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José: pellegrino da record

Nel suo interminabile girovagare per il mondo attraverso i luoghi della Cristianità, nel 2000 ha anche avuto udienza da Papa Giovanni Paolo II e ha vissuto gomito a gomito col Dalai Lama per un mese in Bangladesh. Ce lo racconta José Antonio Garcia Calvo, 59 anni da compiere tra poche settimane, straordinario pellegrino con zaino di 20 chili in spalla (contenente la tenda, il diario e una sgualcita quanto corposa rassegna stampa internazionale sulla sua impresa), giunto in alta Valcamonica nel pomeriggio di lunedì 1° settembre.

Incontri, quelli nominati, che lo hanno profondamente toccato e ancor più determinato a continuare il suo peregrinare da record: fino a oggi 83mila chilometri percorsi a piedi o in bicicletta (fin quando non gliel’hanno rubata) negli ultimi otto anni, ad una media di oltre 30 al giorno. Nel cuore la sua casa lontana, nelle gambe la fatica degli antichi viandanti e negli occhi il ricordo di una sciagura del mare di quasi dieci anni fa.

La tappa cortenese dell’eccezionale pellegrino è durata solo un giorno: martedì mattina è ripartito dal campeggio Aprica a San Pietro, dove ha pernottato e dove alcune famiglie di campeggiatori gli hanno offerto un pasto caldo. Il suo viaggio lo porterà a Lourdes, attraverso Tirano (dove visiterà il Santuario della Madonna), Como, Varese, Torino e poi la Francia. «Vengo da Medjugorje e sono passato attraverso Friuli, Veneto e Lombardia fino al Lago di Garda, l’Iseo e la Valcamonica – ci raccon­ta -. Il mio viaggio comincia nel 2000, anno del Giubileo, per un voto fatto alla Madonna».

A guidarlo una devozio­ne profonda nei confronti di Maria, alla quale nei giorni più cupi della sua vita ha fatto una promessa solenne. Ora la mantiene e forse va oltre.

José Antonio scava nella memoria: «Sono un marinaio spagno­lo e a cavallo tra il 1998 e il 1999 mi tro­vavo a bordo di un peschereccio norvegese. In una notte di tempesta la nostra nave è affondata. È colata a picco tra­scinando tutto l’equipaggiò. Io sono l’unico sopravvissuto». Gli altri sedici marinai sono morti. «Per nove ore sono rimasto aggrappato ai corpi sen­za vita di due colleghi, fino a quando, il primo giorno di gennaio del ’99, un elicottero mi ha tratto in salvo portan­domi via dalle acque gelide dei mari del Nord. Mi hanno curato in un ospe­dale islandese, dove sono rimasto per otto mesi, chiuso in una camera iperbarica. I medici mi avevano annunciato che molto probabilmente non avrei mai più potuto camminare. Allora ho fatto un voto: se le gambe fossero state di nuovo in grado di reggermi, avrei camminato per un lungo pelle­grinaggio attraverso tutti i luoghi sa­cri della Cristianità». Ha attraversato i continenti, approdando persino in Iran, Nepal e Tibet. Nel febbraio del 2007 ha raggiunto Gerusalemme, una del­le mete più importanti; ora è diretto a Lourdes, sui Pirenei.

Quando si fermerà? «Penso che rientrerò a casa, a Cadiz in Spagna, fra circa tre mesi», risponde. E qui scriverà un libro, dal probabile titolo “I tre nemici del pellegrino”. Che sono i piedi, i quali fanno soffrire quando cammini; i cani a due gambe, ossia le persone cattive; i preti, dai quali non ha mai ricevuto sostegno.

 

Antonio Stefanini

http://www.vaol.it/home.jsp?idrub=75480

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