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Lourdes, il miracolo è servito

di PAOLO IZZO

Forse non dovevo rivedere per la quarta volta il capolavoro di Marco Bellocchio, “L’ora di religione”, che ha inaugurato il cine-forum dei Radicali il 31 gennaio scorso. E ho persino incolpato (ingiustamente) Mario e il suo pur ottimo bollito misto in salsa verde, pensando di non aver digerito bene. Fatto sta che la matinée riservata ai giornalisti per l’anteprima di “Lourdes“, della regista Jessica Hausner, non l’ho vissuta bene.

Sarà che, appena giunto alla splendida Casa del Cinema di Roma, sono stato subito omaggiato di un enorme distintivo con immagine della madonna e di un comodo accendino di forma e colori simili a quelli di una boccetta di acqua santa, anch’esso effigiato con la silhouette (sic!) della vergine. Sarà anche che mi sono fatto suggestionare (ad “avere fede” nel film?) dagli amici dell’Unione Atei Agnostici e Razionalisti, che a questa pellicola hanno conferito il “Premio Uaar – Brian 2009″, o dagli echi dell’ultimo Festival di Venezia, dove “Lourdes” è stato acclamato da pubblico e critica.

Insomma, pensavo che mi sarei trovato di fronte al grottesco, surreale, scandaloso film di una erede di Buñuel, come pure aveva suggerito qualche giornalista mesi orsono; invece ho assistito a un documentario sul santuario francese, a un noioso, lungo spot pubblicitario di quella famosa meta di pellegrinaggi (ma anche di alcune marche di birra e di un’aranciata, nello stile di vecchi film), a un all inclusive di avemarie, suore e cavalieri di Malta, messe, folle oceaniche di carrozzine e beghine, con miracolo compreso.

Ma sì, sicuramente la regista, a modo tutto suo, voleva dirci che una prodigiosa guarigione può capitare a chiunque, per oscure casualità dell’universo e non perché il fortunato preghi tutti i giorni o accarezzi pietre o beva acqua benedetta; che miracolata può essere una biondina affetta da sclerosi a placche (la brava Sylvie Testud) persino un po’ scettica, un po’ egoista, un po’ invidiosa; che certi ambienti, intrisi come dovrebbero essere di sacralità e amore cristiano, diventano invece un business commerciale, una specie di villaggio-vacanze dove un cantante e un’infermiera sono gli Al Bano e Romina di “Felicità“, il teatro tragico dove terrenissimi sentimenti umani, come la gelosia, l’invidia, l’iracondia, la morbosità e la vigliaccheria, vengono malamente tenute a bada: basta che non venga miracolato al posto tuo il tuo vicino-prossimo, altrimenti arriva l’odio vero!

Ecco, sicuramente voleva dire tutte queste cose, Jessica Hausner. E forse, per farlo, sarebbero bastati un breve reportage giornalistico, un paio di interviste a chi ha fatto il suo “viaggio della speranza” e fine delle questioni. Oppure si deve pensare che anche lei stia cavalcando l’onda di revanchismo cattolico che attraversa il nostro Paese, così che le gigantografie della sua madonna di Lourdes possano riempire le nostre strade e torme di pellegrini salgano sui pullman per assistere al miracolo di un nuovo, allegramente ipocrita Family Day. Nelle sale italiane dal prossimo 11 febbraio.

E come biasimare la regista tedesca, che sbarca a Roma in così magna pompa? In questa Roma teocratica (e qui ci si limita soltanto al cinema) dove il film su Ipazia del suo collega Amenábar non si può ancora vedere e dove un regista italiano di ultrasinistra sta girando (ormai – dopo “Lourdes” – in colpevole ritardo) qualcosa su non si sa bene se Fatima, Medjugorje o altri Vaticani, con tanto di benedizione papale e supervisione alla sceneggiatura ad opera di alti prelati…

Questa Roma, questa Italia, dove i laici non sanno più… in quale miracolo sperare, a quale santo votarsi e magari si mettono a pregare Bellocchio affinché giri “L’ora di religione 2″, pure con qualche bestemmia in più, ma sicuramente con un bel po’ di vero cinema.

http://www.paoloizzo.net/

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