Gajowniczek. Questi, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava. Padre Kolbe uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto. Lo scambio venne accettato.
I dieci furono rinchiusi nel bunker della fame. All’inizio erano disperati, ma poco a poco Padre Kolbe trasformò la loro disperazione in un rassegnazione piena di fede.
Gli altri prigionieri hanno testimoniato che, nel silenzio della notte, sentivano uscire da quel bunker canti e preghiere.
Le voci si facevano, di notte in notte sempre più deboli e dopo due settimane, non si sentì più niente.
Le guardie entrarono nel bunker il 14 agosto.
Quattro prigionieri erano ancora vivi, tra essi padre Kolbe.
Li uccisero con una iniezione di cianuro. Il giorno dopo, giorno della Festa di Maria Assunta in cielo, i loro corpi vennero cremati e le ceneri disperse
Renzo Allegri