Questa fotografia ritrae Benedetta Bianchi Porro, quando aveva 19 anni ed era studentessa universitaria di medicina a Milano.
Dietro quel sorriso, nascondeva un calvario fisico tremendo, iniziato fin dalla nascita, avvenuta a Dovadola, in provincia di Forlì, l’8 agosto 1936.
La cartella clinica rivela che Benedetta ebbe una emorragia cerebrale subito dopo la nascita; a tre , la poliomielite le lasciò una gamba più corta dell’altra; a 13 anni, cominciò a perdere l’udito, a 14, a perdere l’equilibro e per camminare doveva servirsi di un bastone; a 20 anni, un’ulcera cornea la rese cieca.
Un intervento chirurgico alla testa le provocò una paresi facciale.
Ma il male terribile e progressivo non riuscì mai a spegnere il suo sorriso e il desiderio di vivere per rendersi utile.
A 17 anni si iscrisse alla Facoltà di Medicina di Milano per diventare medico.
Frequentò, tra mille difficoltà, fino al termine del quinto anno, in pari con tutti gli esami.
Poi, in seguito a un ennesimo intervento chirurgico che le provocò la paralisi totale, trascorse il resto della sua esistenza immobilizzata a letto.
Morì il 23 gennaio 1964.
In una delle ultime frasi che riuscì a scrivere nel suo diario, si legge: «Io penso che la vita è meravigliosa anche nei suoi aspetti più terribili; e per questo, la mia anima è piena di gratitudine e di amore verso Dio».
Dopo un lungo processo presso la Congregazione per le Cause dei santi, e la constatazione di una guarigione avvenuta all’improvviso dopo una invocazione a Benedetta, guarigione dichiarata inspiegabile dalla scienza medica, e giudicata miracolosa da una commissione teologica, la Chiesa ha proclamato che Benedetta è vissuta da santa, e il 14 settembre prossimo verrà ufficialmente beatificata.
Renzo Allegri