Autista bus molisano travolto e ucciso a Lourdes
Era appena arrivato, investito da altro pullman tedesco
(ANSA) – CAMPOBASSO, 11 SET – Un autista molisano e’ morto a Lourdes dov’era arrivato alla guida di un pullman che trasportava un gruppo di pellegrini. Pietro Iacovelli, 58 anni di Jelsi (Campobasso) era appena sceso dal suo pullman quando e’ stato investito da un altro bus proveniente dalla Germania. La salma rientrera’ nelle prossime ore in Molise per i funerali.
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Pietro Iacovelli
Ricordi di pace nella guerra di Bosnia
La sua ricchissima vicenda umana non può essere catturata e confinata in vocaboli d’inchiostro su un foglio bianco. Pietro era un uomo integrale, di grande intelligenza emotiva e sociale a cui univa il talento innato del viaggiatore e dell’esploratore. La sua energia vitale era contagiosa e salutare, ma soprattutto coraggiosa e generosa. Raccontava fiero e tenero di suo nonno Luccio che a Jelsi, negli anni del vaiolo, aveva scritto la straordinaria storia d’amore con Marianna, malata dell’infettivo e terribile morbo, nutrita violando quotidianamente “la prigione sanitaria” del ricovero.
Pietro, homo viator e carrettiere, pellegrino e viaggiatore. Aveva raccolto la fede semplice e primigenia della mamma e nei “Santi viaggi” con i pullman con il papà e la famiglia egli stesso proponeva un breve formulario di preghiera che aprivano e chiudevano il pellegrinaggio.
In questo spirito intraprese con Antonio e altri amici i viaggi di soccorso e carità durante la guerra nell’ex Iugoslavia. Dopo l’accogliente parentesi di Jelsi i ragazzi bosniaci del seminario e liceo di Visoko fuggiti dalla guerra rientrarono a Baska Voda sulla costa slava.
La famiglia Iacovelli guidata dai fratelli Pietro e Pasquale su richiesta della Caritas Francescana Bosniaca e del parroco decide di utilizzare gratuitamente il loro “carretto” un autotreno da oltre 500 quintali di carico per oltre tre anni. L’assicurazione non copriva l’uso del mezzo in zone di guerra, ciononostante la famiglia Iacovelli accettò il rischio. Etica e responsabilità vissute e praticate. Pèrchè l’uomo non può vivere senza morale. Questo abbiamo imparato con Pietro nell’esperienza più quotidiana e apparentemente meno memorabile, con chi ha vissuto con gli altri in condizioni «impossibili», riuscendo a salvaguardare – e spesso a glorificare – la propria umanità.
Tra le montagne della Croazia in un brutta notte un gruppo paramilitare sequestrò un nostro pulmino con i viveri della Caritas guidato da due volontarie, noi seguivamo con l’auto dei francescani. Pietro scese in strada ed intonò “O sole mio” pronunciando in croato l’unica parola impronunciabile “srz” (cuore) che conosceva. Ci restituirono pulmino e ragazze. I francescani bosniaci e noi con loro rimanemmo interdetti sul “bliz” che aveva sventato il sequestro.
La notte dell’Immacolata Concezione stavamo raggiungendo con un carico Spalato. Una violenta tempesta scuoteva la nave nell’Adriatico. Viaggiavano con noi pellegrini per Medjugorje tra loro Gigi un giovane in carrozzella che aveva arti superiori e inferiori atrofizzati. Pietro l’ho prese in braccio e dopo averlo tranquillizzato lo tenne durante tutta la burrasca.
Aspettammo il giorno dopo i marciatori della pace con Don Tonino Bello e don Albino Bizzotto..
Dopo aver accompagnato in pullman le “mamme” italiane dei ragazzi bosniaci adottati a distanza, nel viaggio successivo portammo con noi una giovane interprete che terminato il suo lavoro raggiunse la famiglia a Zenica, al rientro durante l’imbarco venne arrestata dalla polizia portuale per il suo accento “nemico” e non bastarono le proteste dei francescani, nostre, il diritto e le leggi internazionali a liberarla, bastò invece l’intuito di Pietro che contattò la compagna del responsabile militare della polizia portuale e persuase entrambi dell’errore e dell’innocenza della ragazza che potè tornare salva in Italia.
A Gornj Vakuf dove si erano recati gli sfortunati Fabio Moreni, Guido Puletti e Sergio Lana, Pietro tentò di salvare la Biblioteca Narodna. Comprò libri in croato per i ragazzi. Aiutò tanti volontari per la pace sottraendoli alla imperizia e alla inesperienza. Cambiò rotta ai suoi carichi quando percepì inquinamenti malsani e violenti. Adottò con un amico due bambini cicciotelli.
Incontrammo una volte mamme, nonne e bambini nascosti nelle grotte questa fù l’unica volta che che la tristezza gli attraversò il volto, il nò alle mamme che volevano affidare e salvare in Italia i loro bimbi. Nel suo colorito “slang” diceva che sotto (nei sotterranei della Storia) le donne proteggevano la vita e “sopra” la vita veniva distrutta e oltraggiata in mille modi.
A Nova Bila e poi a Jaice venne donato una autobotte (camion e rimorchio) per le necessità di un ospedale. Percorse in lungo ed in largo il Molise e non solo per recuperare fondi.
L’incontro di Pietro con Vicka(la veggente di Medjugorje) anche lei operatrice Caritas durante la guerra, fu tenero e struggente a lei Pietro chiedeva come fosse la Madonna, del suo abito, dei suoi occhi… Vicka pazientemente rispondeva e sorrideva.
Innumerevoli sono gli episodi che potremmo raccontare legati tutti dal filo d’oro di una vita che ha saputo legare i grandi avvenimenti con la storia di tutti i giorni fatta di intelligenza e generosità, coraggio e determinazione, ottimismo e realismo, forza e tenerezza. Parlando quel mix linguistico europeo, l’esperanto della strada, Pietro ha attraversato piccole e grandi vie d’Europa segnando un sentiero originale, unico, praticato, in cui solo il Bene ha profondità, e può essere radicale e che il male può essere sconfitto anche da un sorriso… sui monti della Bosnia. “Vedi! Vedi! basta solo un sorriso a rincuorarli… vedi! non fanno più il muso triste”.
Ciao! Pietro, Buon Viaggio e …guidaci ancora.