Il mio primo pellegrinaggio da volontario
Sorrento-Castellammare. Il mio primo pellegrinaggio da volontario a Lourdes
Un trionfo di colori. Così è stato il XXVII Pellegrinaggio a Lourdes organizzato come ogni anno dall’Opera Diocesana Pellegrinaggi della nostra arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia con tanti fedeli, volontari ed ammalati arrivati in treno, in bus e in aereo da ogni zona pastorale della diocesi. Accompagnati come ogni anno dall’arcivescovo, dal 2012 (XXIII Pellegrinaggio) è monsignor Francesco Alfano insieme al padre spirituale don Gennaro Giordano, dalla direttrice Imma Cosenza e dal segretario Luigi Irollo. Molti sacerdoti, tre seminaristi del sesto anno (le “tre elle” Luigi, Leopoldo e Lucio) e tanti giovani che hanno donato il loro tempo sulla scia della bella canzone “Si può dare di più” di Umberto Tozzi, Enrico Ruggeri e Gianni Morandi. Un pellegrinaggio importantissimo nell’anno giubilare sulla Misericordia indetto da Papa Francesco culminato con il passaggio alla Porta Santa a cielo aperto a pochi passi dalla porta Saint-Michel. La missione, proprio come quella compiuta dai volontari, che hanno sentito nel loro cuore la vocazione al servizio. Proprio tale servizio svolto con gioia rivela una luce particolare negli occhi dei volontari. Il pellegrinaggio dunque non è solo ai piedi della grotta di Massabielle, il pellegrinaggio deve continuare, così come la fede deve essere costante e viva. E simbolo di una fede ardente è stato proprio il cero che al termine del momento di accoglienza al primo giorno, è stato portato in processione fino alla grotta, dove è stato acceso. Vissuti anche momenti interi insieme agli ammalati vivendo ore di allegra condivisione, coinvolti dai volontari in canti a squarciagola e vari giochi. Non sarebbe possibile vivere il pellegrinaggio a Lourdes senza la presenza dei volontari. Il loro contributo è prezioso, pieno di generosità, indispensabile. Gli ammalati imparano a conoscerli un po’ alla volta, fino a fidarsi totalmente di loro. Sono giovani e adulti, provenienti dalle varie zone della diocesi. Alcuni svolgono questo servizio da molti anni e non l’hanno mai interrotto. Altri invece sono alla prima esperienza, desiderosi di entrare anch’essi in un mondo segnato dal sacrificio e da tanto amore. Ce ne sono poi altri che addirittura ne hanno fatto una scelta di vita, rinunciando persino alle ferie estive per donare un tempo gratuito di servizio. Potremmo parlare di una vera e propria spiritualità del volontariato, che qui a Lourdes non solo è di casa ma viene proposta e condivisa da tanti uomini e donne di varie parti del mondo. Essa consiste essenzialmente nello stare accanto alle persone sofferenti, per sostenere il loro cammino in una fase della vita così precaria e problematica. Nella debolezza fisica e ancor più in quella interiore cercano di vincere la solitudine con la loro presenza, discreta e affettuosa, intelligente e accogliente. I ritmi serrati degli orari per il servizio non concedono in effetti molto spazio allo svago o alle esigenze personali. Non importa, la rinuncia non pesa. Si fa in concreto una forte esperienza di “Chiesa in uscita”, come ci chiede continuamente Papa Francesco. I volontari imparano così a stare nelle “periferie esistenziali”, senza fuggire o aspettare che siano altri ad assumersi la responsabilità di chi è nel bisogno. Momento significativo è stato il passaggio con gli ammalati sotto la Grotta, tanto atteso mai scontato, nel silenzio totale della mente e del cuore. Tutti attraversati da un unico desiderio: essere raggiunti almeno da un raggio di quella bellezza luminosa con cui la Vergine qui si è mostrata a una ragazza povera e ignorante. Uno degli appuntamenti più atteso dai volontari è la preghiera notturna davanti alla Grotta. Sempre molto numerosi ogni sera, una brevissima meditazione proposta dall’arcivescovo dopo l’enunciazione del mistero da parte di don Gennaro, la recita di un padre nostro, ogni decina di Ave Maria e un gloria al padre è affidata a chi liberamente si propone, il silenzio interiore che favorisce l’attenzione e l’ascolto, la gioia di ritrovarsi uniti guardando insieme verso la stessa meta: che dono grande fa il Signore, ricompensando i volontari dei sacrifici con cui sono accanto agli ammalati per ogni loro necessità durante tutta la giornata!
Non è poi così difficile accogliere la proposta dal Papa, che per questo Giubileo straordinario ha messo tutti i fedeli dinanzi alla parola che Gesù consegna ai discepoli come segno distintivo della loro testimonianza missionaria: essere “misericordiosi come il Padre”!
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