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Ma perchè vai a #Lourdes?

Perché vai a Lourdes?

Cosa fate a Lourdes ?

Ti stancherai tantissimo!

Ma devi proprio andare?

Queste e molte altre le domande di chi non viene a Lourdes e non ha mai avuto la fortuna di poter partecipare al pellegrinaggio verso la grotta di Massabielle.

Vado a Lourdes perché ho un appuntamento.

Non di quelli scritti sull’agenda tra eventi fiere pranzi cene e convegni.

È una chiamata silenziosa ma dirompente. Sento il bisogno fisico e mentale di andare in quel luogo, davanti a quella Grotta, seduta su quella panchina, a pregare e a mettermi al servizio degli altri.

Spogliata di titoli, sovrastrutture, borse griffate e abiti da cerimonia. Con un camice bianco, un velo blu in testa, il sorriso in volto e le mani protese verso l’altro che sia un malato che ha bisogno di assistenza o un amico che ha bisogno di essere ascoltato.

Cosa faccio a Lourdes?

Ricarico le pile della vita, faccio il pieno di forze, quelle interiori che mi consentono di essere quello che sono e fare quello che faccio, nel corso dell’anno.

Sto con le persone che hanno bisogno anche di me, che aspettano quella settimana per tutto l’anno, sto con gli amici con cui prego, piango tanto, rido molto.

Dormo quattro ore ma non sento la stanchezza perché l’aria a Lourdes è lieve e non ti pesa nulla, anzi vorresti che quel ciclo di rituali non finisse mai.

Il pellegrinaggio di quest’anno è stato ancora diverso dai tanti vissuti in questi quarant’anni. Intanto ho lasciato il mio ruolo di responsabile di sala all’Accueil che ho svolto per molti anni con grandi soddisfazioni e con un gruppo di persone da assistere e quelle che assistono eccezionali.

Ho preso servizio alle piscine godendo della grazia di farmi tramite del gesto dell’acqua.

Accogliendo centinaia di persone che arrivano, alcune ignare altre molto consapevoli, di quel gesto.

Ripetere quello che la Vergine ha detto a Bernadette durante una apparizione ovvero andare alla Grotta e lavarsi con l’acqua della sorgente.

Con quel gesto di purificazione nel lavare le mani, il volto e bere l’acqua ho visto l’umanità tutta.

Giovani coppie con gioie e dolori che trasparivano dagli sguardi, famiglie con bambini inginocchiarsi e pregare a voce alta come in un canto celestiale, persone sole devastate dal dolore di una malattia o di una perdita, persone piene di amore e di fede grate a chi come me e altre dame erano lì semplicemente come piccolo e indegno tramite per servire e per donare. Uomini e donne senza aspettative, capitati per caso e pervasi dall’emozione.

In quel servizio, in quel gesto ho trovato la serenità, il silenzio, il rituale, la preghiera, la condivisione con chi non ti conosce ma ti abbraccia e le lacrime emozionate degli amici capitati per caso, anche se il caso non esiste, proprio lì dove ero io a compiere il gesto con me.

I segni di Lourdes!

Tanti, diversi, meravigliosi. Il segno che proprio quest’anno la richiesta di andare alle piscine fosse una chiamata a farsi ascolto e ad essere umile servitore.

E nel servire ricevere la grazia di trovare la pace del cuore, di vedere gesti e ascoltare parole che sono un modo speciale di pregare.

Altro segno bello del pellegrinaggio di quest’anno sono stati i giovani.

Tanti ragazzi venuti a Lourdes alcuni per la prima volta altri ritornati dopo qualche tempo.

  • Giovani di gioia, pronti a mettersi a disposizione, ad accogliere e a essere accolti, emozionati, commossi, uniti tra loro in una fratellanza che il pellegrinaggio cementifica.
  • Giovani in cammino, che portano all’altare i sassi delle loro fragilità e prendono la luce della fiaccola che li possa guidare nel loro percorso di crescita.
  • Giovani che piangono, che si abbracciano, che pregano e che si prendono in giro come fanno tutti i loro coetanei.
  • Giovani che speriamo possano tornare e diventare davvero il nostro futuro.
  • Giovani come eravamo noi quarant’anni fa, quando abbiamo iniziato questo percorso e ora ancora li insieme, come il primo giorno, fratelli e sorelle, legati a doppio filo in un’ amicizia che nessuno può comprendere se non la vive in prima persona.

Che esiste solo se si è costruita su quella panchina davanti alla Grotta, buttando fuori tutte le paure, i dubbi, le speranze, i dolori e le gioie, uniti e compatti nella preghiera per tanti motivi condivisi, per chi non è potuto venire, per chi sta soffrendo ma era lì presente tra le nostre braccia, per chi ha bisogno di noi e per ciascuno di noi.

E poi piangere tutte le lacrime che abbiamo, insieme, in un pianto liberatorio, in un abbraccio terapeutico.

Ma anche ridere, ridere senza freno come era da molto tempo che non facevo, per piccole cose, ricordi, battute, semplici frasi che ti sollevano il cuore.

E ancora, un ulteriore segno che Lei Maria è al mio fianco e io posso camminare per lei e con lei.

Aver avuto l’onore di accompagnare il labaro dell’Oftal nella processione eucaristica lo voglio proprio interpretare così, come un messaggio che mi fa capire ancora una volta che la strada seppur tortuosa, non sempre lineare e spesso diversa da quanto avevo immaginato non è una strada deserta. Il mio cammino è costantemente scortato dalla Madonna e la mia sensazione di inadeguatezza per molte circostanze è colmata dalla fede che corregge gli errori e indirizza nella giusta direzione.

Perché vado a Lourdes?

Perché devo, devo rispondere alla chiamata, perché non posso non andare, perché Lourdes mi aspetta, lì il cuore sta bene.

Raffaella Pollini #oftaltortonavoghera

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