Come nasce l’idea di dare voce agli esclusi
Da Lourdes a Capodarco: come nasce l’idea di dare voce agli esclusi
Marisa Galli, co-fondatrice della comunità di disabili nata nel 1966 nelle Marche, ripercorre il viaggio nella cittadina sui Pirenei, esperienza da cui partì il progetto che è poi sfociato nella fondazione della comunità di Capodarco: “Non ho mai chiesto di guarire, ma solo un segno per sapere se dovevamo costituire la comunità: la Madonna ci ha dato l’idea per iniziare”
CAPODARCO DI FERMO – Esiste un legame profondo tra Lourdes e la comunità di Capodarco. Un legame fatto di storie che si sono incrociate per dare vita a un “miracolo”. La comunità di Capodarco è nata nel 1966, a Fermo, nelle Marche, quando un gruppo di tredici disabili e un giovane prete, don Franco Monterubbianesi, hanno deciso di cominciare l’avventura rivoluzionaria di una vita in comune in una villa abbandonata. Ma il progetto e il “messaggio” della comunità di Capodarco sono stati pensati durante un viaggio a Lourdes, l’anno precedente. L’occasione per ripercorrere quel viaggio è stata la proiezione del film “Lourdes” di Jessica Hausner – storia della guarigione misteriosa e controversa di una ragazza disabile nel corso di un soggiorno nella città dell’apparizione mariana – che si è svolta nei giorni scorsi a Fermo. Protagonista dell’incontro che ha preceduto la proiezione Marisa Galli, fondatrice insieme a don Franco della comunità di Capodarco. Marisa Galli è nata nel 1930, in un paesino di campagna vicino a Servigliano, con una paralisi spastica e ha vissuto per 35 anni senza contatti con l’esterno. La sua vita è stata cambiata da un incontro, quello con don Franco, che l’ha coinvolta nel progetto.
Intervistata dal presidente della comunità di Capodarco, don Vinicio Albanesi, Marisa ha raccontato così la storia del viaggio a Lourdes: “Non avevamo soldi per partire, così, insieme a don Franco, abbiamo fatto una pesca di beneficenza. Per me era l’unica occasione di incontrare gente come me. Ma alla Madonna non ho mai chiesto di guarire, perché avevo accettato la mia condizione. Quella era una richiesta che veniva dai miei parenti, non da me. Quello che ho chiesto è stato solo un segno, per sapere se dovevamo costituire la comunità. E la Madonna ci ha dato l’idea di come iniziare. Durante il viaggio di ritorno in treno abbiamo scritto un messaggio, firmato da tutti”.
È stato don Vinicio a leggere un brano di quel messaggio: “Noi siamo malati giovani! E può essere morta in noi la vita? Il senso degli affetti, del lavoro, della responsabilità, dell’utilità sociale? Siamo o non siamo anche noi persone a parità di valore? Ora quanti di noi sono condannati all’isolamento nelle case, nei ricoveri, nei sanatori, negli ospedali. Alcuni di noi possono essere rifugiati temporaneamente in alcune organizzazioni sociali ma esse non garantiscono nulla per il futuro. E poi non si vive di solo pane! Perché allora questi tesori devono essere sepolti nella misconoscenza generale e nella nostra mascherata indifferenza?”. Al ritorno da Lourdes è stata presa la decisione di pubblicare un giornale “La voce degli esclusi”, scritto dai disabili e distribuito in tutta Italia.
Marisa non ha mai avuto dubbi sulla sua fede: “Sono sempre stata in dialogo con la Madonna, la mia preghiera consisteva nel voler impiegare la mia vita per le persone in difficoltà. Sono stata predestinata, credo che neanche la fantasia di uno scrittore avrebbe potuto immaginare la mia storia, iniziata con un isolamento vissuto a pieno titolo, e proseguita con la realizzazione di un ideale”. Marisa non è più tornata a Lourdes dopo la nascita della comunità: “Era come se l’avessi in casa”. Da allora, fra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta ha girato in lungo e in largo il paese per testimoniare l’esperienza unica di Comunità che aveva contribuito a creare; ha fondato nel ’74 la Comunità di Capodarco di Roma e i primi gruppi famiglia nella capitale. Oggi vive nella comunità di Capodarco di Roma.
L’incontro si è concluso con una riflessione di don Vinicio Albanesi su come sia possibile a distanza di 40 anni tenere ancora vivo l’entusiasmo degli inizi: “Don Franco beccò un periodo in cui per la disabilità la pentola bolliva, ha scoperto un filone aureo e l’ha seguito. Poi sono nate le comunità internazionali, quelle legate alla psichiatria, ai minori. Oggi stiamo incontrando le disabilità gravissime, pensiamo solo alla Sla, che ha un’altissima incidenza nel nostro territorio. Posso dire che tutto questo è molto naturale e anche molto bello”. Marisa Galli ha pubblicato “Il Lato Umano” (Comunità Edizioni), in cui racconta parte della sua vita intrecciata alla gestione e alla nascita della comunità di Capodarco. (Alessandra Brandoni)
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