Giornata del Malato, riflessione CEI
Educati dal Vangelo alla cultura del dono
“Fede e carità. Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” (1 Gv 3,16). Il tema della XXII Giornata Mondiale del Malato pone la nostra attenzione sul rapporto tra fede e carità. Scrive Papa Francesco: “All’uomo che soffre Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce. La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino” (Lumen fidei, 57).
In questa Giornata la comunità cristiana invoca lo spirito di fede per entrare dentro al varco di luce che ha aperto la morte di Cristo, evento nel quale Egli si offre e si dona per noi, per la nostra salvezza, diventando per quanti soffrono presenza di con-solazione oltre che di com-passione.
Ma il tema della XXII Giornata Mondiale del Malato è anche un rinnovato invito a fare della nostra vita un dono per i fratelli. Sono tanti i malati che in tal senso, offrono la loro testimonianza di fede pur nella fatica della quotidiana sofferenza. La loro vita è un prezioso contributo per l’evangelizzazione. E non mancano neppure operatori sanitari che, come buoni samaritani del nostro tempo, “danno la vita per i fratelli”. Scrive il papa nel messaggio per questa Giornata: “Quando ci accostiamo con tenerezza a coloro che sono bisognosi di cure, portiamo la speranza e il sorriso di Dio nelle contraddizioni del mondo. Quando la dedizione generosa verso gli altri diventa lo stile delle nostre azioni, facciamo spazio al Cuore di Cristo e ne siamo riscaldati, offrendo così il nostro contributo all’avvento del Regno di Dio”.
L’impegno a lasciarsi educare dal Vangelo alla cultura del dono naturalmente deve andare ben oltre la Giornata del Malato. In questi giorni non mancano nelle diocesi italiane momenti di riflessione a tutti i livelli (convegni diocesani, nelle strutture sanitarie, nelle parrocchie, nelle Università …) con un duplice scopo: un’approfondita riflessione sul significato antropologico ed evangelico del dono, dimensione costitutiva dell’uomo maturo, e un ascolto attento del territorio per cogliere una domanda di cura talvolta inascoltata, la fatica a trovare le risorse per le spese sanitarie crescenti, il bisogno di essere accompagnati in percorsi molte volte segnati da solitudine e tristezza. Sono le periferie esistenziali che non di rado abitano il centro della nostra città e che ci interpellano seriamente.
Occorre stare attenti perché il quadro epidemiologico sta cambiando. Aumentano gli anziani non autosufficienti (in Italia oltre 3 milioni e che risiedono per lo più in casa) ma aumentano anche le persone segnate da sofferenza psichica; aumentano le malattie neurodegenerative degli anziani, ma aumentano anche i giovani feriti dalle ludopatie, solo per fare alcuni esempi.
Sì, dobbiamo prendere sul serio l’invito ad essere educati dal Vangelo alla cultura dono e questo significa passare dalle parole ai fatti. E’ un impegno che vale per tutti: comunità civile ed ecclesiale, amministratori e cittadini, secondo la propria responsabilità, nella coscienza che siamo custodi gli uni della vita degli altri.
Il percorso di riflessione di questi giorni e di tutto l’anno, avrà un momento importante nel Convegno Nazionale di Pastorale della Salute organizzato dall’Ufficio CEI, dal 9 all’11 giugno 2014 ad Abano Terme, sul tema: “La pastorale della salute nelle periferie esistenziali. Dalle crescenti disuguaglianze alla comunità che accoglie, che educa, che cura”. Una preziosa occasione per fare il punto della situazione.
Don Carmine Arice
Direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute
Grazie all’ufficio stampa Unitalsi
Avviso: Le pubblicità che appaiono in pagina sono gestite automaticamente da Google e sono necessarie a poter mantenere gratuite queste pagine. Pur avendo messo tutti i filtri necessari, potrebbe capitare di trovare qualche banner che desta perplessità. Nel caso, anche se non dipende dalla nostra volontà, ce ne scusiamo con i lettori.