Dalla bassa bresciana a #Lourdes
Quando la semplicità diventa Amore
Denise, Giorgia, Alberto, Francesca e Sofia: cinque ragazzi come tanti, ma con un cuore grande
Alfianello (Brescia) – Si chiamano Denise, Giorgia, Alberto, Francesca e Sofia. Cinque studenti adolescenti, cinque giovani come tanti, che come tutti amano divertirsi, andare a ballare e stare con gli amici. Cinque ragazzi come ce ne sono tanti, ma con un cuore grande. Talmente grande che, dopo aver ascoltato l’esperienza di alcuni volontari che avevano prestato, negli scorsi anni, opera di volontariato a Lourdes, decidono di partire: cinque giorni di servizio con l’Oftal, lo scorso agosto.
“Avevo tanta paura prima di partire, tanto che sul pullman avrei voluto chiamare mio padre perché mi venisse a prendere” racconta Sofia Botta, 18 anni. “Il mio compito era quello di preparare i tavoli per il pranzo e la cena, e seguire le attività della giornata. Ho trovato un grande appoggio in Nicola, un ragazzo con la sindrome di Down che mi ha incoraggiata e stimolata. La cosa che più mi ha colpito è stata la grande lucidità e consapevolezza che ho trovato nel cuore delle persone che ho incontrato, ammalate o con gravi disabilità”.
“La mia esperienza a Lourdes è stata un insieme di emozioni molto intense” racconta Denise Cremaschini, 16 anni. “Ciò che mi ha spinto a partire è stata la testimonianza (e la luce negli occhi) di Giorgia e Francesca, due amiche che avevano già fatto esperienza a Lourdes lo scorso anno. Ho provato emozioni talmente grandi che non so dar loro un nome. Nel servire ai tavoli, nella semplice azione di preparare e sparecchiare, ho potuto scorgere negli occhi degli ammalati un senso di gratitudine enorme, che mi ha lasciato senza parole. Abbiamo incontrato persone con le più gravi ed invalidanti malattie: la loro speranza è stata la nostra forza. Con loro – conclude– e con tutti gli altri volontari, si è creata una vera e propria famiglia, che non vedo l’ora di rivedere”.
“Pensavo di non essere all’altezza di tale impegno, invece ogni cosa che ho fatto è stata ricambiata dal sorriso delle persone e degli ammalati che ho incontrato: è senz’altro la ricompensa più sorprendente” racconta Alberto Dester, 16 anni. “Questa esperienza è stata una grande scuola di vita: la passione per la vita che ho trovato nelle persone che vivono ogni giorno con gravi difficoltà è qualcosa che mi ha cambiato nel profondo. Come potrò dimenticarmi di Marco, un uomo non vedente che ogni giorno ci chiedeva di poterci aiutare nei nostri lavori? O di Angiolina, ammalata di sclerosi multipla, che all’interno della grotta ha chiesto di potersi alzare dalla carrozzina? Il loro entusiasmo per la vita mi ha insegnato a non lamentarmi. Mi ha insegnato che gli ostacoli si possono superare. Mi ha insegnato che è necessario fidarsi degli altri”.
Giorgia Frusconi e Francesca Bonetta, entrambe diciottenni, erano alla loro seconda esperienza. “Quest’anno ci è stato chiesto di aiutare i malati a lavarsi e vestirsi: un compito delicato, per il quale nessuno di noi due si sentiva all’altezza” racconta Francesca. “Inoltre ci è stato chiesto di accompagnare gli ammalati alle piscine, ovvero quelle vasche dove scorre l’acqua del fiume Gave, nel quale le persone si immergono per trovare la grazia di essere guarite. Entrare in quell’acqua accompagnando una signora anziana è stata una delle emozioni più forti della mia vita. Ho sentito qualcosa di fortissimo ed indescrivibile, quasi un grande senso di colpa. Vedere tanti malati che cercano anche soltanto di toccare l’acqua con la speranza di essere guariti è un’emozione grandissima”.
Continua Giorgia: “Avevo deciso che non sarei entrata nelle piscine. Eppure, una volta lì, l’anziana che accompagnavo mi ha fatto cambiare idea. Se lo faceva lei, perché non avrei potuto farlo io? Negli occhi delle persone leggevo la gratitudine per il solo fatto di essere lì con loro. Non importa il ruolo che hai nella vita; non importano paure o timori: ciò che conta era essere lì, tutti insieme, e cercare di fare la differenza. Da quando sono tornata, tante cose di cui prima mi lamentavo pesano molto meno”.
E quando penso che da questi ragazzi abbiamo solo da imparare, Sofia aggiunge: “Appena tornata a casa ho appoggiato la valigia, mi sono guardata allo specchio, ho pensato quanto fossi fortunata e ho pianto tantissimo”.
Sì. Cinque ragazzi come ce ne sono tanti, ma con un cuore grande, possono davvero cambiare il mondo.
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