Un frastuono di storie comuni

ianniApparentemente sembra che la vita scorra delicata come un torrente che dalla collina scende a valle, e poi giù, fino al mare.  Appena appena più complicata, vi pare! “Ma c’è chi vive e lo sa fare” e allora leviamoci il cappello, facciamo un bell’inchino e fingiamoci meravigliati. Non per esaltare, ben intesi, ma solo per distinguerci dai benpensanti che tutto sanno, tutto vedono, tutto fanno. “Al lupo!” gridava il ragazzino braccato dalla bestia feroce in via d’estinzione.

E ora che la società sa bene cosa vuole e come ottenerlo, nell’aria cominciano a vibrare le note di quelle storie che da sole produrrebbero un suono distante, ma che insieme creano proprio un bel baccano, un frastuono. E certo, signori miei! Il mondo non è degli eroi, né degli ambiziosi o degli egocentrici, non è dei presidenti o dei capi partito, né dei dirigenti, dei banchieri, degli imprenditori e nemmeno di vescovi, cardinali e papi. No! Il mondo è della gente comune che con le loro storie, fatte di sacrifici e sangue versato, danno magnificenza al creato. Non sorprendiamoci delle melodie che scorrono copiose da ferite sanguinanti, soffocate nella zizzania o sporche del fango della terra bagnata dalla pioggia. Ascoltiamole contenti e immaginiamole capaci di cambiare il mondo.

Il libro è un frastuono di storie comuni. E’ un percorso di vita che racchiude quattro stadi di evoluzione: il proprio Io che nasce, cresce e anela a raccontare la sua storia; quell’Io che si innamora, accarezza, abbraccia, bacia e accetta l’abbandono, la sofferenza; la gente che orbita confusamente intorno a quell’Io e che lascia sensazioni di eccitamento, di frustrazione e di rabbia; l’Io che muore, ma avendo vissuto, ha qualcosa da lasciare a chi ha seguito un copione prestabilito e non concepisce il buon deragliamento dell’anima.

Noi non siamo finzione nella mente di sognatori. Non siamo parte di un romanzo o di un’opera di fantasia. Se la società vi vuol far credere di essere comparse abili e arruolabili per quell’esercito di automi con la patente di schiavi, forse è il momento di sentirsi protagonisti di una ribellione prima interiore e poi libera di cambiare ciò che vi circonda. Non macchiamoci del sangue dei disonesti e teatranti, che pur ci sono e abbaiano rabbiosi alla luna coperta dalle nuvole. Prendiamoci la stima che ci hanno abilmente tolto e, rivoltandola come un calzino, facciamone una bandiera da sventolare ad ogni assalto vile e codardo.

Il prezzo che abbiamo pagato è alto, salato e senza ricevuta fiscale. Ora abbiamo il diritto di comprenderci, conoscerci e amarci fino in fondo, senza attese o programmi di insuccessi. La poesia salverà il mondo, dicevano, ma ho bisogno che qualcuno comprenda la mia, altrimenti la giovinezza fuggirà ed io sarò banale

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