Grazie. Bernadette !
Da quando abbiamo pubblicato con l’editore Reverdito “Bernadette e Lourdes” abbiamo ricevuto oltre 500 lettere o presso di lui o al giornale Avvenire. Abbiamo risposto a tutte perchè erano belle e sincere. Tra queste missive questa della signora Fausta Guerra della Valtellina ci ha veramente commosso per la delicatezza e la “poesia” che da ogni riga trasudava.
michele cènnamo e franco vaudo
Gli autori, Michele Cennamo e Franco Vaudo, si predispongono a ricostruire la vicenda di Lourdes in una forma quanto mai nuova e originale, facendola rivivere in prima persona ad uno straniero di passaggio, italiano per l’appunto, che assolve poi nel corso di tutta la narrazione al duplice ruolo di spettatore e di protagonista dei fatti contemporaneamente: uno studioso di certi problemi storico – religiosi, per il cui approfondimento è stato indirizzato in una località poco distante dal vicino paese di Lourdes.
Siamo nel 1858, appena poco prima dell’inizio delle Apparizioni. Non molto tempo dopo il suo arrivo, attraverso contatti acquisiti con le personalità più rilevanti del luogo, organi di polizia, prefetti, procuratori, il medico di Lourdes, il Direttore della scuola ed altri, con alcune delle quali si stabilirà poi in seguito un rapporto di amicizia, egli viene a conoscenza di una certa ragazza, di famiglia molto povera ed umile, a cui vengono attribuite certe apparizioni.
In un primo tempo – si dice – saranno allucinazioni, oppure fandonie o isterismi o ella è addirittura pazza. Ma il fenomeno diventa man mano di proporzioni sempre più rilevanti. Fino a quando vengono conteggiate fino a tremila le persone che partecipano con la loro presenza a questi fenomeni e pregano in ginocchio con Bernadette – così si chiama la fanciulla – durante le apparizioni.
Nel frattempo, sia attraverso le conoscenze che viene ad acquisire lo studioso, che si trova coinvolto nella vicenda, avvicinando or questo, or quel personaggio, compresa la famiglia di Bernadette e Bernadette stessa, sia tramite i vari protagonisti più o meno principali di cui si popola la storia, ci si addentra in quello che è lo scenario storico, culturale, religioso e anche sociale della città di Lourdes di quel tempo: gente molto povera, ma gente di fede radicata, si dice.
Tutti i fatti, i tempi, i modi e i luoghi sono comunque il frutto di lungo approfondimento, studio, ricerca e documentazione da parte degli autori. Al di là del riferimento ai dati reali, emerge quasi dall’ anima del racconto un qualche cosa di grande e di impalpabile che unisce quella folla orante a Bernadette.
Ella è la vera protagonista di questa opera: da tutti viene affettuosamente chiamata “la Petite “, la “Piccola “, sinonimo che esprime, oltre ad un sicuro senso di protezione da parte dei più, anche tanto amore e tanta tenerezza quasi a significare che anche nella povertà il cuore batte e batte sempre per tutti.
Nel susseguirsi delle pagine, inoltre, man mano che si procede, ci si accorge come di essersi lasciati interamente coinvolgere nella e dalla vicenda, in quei luoghi e con quei personaggi, diventando tutt’uno con loro, fin quasi ad immedesimarci.
Così che quelle situazioni ci appaiono improvvisamente né più né meno che quelle di tutti i luoghi e di tutti i tempi, vissute anche direttamente dalle nostre generazioni passate o indirettamente da quelle più vicine a noi, attraverso il ricordo, il racconto e la testimonianza dei nostri nonni e dei nostri padri: miseria, povertà, malattie, senso di abbandono, ma anche di accettazione del proprio destino. Ma una cosa sì, però: la vita radicata “in una fede profonda” così come attestano alcuni imponenti personaggi di cultura, che emergono nell’ opera, riferendosi agli abitanti di Lourdes.
Quella folla stragrande di gente che s’inginocchia ogni volta assieme alla “Petite” e ne richiama altrettanta già da allora anche da paesi lontani, esprime l’irresistibile bisogno “di cielo” di ciascuno di noi, la ricerca di qualche cosa di infinito, il richiamo di un anelito continuo verso l’alto, qualche cosa di più oltre il normale quotidiano, indipendentemente dal credere o dal pensare che qualcosa di più grande ci sia o non ci sia sopra di noi.
I luoghi e i personaggi descritti sono né più né meno che quelli di tutti i tempi e spesso ci capita ancora e di nuovo, quasi inavvertitamente, di riconoscerci e di identificarci qua e là ora con questo, ora con quello e addirittura di essere parte viva nello scorrere della vicenda.
Nel corso della lettura poi, in ultima analisi, non può non essere colta l’estrema delicatezza degli autori, sia nell’avvicinarsi, sia nel ricostruire “quasi in punta di
piedi” e sommessamente la vicenda, con uno stile ed in una forma particolarmente vicini ed in assonanza con lo stile di Bernadette e la sua vita, fatta di onestà, verità ed umiltà.
Al termine della lettura, alla fine, ti rimane nel cuore l’impressione di aver sfogliato un grande album di fotografie, di quelle di una volta, in bianco e nero, ma no, anzi, neppure: di quelle in bianco e marrone, marrone sfumato, quello delle fotografie d’epoca: questa volta, però, mai sbiadite dal tempo.
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