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Guarigione, miracoli, carità verso i malati

Milano, 11 giugno ’14 Lourdes guarigione miracoli carità verso i malati

di Rosanna Favulli (Hospitalier Service Saint Jean Baptiste e Sorella di Assistenza Unitalsi Lombarda)

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È una sala gremita, l’Auditorium di Via Sant’Antonio a Milano. Un interesse non solo per Lourdes ma soprattutto per capire il senso della malattia e della sofferenza.

L’incontro, voluto è organizzato dal Rotary Club Assago Milanofiori, è di una importanza rilevante, non solo per i relatori ma, soprattutto perché spesso è evidente la difficoltà di relazione tra Chiesa e “filantropia”.

Incontro reso possibile grazie al Presidente del Rotary stesso, il Dottor Edoardo Valenti, che è anzitutto medico e medico che va a Lourdes, ammalato di “lourdite” come quasi tutti i presenti: medici, volontari, religiosi, ammalati. L’intero universo che abitualmente si reca in un luogo che “sembra il paradiso”.

A partire da Monsignor Mario Delpini, Vicario Generale della Chiesa di Milano che introduce la serata con domande forti rispetto all’incontro con la malattia, che richiama a Lourdes come ad un modo di interpretare la malattia alla luce della carità.

Un incontro che non è possibile evitare per ognuno di noi, una presenza irremovibile dalla esperienza umana, che mette a disagio, genera imbarazzo ed è proprio per questo che fa porre delle domande a cui sono state dare tante risposte, sia fisiologiche sia filosofiche. Malattia: non solo un pezzo di corpo che non funziona, ma anche un pezzo dell’uomo, quindi anche un aspetto psicologico cui alberga il rischio della depressione.

Abitualmente non ci si domanda “perché sono sano”, bensì ci si domanda “perché sono malato”; una domanda inquietante che pare nella tendenza attuale della medicina sembra escludere l’attività del malato, che si consegna come un impotente sperando che chi si prende cura di lui possa far qualcosa. Una rassegnazione che induce all’impotenza e ad una forma passiva. Un’assenza di presa di decisioni e interpretazione della sua condizione da cui emergono queste domande, e da cui diventa difficile trovare risposte.

Nella lettura cristiana, invece, si prevede la continuità delle essere uomo, interpellandosi sul significato della vita, e la malattia diventa condizione che interpella la libertà. Non semplicemente un corpo che subisce le decisioni dei medici ma una domanda di senso sul reale significato dell’esperienza provata.

Lourdes, allora, diventa un luogo privilegiato rispetto ad altri luoghi; il malato, e chi gli vuol bene e si prende cura di lui, si mette in cammino. Una comunità che cammina dentro la speranza, dentro l’essere Chiesa.

Una originalità e un interessante aspetto che mette in evidenza come il malato non viaggia mai da solo, ma in un percorso condiviso, in un andare insieme, in un modo di chiamare Dio nella storia della malattia.

Un atto di fede, un modo di pregare, un andare altrove non per evadere ma per comprendere la propria situazione e leggere dei segni di speranza.

Il segno della guarigione non è il termine ultimo della domanda posta, la salvezza non si riduce alla guarigione ma rivela che nella attenzione di Gesù la premura verso i malati è nella logica: “io sono il figlio dell’uomo… per questo sono venuto al mondo, per voi”.

L’attenzione più grande, manifestata verso il Dottor Sandro De Franciscis, primo medico italiano ad assumere la responsabilità del Bureau Medical di Lourdes.

Anche lui confida di essere un “rotariano” e si augura che tutti i Rotary possano impegnarsi e riflettere su una collaborazione con e verso Lourdes.

Lourdes come luogo dove è presente una pluralità di differenze che non si trovano in nessun altro santuario mariano. “Andate a dire ai preti che qui si costruisca una cappella e si vada in processione” è quindi un invito per tutti, è una chiamata, un impegno volontario per e con i malati che avviene in maniera spontanea.

Ma cosa è la malattia? Ognuno ha una sua risposta rispetto alla patologia, che sia temporanea, degenerativa, “incurabile”. Ripercorre gli aspetti di cura e le cure differenti rispetto ai primi pellegrinaggi a Lourdes, cosa è la malattia non lo sa dire, ma a Lourdes ha imparato che per ciascuno è la propria esistenza dentro la propria libertà.

Ripercorre le apparizioni, i segni e i gesti fatti da Bernadette.

Relaziona su alcuni miracoli, sulle differenze culturali e religiose, sugli aspetti storici e ci racconta alcuni esempi, tra questi l’ultimo miracolo “certificato”: Danila Castelli.

Danila è presente, con la sua semplicità, un applauso la abbraccia e successivamente le verrà chiesto di spiegare cosa è per lei Lourdes. È presente anche Gianna Emanuela Molla, figlia di Santa Giovanna Beretta Molla, anche lei medico, anche lei a sperimentare e fare esperienza di Lourdes dove tutto è “amore che contempla, amore e bellezza”.

Lourdes diventa dunque, prosegue De Franciscis, un luogo dove si impara ad accarezzare le persone, a pensare agli altri, a chiamare una persona per nome e non per diagnosi, un luogo che insegna questo dentro l’esperienza della malattia e dentro un concetto di libertà reale.

Non importa quante sono le guarigioni, Lourdes non è una clinica! Sono le guarigioni del cuore e dell’anima la cosa più importante.

Lourdes non ha mai vissuto la psicosi di un miracolo, non è un luogo miracoloso. É molto chiaro che il cuore della nostra fede non è la credenza delle guarigioni ma la conoscenza dell’amore e dell’amicizia con Cristo. Lourdes resta Chiesa ma è uno spazio aperto a e per tutti.

Ed eccoci pronti ad ascoltare Danila Castelli che ci spiega quanto è importante l’umanità trovata nell’incontro con medici e personale sanitario. Di quanto, prima della scienza è prioritaria l’umanità. Questo è il miracolo di Lourdes, dove si sperimenta amore e carità, dentro un servizio e un incontro.

È il paradiso, il luogo dell’amore dove è possibile vivere la gioia, è un luogo privilegiato. Una gioia che non si può tenere per se. Andare a Lourdes proprio per condividere le gioie incontrate, vivere il quotidiano nell’incontro con Cristo, partire per andare a gioire e non a chiedere il miracolo.

Non una ricerca di guarigione fisica ma un incontro.

E ognuno di noi, ripercorre le proprie esperienze a Lourdes e pensa ad una casa aperta, che invita tutti, e attende il prossimo viaggio, il prossimo incontro, il prossimo sorriso donato e ricevuto è spera che la “lourdite” sia così tanto contagiosa da “infettare” tutti, rotariani e non!

Rosanna Favulli

Hospitalier Service Saint Jean Baptiste e Sorella di Assistenza Unitalsi Lombarda

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