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Carovana solidarietà a Lourdes

…per trovare energia
Dalla stazione di Porta Nuova le prime partenze. Oggi dall’aeroporto Catullo decollano tre aerei
In oltre duemila fra malati, medici e volontari dell’Unitalsi «Noi via per portare un sorriso» «È un antidoto all’indifferenza»

Un appuntamento per molti inusuale, per altri ormai abituale, e che ogni anno si ripete puntualmente. C’è chi ne fa una scelta di vita, chi motivo di un’esperienza diversa dal solito e altri ancora che si rimboccano le maniche e partono come volontari, ma ciò che accomuna gli oltre 2.000 veronesi tra malati, medici, infermieri e pellegrini che ieri si sono diretti a Lourdes, è di sicuro una motivazione forte, lontana anni luce dalle usuali scorpacciate, senz’altro più goderecce, tipiche di Pasquetta.
«I miei amici si stanno organizzando per la classica scampagnata», dice Monica, una degli oltre 300 volontari di Unitalsi partiti dalla stazione di Porta Nuova per offrire il proprio contributo, anche economico, a chi è bisognoso. «È il secondo anno che vado a Lourdes come sorella. L’anno scorso mi sono occupata della mensa, quest’anno sarò nei piani a fare le camere. Non sono la classica donna di fede che ogni domenica va a messa, ma Lourdes è una meta che tutti dovrebbero visitare almeno una volta. Per vedere da vicino chi sta davvero male, per portare un sorriso ai tanti anziani che aspettano questa settimana da un anno all’altro, anche solo per uscire dalla solitudine di tutti i giorni».
Monica è partita con la madre e lo zio Giulio, missionario di 81 anni che ha viaggiato in lungo e in largo l’America Latina, ma non aveva ancora mai provato l’esperienza di Lourdes. «È la prima volta che viaggio come malato», dice dalla sua sedia a rotelle, dove è costretto a stare per un problema alle vertebre. «Non vado per guarire, questo prego che avvenga a chi è giovane, ma perché Lourdes è un luogo favorevole in cui ritrovarsi nel periodo della Pasqua».
Lourdes è il luogo prescelto anche da Silvia ed Emiliano, che con i loro vivacissimi Pietro e Giovanni, l’uno di tre l’altro di quasi cinque anni, sono saliti sul primo treno in partenza per la cittadina francese negli Alti Pirenei. «Io e mio marito ci siamo già stati come volontari negli anni passati», racconta Silvia. «È la prima volta che partiamo tutti insieme, ma crediamo che i nostri figli stiano entrando nell’età giusta per vedere che nella vita c’è chi soffre davvero. Sarà difficile partecipare a messe e funzioni, ma anche solo camminando per le strade della cittadina l’atmosfera che respireranno li aiuterà ad accostarsi alla fede». Quella fede che a don Roberto Vesentini, assistente spirituale al suo 54° pellegrinaggio, fa parlare di Lourdes come di un viaggio profetico. «In una società in cui regna ormai l’indifferenza la cosa più bella che accade a Lourdes è vedere la gente felice. Stare con gli ultimi per dar loro speranza e insieme ricevere nuova energia».
«Questo è l’ottavo anno che parto come pellegrina», dice Clara, delle Golosine, dal treno. Con lei il marito Giuseppe che, dopo anni di volontariato Avis non poteva certo partire per Lourdes come semplice pellegrino. «Sono volontario e ogni anno è un’esperienza diversa, unica», dice, mentre la moglie si prepara a portare con sé non solo le sue preghiere, ma quelle affidatele da amici, parenti e familiari. «Negli ultimi tempi è cambiata la tipologia delle persone che vanno a Lourdes», spiegano Daniele e Gianfranco, barellieri dell’Unitalsi. «Se prima erano soprattutto malati fisici, ora sono sempre di più le persone che cercano sollievo alle molte preoccupazioni. Pellegrini “per conto terzi”, gente provata da stress psicologici forti, alla ricerca di un sollievo per sé, ma soprattutto di un aiuto per figli, nipoti o persone care in difficoltà». E oggi, dall’aeroporto Catullo di Villafranca, decollano tre aerei con gli altri pellegrini diretti a Lourdes.
Chiara Bazzanella

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