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La sfida di Sammy Basso alla progeria

Divulgazione, ricerca e racconta fondi: la sfida di Sammy Basso alla progeria

Sammy Basso, volto italiano della ricerca sulla progeria e ragazzo più longevo al mondo tra quelli affetti da questa rarissima malattia, si è laureato il mese scorso in Scienze Naturali all’ Università di Padova . Sammy, dottore con 110 e lode in Scienze Naturali indirizzo Biologico Molecolare, ha quasi 23 anni. Ha seguito le lezioni grazie ad un sistema di streaming pensato per chi, come lui, ha una disabilità, ha potuto partecipare ai laboratori e durante il percorso accademico è stato in Erasmus a Oviedo, Spagna. La sua è una malattia genetica molto rara che colpisce un bambino ogni 4-8 milioni di nati, al momento sono circa 130 persone in tutto il mondo a lottare contro questa patologia. Davanti al presentarsi di un nuovo caso, gli stessi medici “rimanevano sul vago non conoscendo quasi nulla di questa patologia”. A Sammy la progeria fu diagnosticata con precisione quando aveva due anni. “Ricordiamo come fosse ieri il momento – scrivono i genitori – Sammy giocava in un angolo della stanza adibito ad area-gioco, noi seduti di fronte ai medici di genetica dell’Ospedale. Subito chiedemmo alquanto turbati chiarimenti in merito. Ci venne spiegato allora che la malattia era conosciuta anche come Sindrome da invecchiamento precoce , una malattia genetica rarissima, che con il passare degli anni avrebbe manifestato i problemi tipici degli anziani, che la vita media di nostro figlio era di 13 anni e mezzo, che non c’erano cure e nemmeno ricerche”. Oggi, anche grazie all’attività dell’associazione che prende il nome da Sammy e ai progessi della ricerca medica, si è riuscito a capire di più dei meccanismi che provocano la progeria. Nel 2003, con 17 anni di anticipo sulle aspettative, è stato scoperta la mutazione genetica responsabile (“un miracolo scientifico”) e qualche anno dopo sono iniziate le sperimentazioni cliniche. Sammy continuerà a portare avanti la ricerca sulla progeria anche alla specialistica. “Sentendola più vicina, posso dare risposte che altri non possono dare. In Spagna ho potuto dare una mano concretamente come ricercatore”, ha detto Sammy intervistato da Euronews . “L’ho trattata come una malattia, senza sentimentalismi e soggettività: è un mattoncino in più alla torre che stiamo costruendo” Come si vive con la progeria? La progeria provoca vari impedimenti fisici, dà problemi al cuore, ai muscoli, ai vasi sanguigni, alle articolazioni e alle ossa. E’ una malattia sistemica e le limitazioni sono legate al fisico. Nel quotidiano, non poter saltare, correre, camminare per lungo tempo, dover stare sempre attento a non strapazzarsi troppo. Essendo una malattia che colpisce il cuore e i vasi sanguigni, la malattia ti obbliga a essere sempre controllato, fare visite frequenti e non stancarti troppo. La progeria però ti limita nel fisico, non nella mente. Nel mondo siete pochissimi, appena 4 in Italia. Quali sono le battaglie che portate avanti? Siamo pochissimi casi, è anche difficile fare nascere qualcosa di grande. Conosco quasi tutti i casi europei e una buona parte di quelli statunitensi. Sono amici e sono persone a cui non devo spiegare nulla perché vivono in prima persona quello che vivo io. Siamo però tutti diversi: alcuni sono impegnati nella ricerca come me, altri no. Al momento al mondo esistono due associazioni che fanno ricerca sulla progeria: in America, la Progeria Research Foundation , e la A.I.Pro.Sa.B. Le nostre battaglie sono su due livelli: il primo è la divulgazione scientifica. Cerchiamo di fare capire cos’è la progeria a tutti ma anche ai medici che spesso non lo sanno e chiedono spiegazioni a noi. E poi la raccolta fondi facendo ogni tipo di evento possibile, da musical a spettacoli a serate di divulgazione, tornei sportivi… tutto il ricavato è dato interamente alla ricerca. Come associaizone riusciamo a finanziare la ricerca negli USA, Italia e Spagna. Fisicamente è parecchio stancante, al di là della malattia la nostra vita privata è davvero poca. Bisogna essere presenti e continuare a portare avanti questa missione ma è al contempo molto bello: vedere come persone minimamente coinvolte nella ricerca scientifica ci credano e ci danno una mano ripaga di tutto. Non pensavamo di arrivare a questo punto quando fondammo l’associazione, dieci anni fa. Come giudica il livello di assistenza sanitaria in Europa e negli Stati Uniti. Conosco di più la realtà italiana e quella americana . In Italia non è ancora riconosciuta come malattia genetica perché è troppo rara. Abbiamo ottimi medici e ricercatori che si spendono tanto anche a livello umano. Abbiamo avuto sempre appoggio – se non a livello sistemico, a livello di singoli medici. Essendo una malattia molto rara, bisogna appoggiarsi a chi ne sa di più come il centro degli Stati Uniti dove ci sono tutti i database su tutti i pazienti e sulle loro cure. Faccio lì i clinical trial: stanno portando avanti un progetto di ricerca non da poco, lì è una delle

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