Eluana Englaro: Comunicato Unitalsi
La vicenda di Eluana Englaro, tragicamente condannata ad una condizione fisica vegetativa, ha costretto l’opinione pubblica ad una riflessione estremamente complessa, sia da un punto di vista giuridico che, più in generale, umano. Da anni la bioetica prova a definire, senza successo, i criteri con i quali approcciare i tragici dilemmi che suscita la vita dei malati in coma. È un dilemma che non potrà mai trovare soluzione, perché in definitiva si tratta di decidere consapevolmente di dare o togliere la vita a qualcuno.
Peraltro nel caso della Englaro non si tratta di decidere di porre fine ad un accanimento terapeutico, ma molto più drammaticamente di fermare l’alimentazione e le terapie di sostegno.
Ecco perché è fallace la posizione di chi intende colpevolizzare la Chiesa, accusata di “accanirsi”, in nome della tutela della vita, contro Eluana, costringendola, nella sua condizione di estrema gravità, ad una imposizione della sofferenza.
Tale accusa non può essere accolta, nella misura in cui la Chiesa ribadisce l’origine ed il fine della vita umana, espressione del dono supremo di Dio e che, per questa stessa ragione, non può essere consumata in virtù di una sentenza di tribunale.
L’Unitalsi, in totale accordo con la posizione espressa dalla Chiesa Cattolica, ribadisce il doveroso sentimento di partecipazione al dolore di Eluana e della sua famiglia, di rispetto per una situazione di grandissima sofferenza, esprimendo, al contempo, la necessità di preservare la vita, sempre e comunque, in tutte le sue forme, quale espressione più vera dell’amore di Dio verso la sua umanità.
Chi può scegliere per Dio? Se ciò fosse, significherebbe affermare che non vale la vita in se stessa, ma ciò che conta è la sua qualità. Questo sembra un principio solo apparentemente liberale, democratico, ma che in realtà affida all’uomo il diritto di scegliere che cosa sia la vita e dunque di fissare l’essenza del vivere.
Questo dilemma resterà vivo finché prevarrà il concetto che il dolore sia sempre il male maggiore, che la sofferenza della persona costretta a vivere sia una sofferenza insopportabile. Ma chi può dire che chi vive una vita vegetativa non vuole vivere?
In questo dibattito, sembra che chi difende la vita è dalla parte di Dio e chi difende la scelta è dalla parte dell’uomo. Se si permette che il concetto della vita divenga relativo, in funzione della sua supposta qualità, ne verrebbe una divisione radicale della natura umana: la divisione tra coloro che possono scegliere il loro livello di vivere e coloro che lo subiscono.
L’Unitalsi, nel corso della sua storia centenaria, ha alimentato il suo carisma del coraggio di migliaia di ammalati che, insieme alle loro famiglie, hanno sempre scelto di vivere la vita, anche nelle sue articolazioni più complesse e dolorose, quale espressione dell’amore di Dio verso l’uomo.
In questo modo, la sofferenza, parte integrante del Mistero, è divenuta strumento di vita, di lode, di ringraziamento.
Queste storie di umanità rappresentano il testamento vivente di questa associazione, che ogni giorno scrive pagine nuove di un libro chiamato “vita”, dove il dolore si fonde con la speranza, dove il dubbio si scioglie nella certezza, dove il “SI” alla vita non rappresenta solo un atto di fede, bensì è la forma più alta di civiltà, di rispetto per sé e per gli altri.
A quanti quotidianamente vivono questa condizione difficile, come nel caso di Eluana e della sua famiglia, possa giungere il sollievo della preghiera dell’Unitalsi, strumento di speranza, occasione di gioia, insieme all’impegno di condivisione silenziosa ed operante di tanti volontari della Associazione.
La Presidenza Nazionale
dell’UNITALSI
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Sono convinta anch’io che la vita di ogni persona va difesa sempre e comunque.
Il nostro compito è quello di aiutare le persone a vivere, dando loro speranza e sollievo.
cordiali saluti
valeria viola