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Paola Turci “Lourdes mi ha cambiato la vita”

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Paola Turci racconta la sua conversione

È la ragazza con la chitarra. Da sempre questo nomignolo la identifica e anche se il tempo passa e si diventa grandi, magari senza volerlo, Paola Turci è davvero una ragazza. Lontani i riflettori, solo una puntatina all’ultima edizione di Sanremo, ma solo per sostenere, nella serata dei duetti, insieme a Marina Rei, l’amico Max Gazzè. Una scelta precisa della cantautrice, che oggi preferisce al circo televisivo il suo sito internet e i concerti dal vivo per incontrare i fans.

«Mi pesa confrontarmi con i media. So cosa mi aspetta, come si muove il mondo del gossip, come nascono le notizie. Ho diradato moltissimo la mia presenza in televisione per disagio, perché dovevo essere diversa da me stessa per poter stare davanti alle telecamere. Oggi però sono felice».

Lo afferma quasi d’un fiato, prima di affrontare un concerto-racconto che lei, abituata a mille palchi diversi, anche i più improvvisati in giro per il mondo, non ha mai eseguito. Nella chiesa di San Bernardino il pubblico è pronto e numeroso, arrivato anche da altre città per sentire non solo la voce di Paola, ma anche per incontrare il suo cuore felice. Accoccolata dietro la chitarra, sconfigge piano piano il suo imbarazzo di cantare, per la prima volta, davanti all’altare. E si racconta con i suoi brani, che l’aiutano a ripercorrere la sua vita artistica e personale, tra lontananza e incontro con Dio. Più che le parole, è con la musica che riesce un po’ ad esprimere ciò che ancora fatica a spiegare.

«Non riesco a raccontare di Lourdes, a dire quello che ho vissuto – ammette tra un brano e l’altro -. Per ora è una cosa tutta mia. Però da allora è cambiato tutto».

Certo è che se lei stessa parla di aver vissuto una rivoluzione, chi legge le sue canzoni può intercettare una personalità da sempre alla ricerca, come hanno fatto i frati francescani del convento di San Bernardino che l’hanno invitata per il primo di un ciclo di incontri quaresimali. E lo testimonia anche il successo negli anni della canzone Bambini, con cui nel 1989 ha vinto il festival di Sanremo per la categoria emergenti, e che il prossimo 8 marzo le è stato chiesto di cantare alla presidenza della Repubblica.

Cosa è successo a Paola, che anni fa cantava Ringrazio Dio con la voglia di rinnegarlo?

«Quella Paola non c’è più. Prima credevo che il Vangelo fosse una cosa creata dagli uomini, ero convinta che Dio non esistesse. Però allo stesso tempo invidiavo le persone che avevano fede per la loro gioia, la serenità. Ero così cieca, ignorante, avevo qualcosa sugli occhi che mi impediva di vedere anche la verità. Avevo dato le spalle alla fede, ma mi mancava anche la conoscenza, la cultura religiosa. A Lourdes sono andata senza convinzione, trascinata da un’amica. Poi qualcosa è successo: mi chiedevo se stavo diventando pazza, invece semplicemente grazie al dolore ho gettato via la zavorra che mi portavo addosso».

Quanto ha inciso in questo percorso l’aver subito nel 1993 un drammatico incidente?

«Non è stato determinante, ma qualcosa da allora è cambiato. Ho cominciato a vedere la vita con una maggiore profondità, forse addirittura con spiritualità, ma non c’è stata una conversione. Prima vivevo con un grande vuoto dentro, facevo solo finta di stare bene. Le cicatrici invece mi hanno costretta a riflettere sul senso dell’esserci, sui valori profondi.Vivere ogni giorno come un dono è diventato importante, però oggi so chi ringraziare per ogni istante e per le mille, piccole occasioni che ogni giornata porta con sé. A Lourdes ho capito che la fede ti guarisce, non tanto la malattia del corpo, ma quella interiore. E capisci che forse la fede ce l’hai sempre avuta, senza saperlo».

Tornare nel mondo dello spettacolo con il volto segnato non è stato facile…

«Prima di essere accettata dagli altri ho capito che dovevo accettare me stessa. Avrei potuto smetterla con la musica, cambiare mestiere e soprattutto non farmi più vedere. Invece ho ricominciato da me, con tantissime cadute. Mi sono resa conto che valgono davvero altre cose, che dovevo imparare ad amarmi come sono. Pochi giorni dopo l’incidente, ho visto la mia foto sul giornale: mi sono vista per la prima volta, solo in quel momento ho realizzato che non ero così brutta come mi sentivo. Avevo perso definitivamente qualcosa che fino a quel momento non apprezzavo e che invece era un dono. Ma anche ricominciare è un regalo che ti permette di aprirti a nuove prospettive».

Le tue canzoni trattano anche temi sociali. Amnesty Italia nel 2005 ha premiato Rwanda, dedicata al genocidio che ha insanguinato il Paese africano. Sei andata anche ad Haiti con la fondazione Francesca Rava per far conoscere la situazione dell’infanzia. Pensi che la musica abbia una responsabilità particolare per sensibilizzare l’opinione pubblica?

«La musica è responsabile perché è un mezzo preziosissimo innanzitutto per chi la fa. Se non avessi fatto questo mestiere, probabilmente avrei lavorato nel mondo del sociale, ma adesso mi rendo conto che è grazie alla musica che posso avvicinarmi alle realtà difficili. È con la chitarra che vado nelle carceri, è con le note che aiuto le persone a far emergere le loro emozioni. Anche incontrare i bambini accade grazie alla musica. Mi consente di stabilire un contatto umano, di far vibrare quello che sento e che gli altri mi restituiscono. Poi se aiuta a far conoscere una situazione all’opinione pubblica è il massimo».

Ci sono altri artisti che in questi anni stanno vivendo un riavvicinamento alla fede. Pensi che ci sia un motivo particolare perché ciò sta accadendo?

«Non lo so. In realtà non mi sento a mio agio nel parlare di fede, di quello che ho vissuto, perché non sto promuovendo la mia conversione come si fa con un disco. Soprattutto, temo di allontanare da me la grandezza del dono raccontandolo. È ancora una cosa delicata e intima e forse vale anche per gli altri artisti. Non conta quanto e come ne parli per certificare il tuo percorso di fede. Contano gli occhi e le azioni delle persone, è lì che si vede la verità di un percorso».

Adesso che sono passati dei mesi dal tuo viaggio a Lourdes, ci sono ancora persone, soprattutto del mondo musicale, che ti prendono per matta?

«Beh, capita, ma non importa. Ogni giorno prego per le persone che non hanno ancora incontrato la gioia di credere. Cercano un senso nelle cose, nello shopping, nelle avventure. Prego perché possano ricevere nella loro vita questo immenso regalo».

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