San Giuseppe visto da vicino

19 marzo. Festa di San Giuseppe. Il santo più grande della storia del cristianesimo. Sposo della Vergine Maria, padre putativo di Gesù, cioè il padre legale del figlio di Dio nella sua avventura terrena. Toccò a Giuseppe il compito di allevare, educare, proteggere, difendere Gesù bambino da tutte le insidie, dai sicari di Re Erode, e provvedere alla sua crescita. E’ protettore delle famiglie, dei papà, dei lavoratori, dei moribondi, degli economi e dei procuratori legali.

Della vita privata di San Giuseppe si conosce poco. Gli evangelisti Matteo e Luca offrono alcuni cenni. Per sapere qualche cosa di più, mi sono rivolto a un grande studioso: Padre Vittorino Grossi, teologo, scrittore, professore di Patrologia e Patristica alla Pontificia Università Lateranense, membro del Pontificio comitato di Scienze storiche, ricercatore che ha dedicato l’intera esistenza allo studio della storia ebraica e della storia dei primi tempi del cristianesimo e a San Giuseppe. Ecco alcune informazioni precise che Padre Vittorino mi ha dato.

Giuseppe era un legittimo discendente del grande Re Davide. Di professione era un “tekton”: con questo termine greco si indicava allora un falegname, inteso in forma ampia, come carpentiere, impresario edile, uno che lavorava il legno soprattutto per la costruzione delle case. La società di quel tempo, sotto l’impero romano, era divisa in due classi: gli “humiliores”, i meno abbienti, i poveri; e gli “honestiores”, che erano i benestanti. I “tekton” facevano parte di questa seconda categoria. Quindi, la famiglia di Giuseppe era considerata benestante.

Giuseppe era istruito. Le scuole ebraiche di 2000 anni fa erano all’avanguardia. Erano divise in elementari e in superiori. Le elementari erano frequentate dai ragazzi dai 5 ai 13 anni. Le superiori portavano al conseguimento del titolo di ‘rabbino’, che era equivalente al nostro dottorato in Giurisprudenza. Giuseppe aveva certamente frequentato le elementari che in otto anni gli avevano dato una ottima acculturazione. E poiché lo studio era allora incentrato soprattutto sulla conoscenza della Bibbia, della storia sacra, dei riti religiosi, conosceva bene i testi delle profezie riguardanti l’attesa del Messia.

Fin dai tempi più antichi, la iconografia cristiana ha rappresentato Giuseppe in sembianza di vecchio. Ma solo per un ingenuo tentativo di voler proteggere la verginità della Madonna. In realtà, quando sposò Maria, Giuseppe era giovane. A quel tempo, le ragazze ebree si sposavano tra i 12 e i 14 anni, mentre i maschi tra i 16 e i 18 anni. Quindi, Maria divenne promessa sposa di Giuseppe quando aveva 12 anni, e Giuseppe ne aveva circa 16 o 17.
Nella famiglia ebraica, il matrimonio aveva una struttura patriarcale. La ragazza dipendeva dal capofamiglia; il ragazzo un po’ meno. Nel caso del matrimonio, erano le famiglie che trattavano, ma, alla fine, era il ragazzo che, con l’approvazione del padre e della madre, andava a chiedere “la mano” della ragazza, la quale poteva anche rifiutare, ma non succedeva quasi mai.

Di certo Giuseppe fu veramente innamorato di Maria, e Maria lo fu di Giuseppe. E questo lo si deduce proprio da ciò che accadde dopo che tra loro due era già stato stipulato il contratto di matrimonio.

La legge prevedeva che, dopo la firma dell’accordo matrimoniale, dovesse trascorrere ancora un anno prima che i due promessi sposi andassero a vivere insieme. In caso di infedeltà della donna, la legge stabiliva che il marito la ripudiasse con un documento scritto, e la donna veniva punita con la lapidazione. Il Vangelo racconta che Giuseppe, accortosi che Maria era incinta, rimase naturalmente sconvolto, e dopo lunghe riflessioni decise di lasciarla libera, ma senza ripudiarla ufficialmente per evitare che venisse uccisa. Questa decisione, coraggiosa e insolita a quel tempo, dimostra che Giuseppe era veramente molto innamorato di Maria, la stimava al punto di non voler neppure giudicarne il comportamento. E la Bibbia racconta che allora intervenne un angelo che in sogno diede a Giuseppe la spiegazione di quel mistero arcano. Giuseppe credette, cacciò ogni dubbio e iniziò la sua vita di sposo della Madre di Gesù.

Quando Maria era vicina al parto, Giuseppe dovette intraprendere un lungo viaggio per adempiere a un dovere politico. Da Nazareth dovette andare a Betlemme. Un viaggio di 140 chilometri. Faticoso date le condizioni di sua moglie. Ma Giuseppe fece in modo che Maria lo affrontasse nella massima serenità. Giunti a destinazione, si conclusero i giorni del parto e Maria diede alla luce il bambino.

Su quel bambino si addensarono subito nubi minacciose. Gli spiriti del Male sapevano che era il Redentore del mondo. E attraverso Erode, governatore della Regione, cercarono di ucciderlo. Erode venne informato dai suoi “indovini” che nel cielo erano apparsi alcuni segni pericolosi per lui: era nato un bambino che sarebbe diventare Re. Erode, sentendosi minacciato, diede ordine di uccidere tutti i bambini nati in quel periodo nel suo regno. Giuseppe e Maria fuggirono di notte. Intrapresero un nuovo viaggio, lungo per essere il più lontano possibile dalle minacce di Erode: andarono in Egitto, e si spostarono poi in varie località. Un viaggio durato tre anni per complessivi 2000 chilometri. Tre anni di fatiche, sacrifici, preoccupazioni, pericoli, insidie, che Giuseppe visse nel silenzio ma certamente come un incubo.

Tornato in patria, riprese la sua professione. Fece frequentare al figlio le scuole regolari. Non solo quelle elementari come aveva fatto lui. Anche le superiori che portavano al conseguimento del titolo di ‘rabbino’, equivalente al nostro dottorato in Giurisprudenza. Infatti Gesù, quando iniziò la sua vita pubblica, era chiamato dalla gente “rabbi” rabbino”.

Non si sa quando Giuseppe morì. Certamente prima che Gesù iniziasse la sua vita pubblica.

Morì assistito da Gesù e da Maria..

Da sempre nella Chiesa esiste la convinzione che Giuseppe sia in cielo in anima e corpo. Che sia cioè “già risorto”. Per la Chiesa Greca questo è un dogma. Ma anche molti santi cattolici hanno sostenuto questa tesi. Sant’Ireneo, per esempio: e la sua opinione aveva un grandissimo valore perché egli era discepolo di San Policarpo, il quale era stato discepolo dell’apostolo San Giovanni. Questa tesi fu sostenuta anche da san Pier Damiani, da san Bernardino da Siena, da san Francesco di Sales, sant’Alfonso Maria de’ Liguori, e tanti altri santi. Anche Papa Giovanni XXIII credeva nell’assunzione in cielo di San Giuseppe e lo affermò esplicitamente nell’Omelia pronunciata nella festa dell’Ascensione, il 26 maggio 1960.

Renzo Allegri

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